Una vittoria scontata per il presidente Sisi. Breve scheda sulle elezioni presidenziali del 26-28 marzo

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:54:26

Le presidenziali egiziane di queste ore rappresentano il terzo voto nel Paese dalla rivoluzione del 2011. Qui di seguito, una breve scheda su quanto sta accadendo in Egitto.

 

Quando si vota 

Le elezioni in Egitto si tengono dal 26 al 29 marzo. I risultati saranno annunciati il 2 aprile. È previsto un secondo turno in aprile nel caso nessuno dei candidati raggiunga la maggioranza assoluta. Sono 60 milioni in Egitto i cittadini con diritto di voto su una popolazione di 84 milioni.

 

Chi sono i  candidati

I candidati sono l’attuale presidente ‘Abd al-Fattah al-Sisi, in carica dal 2014. Militare di carriera. È stato comandante in capo delle Forze armate e ministro della Difesa prima di guidare il Paese. Il suo rivale è un politico sconosciuto all’estero e poco conosciuto in casa, Moussa Mostafa Moussa, che prima di presentare la sua candidatura raccoglieva firme per sostenere Sisi. Architetto, fa parte del Consiglio egiziano per le Tribù arabe e dal 2005 è alla testa del partito al-Ghad.

 

Perché ci sono soltanto due sfidanti 

Il numero dei rivali alle urne ha causato e causa ancora controversie. Nei mesi passati, sette persone hanno presentato la propria candidatura al voto. Si sono o ritirati o sono stati arrestati. Tra loro c’erano il nipote dell’ex presidente Anwar el-Sadat, che si è ritirato; l’ex candidato al voto del 2012, ex premier, figura del regime di Hosni Mubarak, Ahemd Shafiq, che ha abbandonato l’idea dopo essere stato deportato dall’esilio negli Emirati arabi; l’avvocato per i diritti umani Khalid Ali. L’episodio più rumoroso ha però riguardato l’ex capo di Stato maggiore egiziano, il generale Sami Anan, arrestato in gennaio poche ore dopo aver annunciato la propria candidatura.

 

Quali sono le incognite del voto?

La vittoria del presidente Sisi è data per scontata. Le preoccupazioni del governo sono legate all’affluenza: si teme infatti l’apatia dell’elettorato. Nel voto del 2014 – il presidente stava già guidando il Paese dopo la caduta dell’ex leader dei Fratelli musulmani Mohamed Morsi, in seguito a imponenti manifestazioni e l’intervento dell’esercito – Sisi aveva vinto con il 97 per cento delle preferenze e un’affluenza al 47 per cento.

 

Le sfide economiche, sociali, politiche 

Il presidente Sisi ha accettato un programma di riforme in cambio di un pacchetto di aiuti di 12 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale. La classe media egiziana sente il peso di un’economia in crisi dopo i fatti del 2011, dell’austerity imposta con il taglio di alcuni sussidi statali, l’aumento di tasse e dei prezzi di alcuni beni prima calmierati.

 

Resta elevata la minaccia del terrorismo, che negli ultimi anni ha colpito diverse zone del Paese, e anche la capitale. Nel mirino del fondamentalismo anche la comunità copta, che benché delusa dal leader che aveva promesso sicurezza, continua a sostenere Sisi. Nei mesi scorsi, il regime ha fatto partire nel Nord del Sinai, regione diventata roccaforte di gruppi jihadisti, un’operazione militare di cui trapelano pochi dettagli. Nell’area, a novembre, un commando terroristico aveva attaccato una moschea uccidendo circa 300 persone.

 

Poche ore prima del voto, i giornali internazionali hanno dato la notizia dell’espulsione dal Paese della corrispondente del quotidiano britannico The Times. Se questo episodio non è stato l’unico ostile nei confronti della stampa straniera, è soprattutto la situazione interna a preoccupare i gruppi per i diritti umani: si rafforza nel Paese il controllo dei media nazionali, la repressione degli avversari politici, la riduzione al silenzio di attivisti e gruppi per i diritti umani.