Lo sguardo dell'Oriente /2. Sono emerse nuove responsabilità in una situazione irta di insidie e difficoltà: evitare il contrasto frontale con l'Islam; lavorare con equilibrio alla costruzione della democrazia politica; liberarsi dal complesso storico-politico del colonialismo. In un dialogo ispirato da realismo e pazienza.

Questo articolo è pubblicato in Oasis 4. Leggi il sommario

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:51:21

Vorrei anzitutto domandarmi che cosa intendiamo parlando di "Cristianità". Vi sono Chiese tradizionali, che portano una linea chiara di pensiero e di giudizio; esistono Chiese autocefale, per non parlare di comunità ecclesiali che mostrano posizioni imprevedibili e, infine, personalità "religiose" (cito solo il caso del Presidente americano George Bush) che, specie a un certo livello di responsabilità politica, pretendono di rappresentare la Bibbia e la Cristianità. La situazione è dunque complessa. Ciò nonostante, si può precisarne qualche aspetto. Cos'è cambiato dopo l'11 settembre 2001? La Cristianità è obbligata a pensare come Cristianità e ad avere una posizione più unitaria, specie perché l'Islam si presenta più compatto del Cristianesimo. Questa famosa "Cristianità" non è più il centro del mondo. In tutto ció che fa, deve tener conto che vi sono altre religioni, che hanno punti di riferimento e posizioni non sempre coincidenti con quelli cristiani, per esempio in tema di pace e guerra, di modo di esprimersi, di rivendicare i propri diritti, di trattare con chi è diverso. Le Nuove sfide per il Cristianesimo. La separazione tranquilla, serena e logica tra Chiesa e Stato non è più evidente: siamo di fronte a realtà (Islam, Ebraismo) in cui essa, per principio, non esiste, in quanto il pensiero politico è parte essenziale della religione. L'Islam è apparso con forza sulla scena pubblica dopo l'11 settembre 2001 e il nuovo pensiero che regge nella "Cristianità" porta alla convinzione che la Cristianità non è più il centro del mondo, con la conseguenza di porla davanti a nuove sfide su vari livelli. Una sfida ancora più importante: occorre evitare il contrasto frontale tra Islam e Cristianesimo. Taluni eventi di questi ultimi tempi fanno pensare che un certo scontro stia per verificarsi, a meno che venga operato un cambiamento radicale da ambedue le parti nel modo di trattare la controparte. È certo che a livello di principi molti aspetti sono diversi; nello stesso tempo bisogna sempre lavorare per trovare uno spazio ragionevole di pensiero comune e ambiti che concilino, per impedire uno scontro a livello generale. Un esempio: il caso delle vignette satiriche pubblicate in Danimarca. È necessario promuovere una posizione che concili la libertà di pensiero e di espressione con il rispetto dei sentimenti religiosi altrui, come è necessario mantenere le legittime reazioni in un ambito di ragionevolezza. Un altro spazio in cui occorre trovare un equilibrio è quello della democrazia politica, patrimonio e "credo" del mondo nuovo, con i suoi risultati in contesti di popoli non preparati ad accoglierla (citiamo i casi di aumento esponenziale dell'Islamismo in Egitto, Iraq e Palestina). Una terza sfida: è tempo che la Cristianità arrivi a liberarsi dal complesso storico-politico del colonialismo, anche se incosciente, e a convincere le altre comunità religiose che i principi, valori e insegnamenti a livello sociale, economico, politico di cui è portatrice, non coincidono necessariamente con quelli del cosiddetto "Occidente cristiano". Alcuni esempi: la salvaguardia del diritto dei poveri, la visione della globalizzazione, il concetto di "peccati di struttura"1, la condanna dello sfruttamento dei Paesi poveri, la definizione di democrazia come diritto che si acquisisce dall'interno e non come regalo concesso dall'esterno. Possiamo citare a questo proposito la ripetuta richiesta da parte della Chiesa, durante il Giubileo del 2000, della remissione del debito ai Paesi del Terzo Mondo.2 Cosa pensare del terrorismo e della guerra. Su tali questioni resta sempre valida, in un contesto arabo-musulmano dove vivono cristiani autoctoni in un conflitto politico duro e prolungato, la Lettera pastorale che la Commissione teologica del Patriarcato latino di Gerusalemme pubblicó il 15 settembre 1998 con il titolo Cerca la pace e perseguila Domande e risposte sulla giustizia e la pace in Terrasanta3. Il documento riprende la posizione della Chiesa circa la pace, la giustizia, la violenza, il terrorismo, ecc. La violenza vi è definita come «ogni azione che causa un danno grave, fisico o morale, alla persona o alla comunità, sotto diverse forme: guerra, occupazione militare, confisca di terre, resistenza armata, terrorismo, rappresaglie da parte di un governo, punizioni collettive». Si definisce inoltre il concetto di "violenza legittima", come «ultimo mezzo cui si ricorre dopo aver inutilmente tentato tutti gli altri mezzi, [] come ultimo rimedio per porre fine a una tirannia evidente e prolungata che danneggi gravemente il bene comune». Ma «la violenza non si può assolutamente adottare come normale principio di azione». Per quanto riguarda il terrorismo, esso è «una violenza contro terzi per fare pressione sulla parte avversa; una violenza esercitata dallo stato o da gruppi su persone non direttamente coinvolte nel conflitto, pur facendo parte di un popolo in guerra» e ne sono colpevoli «coloro che compiono gli atti terroristici, li ispirano e li appoggiano e, in secondo luogo, coloro che intrattengono situazioni di ingiustizia che provocano il terrorismo». E l'idea di terrorismo precisa anche «il limite che anche un'insurrezione armata lecita non deve mai superare». Occidente e Cristianesimo. Constatiamo, senza giudizio di condanna, né pregiudizio negativo, che l'Occidente è stato ingiustamente concepito come legato al Cristianesimo, e viceversa, come d'altronde è accaduto per l'equazione fra "Islam" e "mondo arabo". L'identificazione si è realizzata a diversi livelli: Teologico: mentre la formulazione della fede cristiana si è modellata fin dall'inizio sul vocabolario teologico semitico e greco, dopo la rielaborazione della Scolastica essa si è quasi arrestata. Culturale: a partire dal periodo delle Crociate (secc. XI-XIII), la cultura occidentale è stata identificata da varie parti con la cultura cristiana. Religioso: in vari Paesi dell'Asia, dell'Africa e dell'America l'evangelizzazione e l'ingresso della cultura occidentale sono avvenuti contemporaneamente, ma non in modo uniforme: in Africa, dove la cultura locale era meno compatta, l'evangelizzazione "all'occidentale" è riuscita, mentre le culture orientali (Cina, Giappone, India) non si sono lasciate piegare. Per quanto riguarda i Paesi del Medioriente, questo legame fra Cristianità e Occidente è stato vissuto a livello politico (cfr. i vari mandati inglese, italiano, francese). Dobbiamo per completezza far osservare che la Cristianità mediorientale, dopo la prima espansione missionaria in Persia, India e Africa, ha conosciuto una battuta d'arresto all'arrivo dell'Islam, che col passare dei secoli ne ha stroncato le energie. Le conseguenze di tale identificazione: a livello della Cristianità: in positivo, i tanti sviluppi a livello culturale, educativo, civile, sanitario; in negativo, la Cristianità ha perso la propria carica profetica e la purezza della chiamata al Vangelo, in termini di denuncia del legame con la politica imposta al Vangelo, della schiavitù, dello sfruttamento della terra (secondo l'espressione di una personalità politica sudafricana «all'arrivo dei coloni europei, loro avevano la Bibbia e noi la terra; adesso loro hanno la terra e noi la Bibbia»); a livello dei cristiani di Terrasanta: la conseguenza positiva è l'aiuto alla presenza e continuità di tante comunità cristiane del Medioriente, anche mediante la formazione di una élite (in varie epoche) culturale e umana; la conseguenza negativa è l'alienazione delle comunità dal mondo arabo a impronta musulmana (si dice che «nelle scuole arabe cristiane si conosceva meglio Giovanna d'Arco che il califfo Omar»); inoltre un sentimento di dipendenza a livello sociale, storico, politico, di cui parecchi cristiani non riescono ancora a disfarsi (per ogni necessità, ci si rivolge all'Europa, mentre di fronte alle ingiustizie il musulmano si dimostra più capace di resistenza); in ultimo, l'allontanamento di certa "intellighenzia" cristiana dalla fede, sentita come legata all'Occidente, a beneficio di altri progetti politici. Questi intellettuali si sono infatti impegnati, come fondatori e membri, in partiti laici, non trovando nella Chiesa un vocabolario locale che illuminasse le scelte politiche dei cristiani. Questa alienazione si è poi aggravata a causa del susseguirsi dei conflitti (Terrasanta, Iraq, Kuwait), che non aiutano a dimenticare i contrasti, specie quando certi leader occidentali si esprimono in modo provocatorio ("crociate"). Bisogna dire per giustizia che negli ultimi tempi il Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente ha esaminato questo problema. Essendo in particolare la Terrasanta un focolaio di antagonismi molto acceso, il Patriarca Michel Sabbah ha svolto un ruolo di pioniere. Egli, la cui nomina coincise con l'inizio della prima "intifada", comprese da subito che il cristiano palestinese impegnato patriotticamente attendeva dalla Chiesa direttive e risposte chiare, basate sulla Sacra Scrittura e sul dogma, alle proprie legittime domande a proposito del dovere nazionale. Il Patriarca ha continuato a esporre tali direttive e risposte in molte lettere pastorali, discorsi, conferenze in patria e all'estero. Possiamo assicurare che la Chiesa di Terrasanta deve tutto il magistero al Patriarca, sia come principi che come applicazioni pratiche a livello di resistenza, attaccamento ai diritti fondamentali, denuncia della violenza e dell'ingiustizia, definizione esatta delle situazioni nonostante le pressioni di ogni genere.4 La confusione fra Cristianità e Occidente è alimentata di continuo da eventi politici e di conseguenza il cristiano arabo sente il bisogno di affermare ripetutamente la sua totale estraneità alle posizioni e iniziative dell'Occidente. Autocoscienza e compiti del Cristianesimo di fronte all'Islam. Occorre delineare una posizione finale della Chiesa, che come l'Islam è caratterizzata dalla pretesa di portare una verità universale, e tutta la teologia delle religioni. La Chiesa ha fatto passi immensi in questo senso. È anche vero che l'Islam si pone come detentore della verità universale, si presenta come sistema unitario e compatto, e finora la sua posizione nei riguardi di tutto ciò che è diverso prende al massimo un carattere di tolleranza. Il grande servizio che l'Occidente cristiano può rendere all'Islam, specialmente nei paesi occidentali che accolgono minoranze musulmane e, in modo particolare, là dove la seconda e addirittura terza generazione di musulmani è oramai naturalizzata, è di forgiare un Islam pluralista, che da una parte rimanga fedele ai propri principi, e dall'altra si costruisca la strada per poter vivere in un mondo pluralista a più di un livello, senza per questo essere vittima di alienazione e oppressione, senza sentimenti di odio e senza auto-affermazione esagerata. Questo servizio avrebbe inoltre una ricaduta importante sui cristiani arabi, i quali vivono all'interno di maggioranze islamiche in cui non è nemmeno immaginabile una simile evoluzione. Per uno sviluppo in senso pluralista, l'Islam puó anche trarre profitto dall'esempio dell'Ebraismo, che per secoli ha potuto vivere in situazione di minoranza all'interno di diverse società, nelle quali era riuscito a integrarsi. La possibilità è reale, poiché l'Islam come sistema religioso contiene tutti gli elementi necessari per convivere con il XXI secolo, se accetta di pagare il prezzo di una critica storica. In questo sforzo coraggioso può servirgli l'esperienza dello studio letterario e critico condotto nella Chiesa. Nel frattempo, bisogna che nel rapportarsi con l'Islam la Cristianità si abitui: 1. a un interlocutore che ritiene di possedere la verità assoluta; 2. a reazioni esagerate ogni qualvolta la umma islamica o l'Islam come sistema si senta offeso nell'uno o nell'altro aspetto essenziale del suo credo; 3. alla sistematica riaffermazione della propria identità esclusiva come difesa inconsapevole di fronte alla modernità nella quale l'Islam non riesce a entrare; 4. alla pretesa di veder realizzate tradizioni della religione musulmana (ad esempio il velo, la separazione tra maschi e femmine nelle società sportive, la legislazione cimiteriale: lo Stato svizzero ha concesso aree cimiteriali non soggette alla rimozione dei corpi, come richiesto dal culto musulmano). Bisogna dare tempo al tempo, dialogare nella fatica, cercare gli esponenti dell'Islam moderato e trattare con essi, come è emerso anche nel recente colloquio fra il Santo Padre e il Primo Ministro inglese Tony Blair, in cui, secondo quanto riportato dall'agenzia Zenit5, «è stato evidenziato il contributo che i valori comuni fra le religioni possono dare al dialogo, in particolare con l'Islam moderato, soprattutto nei temi della solidarietà e della pace. Si è discusso sulle sfide della globalizzazione, il dialogo tra le varie religioni e l'importanza delle voci moderate di religioni diverse che si uniscono per affrontare estremismo e terrorismo». --------------------------------- 1. Cfr. Sollicitudo rei socialis. 2. Cfr. Udienza del Santo Padre Giovanni Paolo II al Segretario Generale dell'ONU, 7 aprile 2000; Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II agli Ambasciatori, 25 maggio 2000, ecc. 3. Cerca la pace e perseguila. Domande e risposte sulla giustizia e la pace in Terra Santa, 15 settembre 1998. 4. A questo proposito, si puó consultare la parte Messages from Patriarch Sabbah del sito del Patriarcato www.lpj.org 5. Cfr.www.zenit.org 5 giugno 2006

Tags