Il travaglio dell'Islam /1. Come tutti i fondamentalismi, anche quello islamico esprime non la protesta delle culture tradizionali, ma piuttosto la loro scomparsa. Ma la sua evidente e maggiore implicazione con la violenza è più legata al radicalismo politico-sociale che al Corano. La messa in scena del processo e dell'assassinio degli ostaggi in Iraq non viene da un qualunque "costume" musulmano ma dall'"invenzione" delle Brigate Rosse italiane. Una analisi controcorrente.

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:51:49

Il fondamentalismo è identificato dall'opinione pubblica europea con una cultura musulmana che rifiuterebbe d'occidentalizzarsi. Da qui l'espressione "scontro di civiltà" o "scontro di culture". Ma di fatto il rinnovamento religioso, che sia sotto forma di fondamentalismo o di spiritualismo, è piuttosto la conseguenza della separazione tra religione e cultura, vale a dire della riformulazione dell'elemento religioso al di fuori della cultura, a motivo dell'indebolimento delle culture dette "tradizionali", sotto l'effetto della globalizzazione. Il fondamentalismo odierno, sia esso cristiano o islamico, esprime una crisi della cultura dovuta alla globalizzazione e non la volontà di restaurare le culture originali. Questo fondamentalismo si esprime attraverso forme moderne di religiosità che si trovano anche nel cristianesimo: centrale è il fenomeno del "born again", cioè dell'individuo che ritorna personalmente alla fede, rompendo con la religione tradizionale della famiglia e del suo ambiente sociale; la fede è vissuta in maniera individuale: la società è considerata troppo secolare e quindi corruttrice e tutte le forme di chiese stabilite e d'autorità religiosa tradizionale sono guardate con diffidenza. Il "born again" vive una fede il più spesso emozionale ed anti-intellettualista, non si interessa affatto di teologia speculativa ed è molto rigido sul piano dei valori e delle norme. La comunità con cui si identifica è costituita in modo volontario da persone che condividono lo stesso tipo di relazione con la fede e può talora assomigliare più ad una setta che ad una vera chiesa. Le nuove forme di religiosità, nell'Islam come nel Cristianesimo, sono dunque tutto tranne che liberali. Anche se non sono necessariamente violente, sono quanto meno molto conservatrici. Questo sfasamento tra cultura e religione è osservabile in tutti i paesi musulmani, ma è ben più forte nei musulmani d'Europa. L'immigrazione ha portato con sé la perdita dell'evidenza sociale della religione. è facile digiunare durante il Ramadan in Afghanistan, Pakistan o Egitto, anche se non si è molto religiosi, perché il conformismo sociale spinge in questa direzione. Ma un musulmano che vive in Europa è costretto a fare una scelta: deve decidere se le prescrizioni religiose sono al centro della sua vita, deve ricostruire tutta la sua vita attorno a delle costrizioni, con il rischio di rendere la sua vita sociale e professionale più difficile; può al contrario ignorare le prescrizioni religiose o adempierle in modo assolutamente simbolico. In una parola incombe su di lui il compito di definire in prima persona che cosa debba essere la religione. Gli ulema (esperti di religione) non sono di alcun aiuto ai credenti, costretti a ricercare criteri di purezza religiosa che non hanno più alcun legame con una data cultura. Quale che sia la soluzione scelta, il credente deve ricostruire ed "oggettivare" la fede, distinguendola dal conformismo sociale e dalle tradizioni che per lui non hanno più senso. La religione dei suoi genitori è legata ad una cultura che non è più la sua. I titoli dei libri recenti pubblicati in Occidente, ad esempio Qu'est-ce que l'Islam?, Que signifie tre musulman? o ancora Comment faire l'expérience de l'Islam?, traducono bene questa domanda. Quando si pone la questione delle relazioni tra l'Islam e l'Occidente, importante non è il contenuto teologico dell'Islam (dal momento che esiste un dibattito tra i musulmani al riguardo), ma le pratiche religiose dei musulmani che, persino nelle forme fondamentaliste, sono molto più "occidentalizzate" di quanto non parrebbe. Le forme di religiosità dell'Islam attuale si ritrovano più o meno nel cattolicesimo, nel protestantesimo e pure nel giudaismo. I credenti d'oggi mettono più l'accento su una fede personale e su un'esperienza spirituale individuale. Questi credenti "born again" ricostruiscono la loro identità riscoprendo la religione. Ma la crisi delle culture musulmane tradizionali non è soltanto una conseguenza dell'occidentalizzazione dei modi di consumo o dell'espansione dei valori e dei prodotti dell'Occidente. Essa è anche il risultato di un attacco in piena regola da parte del fondamentalismo islamico. Quando i talebani hanno preso il potere in Afghanistan nel 1996, hanno avuto inizialmente eccellenti relazioni con gli americani e dal 1996 al 1998 gli occidentali potevano viaggiare liberamente per il paese. I talebani non combattevano la cultura occidentale, ma la cultura tradizionale afgana in tutte le sue forme (arte, giochi, musica, sport). Perché vietare di possedere uccelli canterini? Perché vietare gli aquiloni? La motivazione dei talebani era semplice: se il tuo uccello si mette a cantare durante la preghiera, ne sarai distratto e la tua preghiera sarà priva di valore. Se sei un buon musulmano, ricomincerai da capo, ma siccome non siamo sicuri che tu sia un buon musulmano, è più facile vietare il possesso di uccelli canterini che potrebbero mettere in pericolo la tua salvezza. Allo stesso modo, gli aquiloni possono perdersi sugli alberi e se ti arrampichi su un albero per recuperarne uno, rischi di vedere una donna senza velo e commettere così peccato. Perché rischiare di arrostire all'inferno per un aquilone? Tanto vale vietarli. Lo stesso genere di ragionamento si ritrova in tutte le forme di fondamentalismo: questo mondo esiste soltanto per preparare i credenti alla Salvezza. La funzione dello Stato non è assicurare la giustizia sociale ed il rispetto della legge, ma creare la situazione voluta anche con la coercizione perché i credenti possano ottenere la Salvezza. Ovunque coloro che sono chiamati wahabiti o salafiti, come anche gli adepti del Tabligh (associazione neo-islamica particolarmente diffusa nel sub-continente indiano, N.d.T.), condannano le forme tradizionali di religione popolare, il sufismo, la musica, la poesia, la letteratura. I romanzieri ed i poeti, dall'Egitto al Bangladesh e senza dimenticare Salman Rushdie, incontrano difficoltà a creare liberamente. E troppo spesso regimi supposti laici, ma molto autoritari, dall'Egitto all'Algeria, s'associano a questo attacco contro la cultura. Il fondamentalismo non è dunque un'espressione di protesta delle culture tradizionali che sarebbero minacciate, ma traduce la loro scomparsa. Grave errore dunque collegare le forme moderne di fondamentalismo ad uno scontro di civiltà. I giovani non diventano fondamentalisti perché la civiltà occidentale ignora la cultura dei loro genitori, ma perché hanno perso questa cultura tradizionale, che d'altronde tendono a disprezzare. La religiosità dei fondamentalisti è individuale e generazionale; è una ribellione contro la religione dei genitori. Molte ragazze musulmane di seconda generazione in Europa portano il velo non sotto l'ingiunzione dei loro genitori, ma per affermare la loro individualità: non esitano d'altronde a riprendere slogan femministi del tipo my body is my business. Il fondamentalismo è contemporaneamente una conseguenza ed un fattore della globalizzazione, perché, separando i segni distintivi religiosi (ad esempio lo halal, cioè le condizioni che rendono un alimento religiosamente lecito) dalla cultura (vale a dire la cucina, marocchina o turca), rende possibile sintesi come il Fast Food Halal dove si vendono hamburger islamici. La recente invenzione in Francia della Mecca Cola è un buon indice di questa riformulazione dell'elemento religioso in un campo culturale occidentalizzato, senza rapporto con le culture d'origine, proprio come il rap islamico che può essere tanto violento quanto il suo equivalente americano. Le tensioni odierne in Europa, quando si invoca l'Islam, non esprimono dunque un conflitto tra valori europei e valori orientali; si tratta di un dibattito interno all'Europa circa i propri valori: la sessualità, il matrimonio, la procreazione... In Olanda, quando Pim Fortuyn ha deciso di lanciare una campagna contro l'influenza dei musulmani, l'ha fatto per difendere la libertà sessuale recentemente acquisita (ed in particolare i diritti degli omosessuali) e non i valori cristiani tradizionali. Per contro l'On. Buttiglione si è fatto censurare dal Parlamento europeo perché incarnava un rifiuto dei valori della liberazione sessuale e del femminismo esattamente nel nome della tradizione cristiana. Come ci si può aspettare, i fondamentalisti di tutti i generi difendono spesso norme e valori che si somigliano. Su questo tema come su altri, per esempio la famiglia e l'aborto, i musulmani pii in Europa ed i cristiani tradizionalisti hanno la stessa posizione. In Turchia, quando il primo ministro Erdogan propose una legge per criminalizzare l'adulterio, molti vi lessero una volontà di reintrodurre la shari'a (tanto più che il termine turco per indicare l'adulterio è zinnet). Ma di fatto l'adulterio è qui definito in rapporto alla famiglia "cristiana" (una coppia sposata in cui diritti e doveri sono identici per i due coniugi). Esso non include la "fornicazione" (che è il vero senso del termine coranico), cioè la relazioni sessuali al di fuori del matrimonio. Soprattutto rende illegale la pratica divenuta corrente presso numerosi islamisti turchi di prendere una seconda donna al di fuori del matrimonio. La legge punisce dunque la poligamia di fatto, fino ad ora tollerata. Da ultimo, una legge di questo genere esiste non in Arabia Saudita, ma in dieci stati americani (applicata nella Virginia occidentale nel 2004). In una parola, il modello di virtù per Erdogan è in questo caso quello dei conservatori cristiani americani e non quello dell'Arabia Saudita. Ma questi tratti comuni non spiegano l'Islam politico e radicale. Perché i fondamentalisti islamici sono più implicati dei cristiani nella violenza politica? La cosa non è legata al Corano, ma al fatto che i radicalismi islamici si diffondono oggi in spazi di esclusione sociale o di tensioni politiche. I gruppi radicali reclutano oggi là dove l'estrema sinistra reclutava un tempo, ma l'imborghesimento dell'estrema sinistra, la presenza di una forte popolazione d'origine musulmana nei quartieri un tempo operai e anche il fatto che i movimenti anti-imperialisti interessino regioni musulmane fanno sì che la rivolta contro l'ordine stabilito sia condotta in nome dell'Islam. Molti giovani legati al movimento radicale, come Mohammad Atta, Zacharias Moussaoui e Kamel Daoudi, sono diventati "born again" ad Amburgo, Marsiglia, Londra e Montreal, non in Egitto o in Marocco (ed hanno rotto con le loro famiglie). I giovani radicali sono andati a combattere in Bosnia, in Cecenia, in Afghanistan o nel Kashmir piuttosto che nei loro paesi d'origine, perché non considerano il Medio Oriente come il cuore di una civiltà musulmana assediata dai crociati. Vivono in un villaggio globale e non traggono la loro identità dalla loro origine geografica. Il fatto che il radicalismo islamico abbia rimpiazzato quello d'estrema sinistra spiega il numero crescente di convertiti in tutte le reti radicali scoperte recentemente. La rete Beghal in Francia contava circa un terzo di convertiti. In occasione dell'inchiesta sull'attentato contro la sinagoga di Djerba in Tunisia la polizia francese ha arrestato un tedesco con nome polacco. Richard Reid, il terrorista che ha cercato di far saltare un aereo britannico, José Padilla, accusato di aver preparato un attentato con "bomba sporca" negli Stati Uniti, e John Walker Lindh, il talebano americano, erano tutti dei convertiti. La sinistra radicale e violenta ha abbandonato oggi queste zone d'esclusione sociale. Se si considera la messa in scena sanguinaria del "processo" e dell'esecuzione degli ostaggi in Iraq, come è praticata dal gruppo di al-Zarqawi, si può constatare che essa non viene da una qualunque tradizione islamica, ma dalla messa in scena inventata dalle Brigate Rosse italiane al momento del rapimento e dell'assassinio dell'ex-Presidente del Consiglio Aldo Moro. La barbarie si è ben mondializzata. La richiesta di movimenti di liberazione mitici, messianici e transnazionali resta la stessa, come il nemico: l'onnipotente imperialismo americano. Questi movimenti non sono il prodotto della storia del mondo occidentale o del Medio Oriente, ma della fusione di tutte le storie e della mondializzazione. Sono a casa loro in un mondo disorientato

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