L’uomo, “il più nobile tra gli esseri della Terra”, deve essere consapevole della propria fragilità. Per questo è necessaria “la scienza che ha il compito di rendere migliori i suoi atti”

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:36:31

Nel brano del filosofo persiano vissuto nel X secolo l’esaltazione dell’uomo, “il più nobile tra gli esseri della Terra”, e insieme la consapevolezza della sua fragilità. Per questo è necessaria “la scienza che ha il compito di rendere migliori i suoi atti”.

Il carattere è uno stato dell’anima che le consente di produrre atti senza pensiero né riflessione previi. Tale stato comporta due aspetti. Da una parte lo stato naturale, che, sin dall’inizio, contraddistingue il temperamento: è per esempio il caso di chi per un niente si incollerisce e perde la testa per il motivo più banale; o di chi di fronte al fatto più insignificante si rivela un codardo, per esempio spaventandosi per il minimo rumore che gli giunga alle orecchie, o si agita all’udire un racconto; o chi scoppia a ridere per la minima cosa che gli piaccia; o di chi, infine, si rattrista e s’incupisce per un nonnulla. Dall’altra c’è lo stato acquisito con l’abitudine o l’esercizio. In principio è spesso accompagnato dalla riflessione e dal pensiero discorsivo; ma si sviluppa fino a diventare un habitus e un tratto del carattere. […]

Come abbiamo visto, la sostanza dell’uomo comporta un’attività distintiva che nessun altro essere di questo mondo condivide con esso. L’uomo è inoltre il più nobile degli esseri della Terra, ma quando non agisce secondo la sostanza che gli è propria diventa simile al cavallo che, non agendo secondo la sua natura, viene usato con il basto al posto dell’asino, o sgozzato al posto dell’agnello, più utile da morto che da vivo. Ne deriva necessariamente che la scienza che ha il compito di rendere migliori i suoi atti al punto da farglieli compiere nella loro perfezione, in maniera conforme alla sua sostanza, e di elevarlo al di sopra della spregevole condizione che gli vale il disprezzo di Dio e un tormento crudele, è la più nobile di tutte le scienze. […]

È bene sapere che benché il nome di uomo sia ugualmente attribuito al migliore come al più vile fra gli uomini, la distanza che separa questi due estremi è molto più grande di quella che separa qualsiasi altra coppia di contrari.  Ciò non riguarda solo l’uomo, ma anche molte altre sostanze. E benché la disuguaglianza si manifesti più nettamente nell’uomo, la differenza che separa la spada detta al-samsâm (ben temprata) e quella detta al-kahâm (spuntata) è pur sempre notevole. Lo stesso dicasi per la differenza tra il cavallo di razza e il cavallo da tiro.

Quanto grande e nobile è chi con la scienza riesce a sollevare queste sostanze dal grado più basso a quello più alto, e quanto grande e nobile è la sua scienza!

Tra tutte le sostanze di cui abbiamo parlato, l’uomo presenta la propensione a passare per ogni sorta di stato. Occorre dunque che la speranza di riformarlo non si limiti a un solo grado. È un fatto la cui evidenza esporremo, se Dio vuole, qui di seguito. Tuttavia, è innanzitutto bene sapere che l’esistenza della sostanza dell’uomo è legata all’onnipotenza del suo Autore e del suo Creatore. Ma è all’uomo che è stato affidato il compito di migliorare la sua sostanza ed è dalla sua volontà che ciò dipende. Tienilo perciò a mente, aspettando il momento in cui, se Dio vuole, lo discuteremo brevemente. […]

Poiché l’uomo è un essere composto, non è ammissibile che la sua perfezione e l’atto che gli sono propri siano riducibili alla perfezione e agli atti propri ai suoi elementi più semplici. Altrimenti, l’esistenza del composto non avrebbe senso […]. All’uomo spetta dunque un atto proprio in quanto egli è un composto e in quanto è uomo. A tale atto nessun altro essere può associarsi. Il migliore degli uomini è dunque il più capace di produrre il suo atto proprio e di aderirvi senza variazioni o salti tra un momento e l’altro. […]

La perfezione propria dell’uomo è duplice, perché egli possiede due facoltà, una delle quali è la cognitiva e l’altra la pratica. Con la prima egli desidera la conoscenza e le scienze e con l’altra l’organizzazione delle cose e la loro sistemazione in buon ordine. Queste due perfezioni sono quelle indicate dai filosofi, che dissero: «la filosofia è divisa nella parte teoretica e pratica. Quando un uomo le padroneggia entrambe, consegue la piena felicità».  Il primo tipo di perfezione, legata a una delle due facoltà, cioè a quella cognitiva, per la quale l’uomo desidera le scienze, consiste per lui nel praticare la scienza con tanta costanza che la sua percezione diventi corretta, il suo intuito sicuro e retta la sua riflessione. Allora non commetterà errori in alcuna credenza e non metterà in dubbio alcuna verità. Giungerà, studiando sistematicamente ciò che è proprio degli esseri, alla metafisica (al-‘ilm al-ilâhî), che occupa il grado supremo nella scala del sapere. […]

Il secondo tipo di perfezione, legato all’altra facoltà, cioè a quella pratica, è oggetto della presente opera. È la perfezione morale, il cui punto di partenza consiste nell’ordinare le proprie facoltà e gli atti propri a ciascuna di esse in modo tale che non si trovino a lottare fra loro e che si tollerino a vicenda. In questo i suoi atti saranno prodotti conformemente alla facoltà di discernimento, organizzati e ordinati nella maniera più conveniente. Tale perfezione si conclude nel governo della città, che mantiene per tutti i cittadini lo stesso ordine gerarchico che ogni individuo instaura nei suoi atti e nelle sue facoltà, consentendo così a tutti di raggiungere una comune felicità.

Così dunque, il primo tipo di perfezione, detta cognitiva, interviene come forma, mentre il secondo tipo, detta perfezione pratica, interviene come materia. Nessuna delle due può essere ottenuta senza l’altra, visto che il sapere è un inizio e l’azione un compimento. E un inizio senza compimento è votato al fallimento, mentre un compimento senza inizio è impossibile. […]

In seguito a quanto abbiamo detto, è ora chiaro che l’uomo consegue la perfezione ed agisce secondo gli atti che gli sono propri se conosce gli esseri nella loro totalità. Detto altrimenti, se ne conosce gli universali (kulliyyât) e le definizioni che ne costituiscono le essenze, e non gli accidenti e le proprietà che li sottopongono a un divenire senza fine.

Se conosci gli universali degli esseri, in un certo modo ne conosci anche i particolari, perché i particolari non possono eccedere gli universali. Se consegui una tale perfezione, completala con un’azione sistematica, ordinando scientificamente le tue facoltà e le tue abitudini conformemente a quanto hai appena imparato. Se raggiungerai questo livello diventerai in te stesso un mondo e meriterai di essere chiamato un microcosmo, visto che le forme di tutti gli esseri si troveranno riunite nella tua essenza e tu sarai in un certo senso identico a esse. Se in seguito, attraverso i tuoi atti, sarai capace di dare un ordine a queste forme, sarai per loro vicario del tuo Signore, Creatore di tutte le cose, e non commetterai errore alcuno in merito ad esse, né ti allontanerai dall’ordine saggio che Egli stabilì sin dal principio. Diventerai allora un mondo integrale. L’essere completo è quello che ha un’esistenza permanente, e che sussiste eternamente. Da quel momento niente della grazia sussistente ti sfuggirà, perché di tale perfezione sarai pronto a ricevere il flusso che promana dal Signore per l’eternità. A questo punto sarai così vicino alla felicità che neppure un velo ti separerà da Lui. È questo il grado supremo dell’estrema felicità. 

[tratto da: Miskawayh, Traité d’Étique (Tahdîb al-Akhlâq wa  Tathîr al-A‘râq), trad. française, introduction et notes par Mohammed Arkoun, Vrin, Paris 2010, 51, 59-67]
Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis

Per citare questo articolo

 

Riferimento al formato cartaceo:

Ahmad Ibn Muhammad Miskawayh, Il duplice cammino della perfezione, «Oasis», anno VI, n. 12, dicembre 2010, pp. 78-79.

 

Riferimento al formato digitale:

Ahmad Ibn Muhammad Miskawayh, Il duplice cammino della perfezione, «Oasis» [online], pubblicato il 1 dicembre 2010, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/il-duplice-cammino-della-perfezione.

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