Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:42:29

«Un piccolo concilio del Medio Oriente»: così P. Pizzaballa, custode di Terra Santa, ha definito domenica scorsa, durante la presentazione della mostra Abàna, il Sinodo sul Medio Oriente che è in corso in Vaticano. Le immagini dei quasi 200 Padri sinodali che nella varietà dei paramenti liturgici si stringono intorno a Benedetto XVI per la celebrazione della Messa inaugurale hanno mostrato visibilmente la ricca articolazione della Chiesa cattolica in quelle terre. Ma da dove arriva l’idea di radunare a Roma tutti i Vescovi del Medio Oriente? Sinteticamente potremmo dire che il Sinodo nasce in Iraq e in Terra Santa. In Iraq la drammatica situazione aveva spinto alcuni Vescovi, già qualche tempo fa, a chiedere un confronto e un aiuto con tutta la Chiesa. Poi è arrivato il grande pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa e l’incontro con le comunità cristiane, sempre più provate dall’emigrazione. Il Sinodo è in un certo senso la continuazione di quel pellegrinaggio e del successivo viaggio a Cipro. La grande varietà delle diverse tradizioni liturgiche e spirituali trova l’espressione più suggestiva nella preghiera di Tertia che i Padri sinodali recitano insieme al Santo Padre. Ogni mattina essa è affidata a un rito particolare. Dopo i latini è stato finora il turno dei copti, dei siriaci e dei greci-melkiti. Si vedono così i Vescovi “di turno” riunirsi intorno al microfono per intonare la salmodia secondo una delle antiche lingue dell’Oriente cristiano. Mentre si ascoltano queste magnifiche melodie, può capitare per un momento di dimenticare i mille problemi che travagliano queste comunità: problemi interni (divisione tra i diversi riti, rivalità) e problemi nel rapporto con la maggioranza musulmana o – in Israele – ebraica. A queste sfide il Sinodo ha voluto offrire una ricetta chiara: Comunione (oltre i particolarismi) e testimonianza (verso i non cristiani). Ma si tratta ora di tradurre queste categorie in indicazioni concrete per rispondere alle mille questioni sul tappeto: libertà religiosa, diaspora, emigrazione, ecumenismo, modi d’esercizio dell’autorità dei Vescovi e dei Patriarchi. Non sono questioni per soli specialisti. Il Medio Oriente è oggi uno scenario geopolitico della massima importanza e con continui riflessi anche nella nostra vita di tutti i giorni. Il rapporto con i musulmani e gli ebrei non è più una questione di pochi addetti ai lavori. Le chiese orientali condividono con gli ortodossi anche il modo di pregare e celebrare la Messa e perciò evidenziano con maggiore chiarezza che la divisione non ha reali fondamenti teologici. Il che non significa naturalmente che sia facile da superare, perché la politica non è un campo meno minato della dogmatica. Ma la prospettiva più ampia e più profonda sul Sinodo è stato il Papa ad offrirla. Parlando a braccio Benedetto XVI in una meditazione vertiginosa ha situato la fatica della Chiesa in Medio Oriente all’interno del travaglio di tutta la Chiesa. Se in Oriente è soprattutto l’ideologia terroristica a minacciare la vita, in Occidente poteri finanziari e mentalità dominante schiavizzano l’uomo fino a distruggerlo. È una lotta senza quartiere. Le armi con la quale combatterla sono sempre le stesse, in Medio Oriente come altrove: comunione e testimonianza. © Riproduzione riservata