Casi storici. Nell'Impero Ottomano a cristiani, ebrei e altri gruppi era riconosciuto lo status di comunità protette cui corrispondevano diritti inferiori. Un sistema legislativo simile a quello romano, ma radicalmente differente per il principio di cittadinanza.

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:50:45

La società islamica, nella sua forma tradizionale e classica, era formata basilarmente dalla umma, cioè dalle persone di fede musulmana, mentre i seguaci delle grandi religioni bibliche, ebrei e cristiani, chiamati le Genti del Libro (ahl al-Kitab) dove il Libro era la Bibbia erano considerati dhimma, cioè la comunità "protetta", o dhimmi, parlando degli individui. Il concetto socio-politico ottomano e il sistema giuridico corrispondente del millet dall'arabo milla, che significa originariamente un gruppo, una setta era basato sulla concezione etnico-religiosa islamica della dhimma, che fu portata dagli ottomani a una formulazione più compiuta come elemento base nella costituzione della nuova società politica islamica. Questo sistema riconosceva, secondo criteri stabiliti, l'identità comunitaria dei vari gruppi etnici, anche se non territoriali, ma con un limite: quello di essere in qualche modo sudditi di seconda categoria, con diritti inferiori rispetto alla umma musulmana. Sebbene simile, per certi aspetti, al sistema legislativo imperiale dell'antica Roma, dove erano riconosciuti anche elementi etnici non territoriali sappiamo questo per certo, almeno per quanto riguarda gli ebrei il sistema ottomano del millet, come i sistemi legislativi musulmani in genere, differisce da questo per la discriminazione tra sudditi musulmani e non musulmani. Nell'antica Roma la cittadinanza veniva acquisita e, anche se non tutti i soggetti dell'impero erano ipso facto cittadini, tutti i cittadini, comunque, erano esattamente uguali di fronte alla legge. Tali discriminazioni parziali, come quelle descritte nelle società islamiche, esistettero tuttavia quasi ovunque nei secoli successivi al collasso del sistema romano classico, anche se in diverse misure e secondo differenti modalità e portarono a persecuzioni periodiche che potevano finire in esecuzioni di massa. A parte questi casi estremi, che prevalsero piuttosto in tempi di turbolenza, guerra e invasioni, è abbastanza evidente che quelle forme di stato e governo avevano essenzialmente una natura teocratica e assolutista, di conseguenza dittatoriale. Non possiamo dimenticare che questi tratti erano comuni, anche se in forme e gradi diversi, a quasi tutti i diversi regimi dell'era pre-moderna della storia umana. Dobbiamo ammonire, inoltre, di non valutare tutte quelle restrizioni né secondo gli standard contemporanei europei/occidentali, il che sarebbe un grave anacronismo, né sulla base di un unico criterio o di punti di vista unilaterali, soprattutto per le seguenti ragioni, a cui poi altre potrebbero essere aggiunte, a seconda che si prendano in considerazione i grandi imperi islamici, specialmente gli Imperi Savafide e Ottomano: a) la proibizione, per esempio, di portare armi e di diventare soldati o guerrieri, applicata a cristiani ed ebrei nelle società islamiche, spingeva i membri di entrambi questi gruppi a sviluppare abilità mercantili che garantirono a molti di loro un livello di vita molto agiato, anche in una percentuale superiore che nella popolazione musulmana; b) gli shah e i sultani facevano qualche volta eccezioni alle leggi restrittive, se non a livello teorico, sicuramente sul piano pratico. Per esempio, alcuni privilegi concessi dallo Shah 'Abbas agli armeni offrirono a questi ultimi migliori opportunità di quelle godute dai musulmani; c) una posizione molto speciale era rappresentata dai Khoja in Persia e dagli Amira nello Stato ottomano, alcuni dei quali avevano importanti posizioni, come consiglieri e amministratori di shah e sultani. Due Sole Identità Nonostante i limiti ora sottolineati, sia delle norme generali islamiche sia di quelle ottoma¬ne, se facciamo un paragone fra quelle norme e l'attuale sistema occidentale di Stato Nazione, nella sua formulazione rigorosa e coerente, è pura onestà intellettuale ammettere che quest'ultimo è in grado di realizzare due soli tipi di identità: o quella che consiste nella citta¬di¬nanza, o quella che deriva dall'appartenenza a una minoranza territoriale, dove con questo termine s'intendono quei gruppi di minoranza che sono fondamentalmente collegati a un territorio ben definito e in esso riconoscibi¬li, come per esempio i baschi in Spagna, i magiari in Transilvania, i sud-tirolesi in Italia, ecc. In tutti gli altri casi che offrono una notevole quantità di tipologie, basate su differen¬ze etniche, culturali, religiose, linguistiche o simili, l'identità di minoranze è riconosciuta, sia nella vita pubblica e nelle istituzioni, sicuramente a un livello di poco o di molto inferiore a seconda della varietà dei singoli casi di quanto lo sia nei sistemi tradizionali islamici sopra menzionati, anche se un trattamento di completa uguaglianza è garantito individualmente cosa che sfortunatamente non è così frequente come ci si potrebbe o ci si dovrebbe aspettare dalle democrazie moderne a tutti i singoli cittadini che appartengono a quelle minoranze. Essere un armeno, un greco o un ebreo, nello stato ottomano, non era una specie di hobby, esprimibile al più in forme associative, come è spesso il caso nella struttura dei moderni Stati-nazione per minoranze non-territoriali; di fatto, l'identità etnica, culturale e religiosa dei vari millet ottomani ufficialmente riconosciuti si realizzava e si esprimeva attraverso istituzioni tipiche ed esclusive, che erano collegate alla semplice esistenza della comunità stessa, indipendentemente da ogni iniziativa contingente personale o di gruppo. I sistemi islamici tradizionali mettono inoltre in luce un'altra realtà molto importante, di interesse fondamentale per il nostro tempo: il fondamentalismo fu estraneo all'Islam tradizionale classico. Questo risulta chiaro dal momento che i dhimmi e i millet avevano le loro proprie leggi e procedure, che non coincidevano con la legge islamica della shari'a. Questo non significa assolutamente che non ci fosse fanatismo nell'Islam tradizionale, così come ce n'era altrove, anche se in misure diverse e secondo modalità differenti. Il fatto è che il fondamentalismo non è semplice fanatismo. Né è sinonimo di "integralismo", che è una tendenza all'interpretazione letterale ed estremamen¬te rigorosa della legge religiosa, ma rimanendo all'interno di una data religione e della sua comunità di fedeli, senza condizionare altri gruppi religiosi; né fondamentalismo è sinoni¬mo della teocrazia medievale classica che si manifestò, come abbiamo appena detto, sia nel mondo musulmano che in quello cristiano; esso è piuttosto una particolare visione teologi¬ca della società, dello Stato, del potere, della sovranità, della legge e di altri concetti correlati. Il fondamentalismo è un concetto moderno e tecnicamente denota quei casi in cui alcune leggi religiose sono applicate a tutti i membri di una data comunità politica, qualsiasi sia la loro religione. In questo senso tecnico il fondamentalismo suppone una concezione della legge come pura forma, un'idea tipicamente occidentale e che ha conosciuto i suoi maggiori sviluppi nell'era moderna, specialmente nella cultura dell'illuminismo e della filosofia kantiana. Come tendenza religiosa, le origini del fondamentalismo moderno si ritrovano in alcune forme particolari del Protestantesimo cristiano che si sviluppò, soprattutto nel Nuovo Continente, nel corso del diciannovesimo secolo e oltre. Normalmente, né i sultani ottomani, né gli shah savafidi imposero la shari'a ai loro sudditi cristiani. Alcune volte il fanatismo portò loro, o i loro rappresentanti o i loro alti funzionari, a cercare di convertire quei sudditi con la forza o semplicemente a perseguitarli, come già detto. Ma è evidente che questo non accadde né ovunque, né sempre. L'Origine del Genocidio Ciò che sto dicendo non è smentito neanche dalla tragedia catastrofica del genocidio armeno. Infatti, la sua concezione e attuazione fu dovuta principalmente all'ideologia nazionalistica panturca/panturanica del movimento modernizzante e occidentalizzante del partito Unione e Progresso, la cui ideologia era ispirata e rozzamente copiata da modelli occidentali, soprattutto francesi. Ben difficilmente infatti l'ideologia teocratica islamica avrebbe concepito una tale aggressione indiscriminata, tranne che nella sua forma più primitiva, comune a tutte le azioni radicalmente aggressive e devastanti del "non lasciare pietra su pietra". Ma questa ultima forma di azione era tipica di momenti di guerra e invasione; inoltre, si verificò, normalmente su dimensioni regionali, in corrispondenza dell'avanzamento di enormi onde di popolazioni emigranti o eserciti invasori e distruttori. Completamente diverso fu il contesto storico nella Turchia anatolica verso la fine del diciannovesimo secolo. Tuttavia, i pionieri occidentalizzanti dell'Unione e Progresso sono stati capaci di progettare e attuare un assassinio di massa, l'assassinio di un millet, in un modo esemplare. Sappiamo anche che proprio il Sheikh-ül-Islam del periodo si oppose alla decisione di "deportare" tutti gli armeni, sulla base di eventuali imputazioni congetturali, giudicando misure generalizzate contro persone innocenti contrarie alla fede e alla legge islamica, e richiedendo di punire coloro la cui colpevolezza venisse comprovata, ma non l'intero popolo innocente. Possiamo riassumere nei seguenti punti ciò che è stato detto sopra, traendo alcune conclusioni, che sono, a mio parere, di estremo interesse per i nostri tempi: 1. il fondamentalismo religioso, che deve essere accuratamente distinto dal semplice fanatismo, dall'intolleranza e anche dall'integralismo religioso e che costituisce una della più grandi e terribili preoccupazioni dei nostri giorni, non deriva dalla natura dell'Islam come tale. Certamente non esisteva nelle forme teoretiche e universalistiche dei nostri giorni, né nell'Impero Savafide, né nell'Impero Ottomano che erano, senza alcun dubbio, entità teocratiche islamiche basate sulla shari'a. Di norma, comunque, tranne che in casi di persecuzione locale violenta o di prescrizioni istituzionali, come nel caso della devshirme, né gli shah né i sultani pensarono di imporre la legge islamica ai loro sudditi non musulmani; 2. la dhimma islamica, e più tardi il sistema dei millet ottomani, anche se limitati nella loro concezione dei diritti umani, tanto che i sudditi non musulmani sono in qualche modo considerati come sudditi di seconda classe, bilanciano questa limitazione con l'esplicito riconoscimento di un'identità di gruppo etno-culturale diversa da quella della maggioranza islamica dominante. Nell'antico occidente classico l'Impero Romano offriva un prototipo simile in cui, tuttavia, tutti coloro che avevano la cittadinanza romana godevano di uguali diritti, a prescindere dalla loro origine etnica, che era nondimeno riconosciuta, anche indipendentemente da un immediato legame territoriale. Questo possiamo affermarlo con sufficiente evidenza almeno per quanto riguarda le comunità ebraiche. Una sintesi tra il meglio dei sistemi imperiali classici "cosmopoliti" e la concezione moderna di cittadinanza piena come è insegnata e praticata negli Stati-nazione di tipo occidentale, che ci ha dato una carta abbastanza ampia di diritti umani, specialmente dei diritti della persona umana a prescindere da ogni eventuale fattore di discriminazione sembra non solo teoricamente possibile, ma anche praticamente confacente all'attuale situazione.

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