Tradizione islamica e nuove sfide /3. Il caso Francia. Negli anni Settanta, con la fine dell’immigrazione legata al lavoro, per le popolazioni musulmane il radicamento diventa irreversibile e diventa centrale il tema dell’identità. Davanti alla richiesta di dare loro una rappresentatività istituzionale inizia un processo che si conclude trent’anni dopo. 

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:36:48

Circa sei milioni di musulmani vivono oggi in Francia. La loro presenza è il risultato di flussi migratori provenienti essenzialmente dagli antichi imperi coloniali d’Africa all’inizio degli anni Sessanta. Originaria soprattutto del Maghreb, in particolare dell’Algeria, africana ma anche turca, questa popolazione a grande maggioranza sunnita conta dal 10 al 20% di praticanti [1]. Con la fine ufficiale nel 1974 dell’immigrazione legata al lavoro, il radicamento di queste popolazioni diventa irreversibile e finisce per esprimersi primariamente attraverso l’affermazione dell’identità islamica. È dunque intorno a questa visibilità dell’Islam che si cristallizzeranno interrogativi e opposizioni a volte violente. La grande maggioranza dei musulmani immigrati in Francia proviene da paesi nei quali l’Islam è religione di Stato. Il trapianto in un ambiente non musulmano, pluralista e secolarizzato favorisce nuove maniere di vivere la tradizione islamica, modellate dalla grande varietà delle culture d’origine ma anche dalle tradizioni e dalle logiche di ciascuna delle società d’accoglienza. In Francia, come ovunque nel mondo islamico, i musulmani non hanno una gerarchia clericale a immagine, per esempio, di quella cattolica, in grado di svolgere il ruolo di interlocutore unico come invece accade con i Vescovi. L’autorità religiosa dell’Islam è plurale e multicefala: nessuna personalità, per quanto rispettata, può pretendere di esprimersi a nome di tutti i musulmani, ciò che costituisce un vero problema in Francia e in Europa. Dopo la morte del profeta Maometto nel VII secolo, i dotti musulmani (‘ulamâ’) si sforzarono di elaborare un quadro giuridico per organizzare la vita dei musulmani nel loro quotidiano. Da questo sforzo intellettuale (ijtihâd), l’Islam sunnita vide nascere quattro scuole giuridiche (hanafita, malikita, shafi’ita e hanbalita, dal nome dei loro fondatori), esistenti ancor oggi e alle quali tutti i musulmani continuano a riferirsi. La maggioranza dei musulmani di Francia è d’obbedienza malikita, ma esiste anche una minoranza hanafita rappresentata dai musulmani di origine turca. Occorre tracciare una distinzione tra scuole giuridiche e scuole di pensiero. Come le altre tradizioni religiose, l’Islam di Francia è attraversato da un grande numero di correnti di pensiero e movimenti diversi: i salafisti [2], fautori di un’interpretazione letterale dei testi fondatori dell’Islam; i tablîgh, estremamente ritualisti e poco interessati alla politica, in modo non dissimile dalle confraternite sufi che si dedicano soprattutto alla realizzazione spirituale integrale; infine i Fratelli Musulmani, molto impegnati tra i giovani, le donne e gli studenti, e attivi in campo politico. A questi bisognerà aggiungere le correnti turche presenti in Francia, ma soprattutto in Germania, e quelle sciite, che rimangono molto marginali in Europa. La maggior parte di questi movimenti sono non violenti e non rappresentano alcuna minaccia per lo Stato, l’ordine pubblico o i Diritti Umani. Tuttavia la problematica della violenza è iscritta nell’approccio e nelle tendenze di alcuni di essi. Ciò vale in particolare per la corrente salafista, largamente (ma non interamente) identificata con la tradizione wahhabita dell’Arabia Saudita. Il salafismo è un movimento ultra-conservatore e poco incline a riconoscere o valorizzare le identità nazionali in Europa. Esso predica un ritorno all’Islam quale fu praticato dai "pii predecessori" e condanna tutte le pratiche e le innovazioni che non si troverebbero né nel Corano né all’interno della tradizione (Sunna) del Profeta (pace su di Lui). I salafisti non si riferiscono a nessuna delle quattro scuole giuridiche, che considerano anzi responsabili della divisione dei musulmani. All’interno di questo movimento si ritrovano essenzialmente due tendenze. La prima, dominata dagli ‘ulamâ’, si chiama salafiyya ‘ilmiyya (la salafiyya "dotta") ed è particolarmente presente in Francia e in Europa. La sua inclinazione violenta si manifesta nell’ambizione di dettare, controllare e correggere il comportamento individuale di quanti vengono considerati "cattivi musulmani". La seconda è conosciuta sotto il nome di salafiyya jihâdiyya (la salafiyya "combattente" o "guerriera"). Essa è nata durante la guerra condotta in Afghanistan contro il regime sostenuto dai sovietici e si è radicata in Africa del Nord mano a mano che i veterani arabi del conflitto rientravano in patria. Estremamente conservatrice, per non dire reazionaria, la salafiyya jihâdiyya conduce i suoi attacchi generalmente contro bersagli occidentali (ma anche contro certi paesi musulmani), inserendosi in una campagna giustificata in termini dottrinali tradizionali, cioè come jihâd convenzionale per difendere il mondo islamico contro le aggressioni occidentali. «Cinque Condizioni» A fronte di una tale pluralità di tendenze la creazione di un’istanza rappresentativa dell’Islam in Francia è stata forse una delle questioni che ha catalizzato le preoccupazioni e le rivendicazioni dei francesi di confessione musulmana. Con un paesaggio tanto frammentato, e in assenza di un’autorità capace di definire delle norme religiose valide per tutti, i musulmani non sono stati in grado d’inquadrare da soli l’organizzazione del loro culto. Lo Stato non poteva che auspicare una tale organizzazione, benché il suo obiettivo non potesse consistere nel sottrarre direttamente o indirettamente i musulmani alle loro responsabilità per sostituirvi iniziative statali. Spetta d’altra parte allo Stato individuare i mezzi per incoraggiare gli sforzi dei musulmani in questa direzione, soprattutto creando i presupposti di un ambiente più favorevole. Traendo insegnamento da un certo numero di tentativi precedenti che non avevano avuto seguito, l’allora Ministro degli Interni Nicolas Sarkozy è riuscito a sbloccare la situazione raccogliendo e unificando le varie tendenze dell’Islam in Francia. Ha raggruppato le Federazioni, le Grandi Moschee e alcune personalità, proponendo loro un progetto di statuto di un Consiglio Francese del Culto Musulmano (CFCM), chiamato a rispondere, secondo il Ministro, a "cinque condizioni" giudicate necessarie per la riuscita del processo. In particolare si riteneva necessario che le correnti minoritarie vi fossero equamente rappresentate; che il Consiglio non fosse dominato da nessuna delle sue Federazioni; che il suo primo presidente fosse una personalità nota e riconosciuta sia nell’ambiente musulmano che in quello non musulmano; che i Consigli Regionali del Culto Musulmano (CRCM) avessero statuto di associazione; infine, che la loro elezione da parte dei fedeli avvenisse al più presto [3]. È così che nel 2003 a Parigi è nato il CFCM, alla presenza, tra gli altri, di Nicolas Sarkozy e del Primo Ministro dell’epoca, Jean Pierre Raffarin [4]. Essendo l’Islam la seconda religione di Francia, la necessità di creare una tale istanza rappresentativa non è mai stata oggetto di contestazioni serie. Come tutte le altre grandi religioni di Francia, l’Islam aveva bisogno di una struttura grazie alla quale poter dialogare con i rappresentanti del governo e con la società nel suo insieme. I musulmani avevano perciò il diritto di richiederne la creazione, non foss’altro che a titolo simbolico. È per questo che più dell’80% dei 1800 luoghi di culto musulmani che si trovano in Francia ha partecipato alle elezioni del CFCM nel 2003. Alcuni musulmani "laici" provenienti dal mondo politico o dagli ambienti delle associazioni avevano chiesto di farne parte, ma i responsabili del culto musulmano hanno rifiutato, insistendo sul fatto che si trattava «del culto musulmano e non della cultura musulmana, e ancor meno della rappresentanza della comunità musulmana francese nel suo insieme». Dal momento della sua creazione, il CFCM ha dovuto affrontare difficoltà legate a una concezione molto restrittiva della laicità, secondo la quale bisognerebbe escludere i simboli religiosi dagli spazi pubblici. Dominante all’interno dell’istituzione scolastica, tale concezione spiega la lotta senza fine sul velo. Il CFCM ha ricordato che portare il velo costituisce dal suo punto di vista una "prescrizione religiosa" ma che sta ai musulmani conformarvisi o meno, poiché non ci possono essere costrizioni nella religione, secondo quanto afferma chiaramente il versetto coranico [5]. L’adozione, il 15 marzo 2004, di una legge che vieta che a scuola si indossino simboli vistosi ha provocato in Francia un dibattito interminabile. Da una parte c’erano coloro che consideravano questa legge «una misura brutale e discriminatoria, che si aggiungeva a tutte le ingiustizie che già subiscono nei loro quartieri i giovani degli ambienti popolari, in particolare quelli dell’immigrazione»; dall’altra parte stavano quanti militavano per l’applicazione rigorosa del principio di laicità e neutralità della scuola pubblica. Il dibattito su questa legge è andato ben al di là delle frontiere francesi. Molti musulmani e non musulmani di altri Paesi europei e degli Stati Uniti non hanno capito il senso, i principi e gli scopi di questa legge. I Consigli Regionali Per quanto sorprendente possa apparire, la creazione del CFCM è stata in sé un’impresa straordinaria. Questa istanza rappresentativa dell’Islam di Francia, assolutamente inedita, è riuscita a resistere, contro tutto e tutti, a qualunque tentativo di destabilizzazione e di eliminazione di cui è stata fatta oggetto sia all’interno che all’esterno della comunità musulmana. Purtroppo, a causa di divergenze interne, lotte tra i dirigenti, mancanza di competenza, di progetti e comunicazioni diretti verso la comunità musulmana, il CFCM non è sempre riuscito a imporsi come unica istanza rappresentativa dell’Islam di Francia. Di contro i CRCM costituiscono una vera manna per i musulmani, l’amministrazione e l’autorità locale. Uno degli obiettivi essenziali dei CRCM consiste nel convincere le autorità locali che non vi è soluzione alle difficoltà che attualmente vivono i musulmani di Francia, se non li si aiuta a costruirsi un’identità in questo Paese profondamente laicizzato. Tale identità passa attraverso il rispetto per la dignità di ciascuno, in particolare attraverso la lotta contro le discriminazioni, la promozione sociale e la possibilità di praticare la propria religione in condizioni dignitose. La missione dei CRCM consiste precisamente nel rendere pubblica la pratica del culto musulmano. Questa missione si traduce soprattutto in una serie di misure da rispettare e obiettivi da raggiungere: la costruzione e la messa in sicurezza delle moschee e dei luoghi di culto; la costruzione di sezioni musulmane nei cimiteri per consentire ai musulmani di seppellire i loro morti nel rispetto delle tradizioni religiose e conformemente alle leggi della Repubblica; l’organizzazione della macellazione rituale e la preparazione della festa dell’Aïd Al Adha (Festa del Sacrificio); l’istituzione di cappellanie (aumôneries) nelle prigioni, negli ospedali e nell’esercito; l’organizzazione del pellegrinaggio alla Mecca; la formazione e l’organizzazione degli imam; e infine il dialogo interreligioso. Nonostante un diffuso pregiudizio in senso contrario, l’Islam può essere fattore d’integrazione per i giovani francesi musulmani nati e cresciuti in Francia, purché sia riconsiderato il nostro rapporto con i testi fondatori: il Corano e la Sunna. Sono rare le riflessioni approfondite sulla contestualizzazione di queste fonti da parte dei musulmani che vivono in Francia. Nel lungo periodo dovremo imparare a distinguere tra leggi fondamentali (al-thawâbit) e leggi circostanziali (al-mutaghayyirât) per elaborare una giurisprudenza (fiqh) in armonia con il contesto francese. A tale scopo, i musulmani di Francia dovranno adottare una lettura dell’Islam libera da interpretazioni inadatte alla nostra realtà e da tradizioni che ne rendono difficile la pratica. Essi dovranno ugualmente allontanarsi dalle interpretazioni letterali del Corano che non tengono conto della realtà sociale, economica e politica in cui i musulmani vivono e costruire un "Islam di Francia", libero da influenze straniere, indipendente politicamente, economicamente e anche intellettualmente. Un Islam da praticare liberamente, senza alcuna costrizione, e che prenda in considerazione i musulmani, praticanti e non, come anche i non musulmani. Un lavoro colossale è stato fatto e si continua a fare in Europa per adattare la pratica del culto musulmano al contesto del Paese d’adozione. Ciò è dimostrato, soprattutto in Francia, dal grande numero di fatwe che riguardano la vita quotidiana dei musulmani. In particolare, queste fatwe trattano, per esempio, dell’obbligo di pronunciare una parte della predica del venerdì in francese; della sepoltura dei musulmani in Francia e della possibilità di assistere ai funerali dei parenti non musulmani e di raccogliersi davanti alle loro tombe; della recita di una preghiera per la Francia ogni volta che se ne presenti l’occasione; della partecipazione alle elezioni, contrariamente alle fatwe anarchiche e aberranti che proibiscono il voto ai musulmani adducendo come pretesto che esso riguarda una società non musulmana; della raccomandazione ai musulmani di fare gli auguri ai non musulmani in occasione di feste nazionali e religiose. Ciò permetterà ai musulmani d’Europa di praticare liberamente e serenamente il loro culto e al tempo stesso di avvicinarli anche ad altri portatori di fede e di spiritualità. 


[1] I musulmani di Francia non danno tutti la stessa definizione della nozione di "musulmano praticante". Noi consideriamo qui che il musulmano praticante è colui che recita regolarmente le cinque preghiere rituali quotidiane obbligatorie e assiste alla preghiera del venerdì.  [2] La parola salaf in arabo significa "antenato" o, più precisamente, "pio predecessore".  [3] Ciascuna delle 25 regioni amministrative della Francia è dotata di un Consiglio Regionale del Culto Musulmano, che lavora con il CFCM e lo rappresenta.  [4] Il primo presidente del CFCM è stato Dalil Boubakeur, Rettore della moschea di Parigi, eletto per due mandati, dal 2003 al 2005, e dal 2005 al 2008. Attualmente Mohamed Moussaoui presiede questa istituzione per un mandato di tre anni.  [5] Sura 2, versetto 256.  

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