I fenomeni politici che hanno animato la Primavera araba, posti in un orizzonte molto più vasto

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:34:59

pholosophy-of-non-violence.jpgRecensione di Chibli Mallat, Philosophy of Nonviolence. Revolution, Constitutionalism, and Justice beyond the Middle East, Oxford University Press, Oxford-New York 2015.

 

Chibli Mallat non è soltanto un autore particolarmente prolifico, un globe trotter impegnato a coltivare i suoi studi di diritto costituzionale tra America, Europa e Medio Oriente. È anche un attivista e un politico, già candidato alla presidenza della Repubblica libanese.

 

Il suo Philosophy of Nonviolence è un coltissimo saggio di diritto costituzionale mediorientale e comparato; un’analisi dei fenomeni politici che hanno animato in particolare la Primavera araba, ma ch’egli sapientemente pone in un orizzonte molto più vasto. Ed è, infine, il contributo di un visionario che profetizza una nuova era per lo sviluppo della convivenza politica in Medio Oriente.

 

Il volume tradisce in particolare quest’ultimo aspetto. Sarebbe stato difficile fare altrimenti, per il fondatore della ONG Right to Nonviolence, rete transnazionale che monitora lo sviluppo della democrazia nei Paesi arabi abbracciando l’idea della democrazia e dei diritti umani, ma soprattutto la via del metodo nonviolento. Ed è proprio questo profilo dell’opera a essere degno d’interesse quanto di riflessione critica.

 

Mallat focalizza la sua attenzione su un punto che merita profonda considerazione: il carattere largamente nonviolento delle proteste di massa che hanno interessato l’area che va dal Marocco all’Oman, soprattutto dalla fine del 2010 in poi, ma anche prima. Egli mostra infatti il profilo politico di questo movimento pacifico transnazionale, preceduto, in tempi recenti, dalla rivoluzione dei cedri in Libano, nel 2005-2006, e alcuni anni più tardi dal movimento verde in Iran. La scelta di non compiere un’insurrezione armata, nota l’autore, è una deliberata opzione politica, dai connotati ben precisi.

 

In primo luogo, essa è un fattore di mobilitazione trasversale, che coagula forze sociali altrimenti destinate a rimanere in secondo piano – prime fra tutte le donne. In secondo luogo, la nonviolenza non ha una composizione settaria paragonabile agli scontri armati. In terzo luogo, è una forza non anarchica, ma di disciplina, che vuole ottenere un risultato politico costruttivo, non di disordine o semplicemente di ribellione, men che meno tragica.

 

Per Mallat la nonviolenza non è un movimento utopico, ma consiste in un momento temporale determinato, sebbene possa distendersi molto più a lungo dei movimenti violenti e per questo sia meno facilmente identificabile. Essa lascia poi spazio a fasi più esplicitamente costruttive, in cui viene scritto un testo costituzionale vero e proprio, e poi quella della giustizia, in cui viene sottoposto a processo (e presumibilmente condannato) chi prima governava con metodi autocratici.

 

Mallat costruisce esplicitamente una filosofia della storia politica alternativa a quella hegeliana. Egli invita il lettore a leggere la storia recente come il disvelamento di un animo mediorientale proteso verso la piena maturità politica che, mentre rifiuta la violenza nelle strade per abbattere un regime, accetta la violenza legittima del nuovo ordine giuridico democraticamente stabilito – un ordine che non è davvero completo se non ha fatto giustizia delle sofferenze provocate dagli ex regimi.

 

Si può essere grati a Mallat sia per le sue acute osservazioni sia per le sue provocazioni. Egli ha avanzato una meticolosa proposta per superare la logica con la quale normalmente si leggono i momenti di transizione, collocati in una specie di “zona grigia” che alternativamente legittima la violenza dei rivoluzionari, se essi hanno successo e rovesciano il regime, o le repressioni di quest’ultimo, se riesce a mantenere il potere, offrendo così una via d’uscita dall’idea kantiana ed hegeliana della rivoluzione come legittima se riesce o illegittima se fallisce. 

 

È un tentativo riuscito? Il volume è del 2015, e molto di quel che Mallat scrive appare per molti versi un sogno, terminato come tutti gli altri: travolto in molte aree del Medio Oriente da violenze e rappresaglie. Ma ciò non toglie molto alla sua opera, che sembra aver colto lo spirito e lo scopo di molte agitazioni cui il mondo ha assistito, qualunque ne sia stato l’esito concreto.

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis

Per citare questo articolo

 

Riferimento al formato cartaceo:

Andrea Pin, Le primavere della nonviolenza, «Oasis», anno XIII, n. 26, dicembre 2017, pp. 136-137.

 

Riferimento al formato digitale:

Andrea Pin, Le primavere della nonviolenza, «Oasis» [online], pubblicato il 31 gennaio 2018, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/le-primavere-della-nonviolenza.

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