L’ex generale Michel Aoun è riuscito a diventare il punto di convergenza di una triplice alleanza tra rivali

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:06:52

Se il generale Michel Aoun è arrivato al palazzo presidenziale di Baabda, a Beirut, è perché è riuscito a diventare il punto di convergenza di una triplice alleanza (maronita-sunnito-sciita) fra tre rivali. Questa triplice alleanza per il momento ha salvato l’accordo di Taif – trattato inter-libanese firmato nel 1989 che mise fine alla guerra civile libanese – dandogli un nuovo significato. La grande domanda che ora si pone è se questa intesa possa rappresentare una nuova possibilità d’incontro islamo-cristiano in Libano. Bisogna prendere atto che, in una regione in cui i cristiani sono perseguitati in Iraq e in Siria da gruppi estremisti islamici sunniti e sciiti, in Libano un partito religioso sciita, Hezbollah, e una corrente a maggioranza sunnita, il Futuro – al-Mustaqbal - di Saad Hariri, hanno deciso di sostenere la candidatura del generale Aoun come atto di riconoscimento dell’importanza del ruolo dei cristiani in Libano e nella regione.

Sul piano geopolitico regionale, l’arrivo del generale Aoun alla presidenza ha diversi significati. In primo luogo, c’è una chiara e reale volontà internazionale di stabilizzare politicamente ed economicamente il Libano considerato un indispensabile crocevia, nel caos in Medio Oriente, per gestire la crisi mediorientale e la questione dei profughi siriani. In secondo luogo, l’ascesa di Aoun riflette l’attuale equilibrio in Libano delle forze tra l’asse Arabia Saudita-Qatar sostenuto dagli Stati Uniti e l’asse Siria-Iraq-Iran sostenuto dalla Russia. Quanto alle alleanze interne, l’elezione di Aoun è riuscita a ristabilire rapporti equilibrati tra la Siria, Iran e la Russia da una parte, e gli Stati Uniti, la Francia e il Qatar dall’altra. A questo proposito è utile ricordare che i responsabili francesi hanno svolto un ruolo discreto ma molto importante nel convincere l’Arabia Saudita a ritirare il suo veto contro il generale, ciò che ha consentito a Saad Hariri di sostenere Aoun.

Chi è l’ex generale

Figlio di una famiglia modesta di Hārit Hrayk, quartiere situato nella periferia sud di Beirut, e formatosi alla scuola militare, Michel Naïm Aoun è diventato comandante in capo dell’esercito nel 1984 dopo una brillante carriera militare coronata da una serie di vittorie contro le milizie druse del signore feudale Walid Jumblat, all’epoca sostenuto da truppe palestinesi e siriane sul fronte del Souq al-Gharb a nord di Beirut[1]. Durante la sua carriera, il generale Aoun si è opposto sempre all’establishment politico che, secondo lui, non si era accorto dell’imminenza della guerra civile in Libano e non aveva fatto nulla per evitarla, per poi opporsi anche al governo delle milizie seguito allo scoppio delle guerre del 1975. Nel 1988 è stato nominato capo del governo militare dal presidente Amin Gemayel.

Nel frattempo la classe politica libanese non era riuscita a eleggere un nuovo presidente della Repubblica, ragion per cui il generale si si è sentito in dovere di creare le condizioni necessarie per le elezioni presidenziali nel più breve tempo possibile. Si è impegnato inoltre in una duplice lotta contro l’esercito siriano che in quel momento si trovava sul territorio libanese e in cui Aoun vedeva un esercito di occupazione. Simultaneamente la scena internazionale e regionale era investita da cambiamenti drammatici di natura militare, politica e geostrategica: la caduta dell’Unione Sovietica e l’ascesa degli Stati Uniti come prima e unica forza regionale, l’invasione del Kuwait da parte delle forze irachene e la conseguente creazione della coalizione internazionale presieduta dagli Stati Uniti contro l’Iraq di Saddam Hussein. In quel momento la comunità internazionale ha deciso di mettere fine alla crisi libanese che durava dal 1975. Si è arrivati allora a un compromesso internazionale e regionale i cui attori principali erano gli Stati Uniti, la Siria e l’Arabia Saudita.

Il compromesso stabiliva un nuovo patto per i libanesi, previa subordinazione del Libano a una tutela siro-saudita. In altri termini, il presidente Hafez al-Assad, che aveva appoggiato e sostenuto la coalizione internazionale contro l’Iraq, è stato ricompensato vedendosi offrire il Libano sul piatto d’argento. Per rendere effettivo il compromesso internazionale e regionale mancava solamente l’approvazione dei libanesi. A tal fine i deputati libanesi sono stati convocati a Taif, in Arabia Saudita, per firmare, sotto forma di accordo, il compromesso americano-siro-saudita approvato dai Paesi europei e dal Vaticano. Il generale Michel Aoun si è allora opposto al compromesso. Il 13 ottobre 1990, i caccia siriani hanno attaccato il palazzo presidenziale annunciando l’entrata in vigore di Taif. Il generale Aoun ha abbondonato il palazzo e il potere per rifugiarsi con la sua famiglia presso l’Ambasciata di Francia prima di prendere la via dell’esilio.

Quindici anni dopo, il 14 febbraio 2005, il primo ministro saudita-libanese Rafiq al-Hariri è stato assassinato nel centro di Beirut. L’assassinio di questo politico, che con il suo dinamismo ha segnato il periodo dal 1992 al 2005 e ha rappresentato il peso dell’Arabia Saudita sulla scena libanese, araba e mondiale, ha segnato la fine dell’intesa tra gli Stati Uniti, la Siria e l’Arabia Saudita sulla politica in Medio Oriente in generale, e in Libano in particolare. In altri termini, l’assassinio di Rafiq al-Hariri ha coinciso con la fine del compromesso di Taif. Di conseguenza la Siria è stata costretta a ritirare le sue truppe militari dal Libano nell’aprile 2005. Per la prima volta dal 1976, non c’era più alcun esercito di occupazione straniera nel Paese, per lungo tempo lacerato tra esercito siriano, israeliano, organizzazioni militari palestinesi e milizie libanesi.

Un mese dopo il ritiro delle truppe siriane, il 7 maggio 2005, il generale Aoun ha deciso di tornare in Libano. Accolto da decine di migliaia di libanesi in piazza dei Martiri a Beirut, ha annunciato la fine vittoriosa della lotta contro l’occupazione straniera. Trovandosi a capo di un grande blocco parlamentare, il generale Aoun si è ben presto imposto come attore principale sulla scena politica libanese, mentre molti avevano creduto che il fenomeno aounista fosse terminato il 13 ottobre 1990. Aoun ha stretto nuove relazioni con diverse parti interne ed esterne al fine di rafforzare la sua posizione. Il primo passo importante in questa direzione è stata l’intesa stabilita con l’Hezbollah sciita.

Mentre per anni aveva attaccato Hezbollah definendolo una milizia confessionale facente capo all’Iran, il generale Aoun hacambiato la sua posizione nei confronti di questo partito, riconoscendo in Hezbollah un movimento di resistenza (muqāwama) contro il nemico comune di Israele, e un rappresentante di un’ampia porzione della popolazione libanese: gli sciiti. Questa intesa fu rafforzata alcuni mesi più tardi durante la guerra di luglio 2006 condotta da Israele per distruggere Hezbollah. Durante questa guerra, Michel Aoun ha dichiarato il suo sostegno indefettibile a Hezbollah, formando una linea di difesa interna al “partito di Dio”.

Uscito “vittorioso” dalla battaglia, Hezbollah non ha dimenticato mai la posizione di Aoun. Hassan Nasrallah, leader dell’organizzazione, non esiterà a dichiarare in uno dei suoi discorsi che Hezbollah ha un debito verso Aoun fino all’ultimo giorno (dayn fī raqbatinā hatta yawm al-qiyāma). Rafforzata la sua posizione interna attraverso quest’alleanza “esistenziale” e forte con Hezbollah, Michel Aoun nel 2009 si è rivolto verso l’Iran, forza regionale in ascesa in Medio Oriente, e verso la Siria, sua antica nemica. Convinto che i libanesi e, in particolare i cristiani, dovessero rafforzare la loro presenza e il loro ruolo in Oriente pur mantenendo i rapporti politici, sociali e culturali con l’Occidente, Michel Aoun ha condotto una campagna in cui si è presentato come leader dei cristiani orientali (qā’id mashraqī) e si è speso per convincere i cristiani libanesi a radicarsi maggiormente nelle cause regionali.

Ciononostante la situazione interna libanese ha continuato a deteriorarsi. Dopo il ritiro del custode siriano dalla scena, i libanesi hanno incontrato molte difficoltà a gestire i loro affari quotidiani e soprattutto i loro conflitti. Dopo una serie di confronti politici (assassinio di Hariri nel 2005, guerra del 2006, tribunale internazionale nel 2009) e militari (tra la corrente del Futur-Hariri-Joumblat da una parte e Hezbollah-Amal dall’altra a maggio 2008), i libanesi non sono riusciti a eleggere un nuovo presidente della Repubblica nel 2014, anno della fine del mandato di Michel Sleiman. Questa profonda crisi di vuoto presidenziale era iniziata un anno prima con il prolungamento incostituzionale del mandato del Parlamento libanese. L’accordo di Taif, considerato un patto superato, è stato allora messo radicalmente in discussione.

Nel 2010 il patriarca maronita Bechara al-Raïha invitato in uno dei suoi sermoni a rinnovare il patto nazionale libanese. Questa dichiarazione è stata preceduta da un appello lanciato dal leader di Hezbollah Hassan Nasrallah ai vari partiti politici a istituire un’assemblea costituente (mu’tamar ta’sīsī), incaricata di elaborare un nuovo patto nazionale che ripartisse il potere tra i libanesi secondo le nuove coordinate. Il generale Aoun, che si presentava come leader dei cristiani libanesi e orientali, non era troppo lontano da questo movimento che metteva in discussione gli accordi di Taif.

All’inizio dell’estate 2015 in un’intervista al quotidiano al-Joumhūriyya ha annunciato che i cristiani libanesi non avrebbero più accettato di essere sottomessi politicamente alle forze politiche islamiche – sunnite, sciite o druse. Aggiungeva inoltre che i cristiani sono uguali ai musulmani e hanno il diritto di migliorare la loro rappresentatività in Parlamento, al governo e alla presidenza: se l’accordo di Taif garantisce ai cristiani la metà dei seggi in Parlamento e al governo, i leader musulmani devono accettare di condividere il potere con i rappresentanti dei cristiani. In caso contrario, i cristiani sarebbero stati costretti a rimettere in discussione il patto.

È in questa prospettiva che il generale Aoun ha proposto la “federazione” come soluzione alternativa alla crisi dei rapporti interni tra cristiani e musulmani. Nello stesso periodo, il Movimento patriottico libero, presieduto dal generale Aoun, e le Forze libanesi, seconda forza cristiana guidata da Samir Geagea, hanno firmato un’intesa in cui i due partiti cristiani rivendicavano il “decentramento amministrativo e finanziario”[2]. Due mesi dopo, il nuovo capo del partito Kataeb, terza forza politica cristiana, ha dichiarato che il potere centrale aveva fallito in Libano e occorreva pensare a una soluzione alternativa: la federazione. Improvvisamente ci siamo trovati davanti a un paesaggio cristiano che si stava dirigendo gradualmente verso la scelta della federazione come reazione alla controparte musulmana che dal 1990 dominava la scena politica libanese, e come espressione di angoscia rispetto ai cambiamenti politici regionali accompagnati da una progressiva scomparsa dei cristiani dall’Iraq, dalla Siria, dalla Palestina e dall’Egitto.

L’accordo di Taif contestato

Nell’estate 2015, l’accordo di Taif deve fare i conti con una congiuntura regionale critica: grandi Paesi come l’Iraq, la Siria e la Libia si stanno smembrando; una forza militare e politica considerevole come Hezbollah è a favore di un’assemblea costituente al fine di ridisegnare il panorama politico libanese; il campo cristiano è in rivolta per il rafforzamento, iniziato nel 1992, delle forze politiche musulmane a scapito di quelle cristiane; il vuoto presidenziale e l’estensione per due volte del mandato del Parlamento incarna una paralisi politica, costituzionale ed economica. Da parte sua il generale Aoun, sostenuto dall’alleanza con l’Hezbollah sciita da un lato, e da un importante blocco parlamentare e da un’intesa con il suo ex avversario politico cristiano dall’altra, è riuscito a imporre l’equazione seguente: se la rappresentatività dei cristiani nel sistema politico libanese non è rispettata dalla loro controparte musulmana, i cristiani saranno costretti a respingere l’accordo di Taif. In altre parole, l’accordo di Taif può essere consolidato tra i libanesi solamente attraverso l’elezione alla presidenza del vero rappresentante della maggioranza dei cristiani, il generale Aoun, e l’elaborazione di una nuova legge elettorale che stabilisca la parità tra cristiani e musulmani.

Il 19 novembre scorso il capo della maggioranza sunnita Saad Hariri ha dichiarato a sua volta il suo sostegno alla candidatura del generale Aoun alla presidenza mettendo fine a dieci anni di rivalità politica tra i due leader e i rispettivi movimenti. Dieci anni dopo la sua alleanza con il partito sciita Hezbollah, e un anno dopo l’alleanza con il partito cristiano delle Forze libanesi, il generale Aoun è riuscito a novembre 2016 a raggiungere un accordo con il partito che rappresenta la maggioranza sunnita, facendosi strada verso il palazzo di Baabda.

Note

[1] Wisam Saadeh, «Les éléments constitutifs de la Force d’Aoun», http://www.alquds.co.uk/?p=625113, consultato il 11/6/2016.

[2] Intesa firmata il 2 giugno 2015 a Rabieh.

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