Anticipazione del nuovo numero di “Oasis” di prossima uscita

Egitto/ Con la caduta di Mubarak si è aperta una fase complessa e confusa nei rapporti istituzionali: vecchie e nuove formazioni partitiche animano lo spazio pubblico cercando strategie per ricostruire a proprio vantaggio il Paese, mentre l’esercito fatica a cedere il passo.

Questo articolo è pubblicato in Oasis 15. Leggi il sommario

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:35:48

Il 10 aprile 2012, il Consiglio di Stato egiziano ha giudicato incostituzionale la composizione dell’Assemblea Costituente a maggioranza islamista incaricata di elaborare una nuova Costituzione per l’Egitto post-Mubarak. Cinque giorni più tardi, il presidente del Consiglio supremo delle Forze Armate (CSFA), al potere dalla caduta di Mubarak nel febbraio 2011, tornava a chiedere che la nuova Costituzione venisse adottata prima dello svolgimento delle elezioni presidenziali, previste il 23 e 24 maggio 2012, creando scompiglio nella classe politica: come elaborare e sottoporre a referendum una Costituzione prima del 23 maggio, quando a metà aprile le diverse forze politiche presenti sul campo non erano ancora riuscite a trovare un accordo sui criteri di designazione dei membri della Costituente? Si sarebbero veramente potute tenere le elezioni presidenziali nelle date previste? L’esercito avrebbe lasciato il potere prima del 30 giugno 2012, secondo gli impegni presi, in assenza di un Presidente eletto e di un nuovo testo costituzionale? Le incertezze sul futuro del processo di transizione istituzionale sono aumentate quando, il 17 aprile 2012, la commissione delle elezioni presidenziali ha invalidato definitivamente la candidatura di tre fra i candidati meglio posizionati, tra cui uno dei due candidati dei Fratelli musulmani e quello dei salafiti. Dalla caduta del Presidente Mubarak e dal momento del trasferimento dei suoi poteri al CSFA, la fase di transizione istituzionale si è cristallizzata attorno alle questioni costituzionali e ha visto affrontarsi correnti liberali e di sinistra da una parte, e forze islamiste dall’altra. L’esercito, accusato di volta in volta di fare il gioco degli islamisti, organizzando le legislative prima della redazione della Costituzione e poi dei loro avversari, proponendo di adottare dei principi sovra-costituzionali per vincolare la futura Costituente, sembra poco disposto ad abbandonare il potere prima di essersi assicurato un’immunità giurisdizionale, la garanzia del rispetto dei suoi interessi economici e una forma di diritto d’ingerenza. Questa lotta attorno ai temi costituzionali ha scandito gli sviluppi del processo di riforma istituzionale, dall’adozione di un testo provvisorio per governare il periodo di transizione fino ai dibattiti sul contenuto della futura Costituzione permanente e sull’adozione o meno di principi sovra-costituzionali, passando per la definizione della tabella di marcia e della composizione dell’istanza incaricata di redigere la nuova Carta. Una gestione caotica della transizione Il periodo di transizione è caratterizzato da una mancanza di coerenza e consistenza che ha messo in evidenza l’inesperienza della giunta militare in fatto di gestione del potere. Innanzitutto la presa del potere da parte dell’esercito è avvenuta nella più perfetta illegalità: quando l’11 febbraio 2011 il Presidente Hosni Mubarak ha ceduto le sue funzioni rimettendo i poteri al CSFA, secondo la Costituzione avrebbe dovuto essere il Presidente della Camera Bassa del Parlamento o, in caso di scioglimento della Camera, il Presidente della Corte costituzionale ad assicurare l’interim. Giuridicamente l’esercito è dunque giunto al potere con un colpo di Stato militare e la sua legittimità si fonda unicamente sul ruolo, giudicato positivo, che ha svolto durante la rivoluzione. (…) Stato, religione ed esercito Le sfide principali del futuro testo costituzionale ruotano attorno ai legami tra Stato e religione, al ruolo dell’esercito nel nuovo sistema politico e alla divisione dei poteri. Il CSFA ha tentato anche in questo caso d’intervenire nel processo istituzionale presentando a due riprese una lista di principi sovra-costituzionali sui quali sarebbe dovuta poggiare la futura Costituzione, da imporre alla Costituente. Gli islamisti hanno rifiutato tale proposta considerandola un nuovo tentativo di limitare le prerogative della futura Costituente e un ostacolo all’espressione della volontà del popolo da parte di un organo non eletto, e sono scesi in piazza il 29 luglio 2011 e poi il 18 novembre 2011 in segno di protesta. La maggior parte dei liberali e dei partiti di sinistra, al contrario, hanno espresso il proprio sostegno a queste iniziative, nella speranza di vedervi consacrato il carattere civile – e non confessionale – dello Stato egiziano. La maggior parte delle correnti liberali e delle forze di sinistra si sono rassegnate, per realismo o per opportunismo, a conservare nella nuova Costituzione la disposizione che fa dei principi della sharî‘a la fonte principale della legislazione. È vero che in questo momento tale riferimento gode di un consenso generalizzato e che un partito che chiedesse il ritiro di questa disposizione non avrebbe alcuna speranza di mobilitare un numero importante di elettori. Tanto più che questa disposizione, che figurava già nella Costituzione egiziana precedente, non aveva comportato una reislamizzazione del diritto e delle istituzioni poiché l’Alta Corte costituzionale ne aveva dato un’interpretazione molto restrittiva. I liberali hanno tentato di garantire il carattere non islamista del futuro Stato promuovendo il concetto di Stato “civico”, termine confuso e vago, alternativo alla nozione di Stato “laico” o “secolare”, la cui risonanza peggiorativa evoca il concetto di apostasia. Il termine è stato ripreso dal progetto dei principi sovra-costituzionali del novembre 2011. I Fratelli Musulmani si sono dichiarati disposti ad approvarlo a condizione di aggiungervi l’espressione “a riferimento islamico”. I salafiti invece lo hanno rifiutato. Se talvolta viene avanzato il termine “reislamizzazione” (del diritto e delle istituzioni), soprattutto dalle correnti salafite, si constata tuttavia che tutti gli attori hanno accettato di collocarsi sul terreno della legittimità democratica e costituzionale facendo riferimento nei loro discorsi e programmi ai concetti moderni di Stato, volontà nazionale o sovranità popolare, e non a un modello di costituzionalismo islamico senza Stato, né elezioni, né costituzione, né separazione dei poteri. Gli stessi salafiti, che partecipavano per la prima volta alla politica, sembrano accettare le regole del gioco democratico, anche se le dichiarazioni di alcuni dei loro membri fanno temere una volontà reale di reislamizzazione del diritto, delle istituzioni e della società, senza tuttavia che si sappia molto bene in che cosa consisterà. Sarà il tempo a dire se si è trattato di un’adesione puramente tattica ai principi dello Stato moderno e, in particolare, se essi si piegheranno alla regola dell’alternanza del potere in caso di sconfitta alle prossime legislative. Un’altra questione costituzionale fondamentale è il ruolo dell’esercito nelle future istituzioni. Anche se il CSFA aveva sempre proclamato la propria volontà di realizzare gli obiettivi della Rivoluzione del 25 gennaio e la sua determinazione a restituire il più presto possibile i poteri ai civili, non sembrava tuttavia disposto a disimpegnarsi completamente dalla vita politica. Il progetto dei principi sovra-costituzionali del novembre 2011 aveva fatto dell’esercito il garante della legittimità costituzionale e l’aveva posto al di sopra di ogni controllo politico e finanziario, prevedendo che il bilancio delle forze armate non sarebbe stato discusso in Parlamento. Esso attribuiva inoltre al CSFA poteri d’intervento molto rilevanti nel processo di elaborazione della Costituzione, autorizzandolo, in qualità di presidente provvisorio, a opporsi alle disposizioni che avesse ritenuto contrarie ai fondamenti dello Stato e della società egiziana o ai diritti e alle libertà garantiti dalle varie Costituzioni egiziane. L’Assemblea avrebbe avuto quindici giorni per modificare tali disposizioni e in caso contrario la questione sarebbe stata risolta dall’Alta Corte costituzionale. Ancora, qualora l’Assemblea costituente non fosse riuscita a elaborare una Costituzione entro sei mesi, il CSFA avrebbe avuto il potere di nominare un’altra Assemblea costituente. Queste disposizioni erano state respinte dagli islamisti e dai liberali, per timore che i militari ne approfittassero per perpetuare il proprio ruolo politico alla testa dello Stato mettendo al sicuro certe disposizioni fondamentali che li riguardavano. I liberali e i partiti di sinistra sospettavano che l’esercito negoziasse direttamente e segretamente con i partiti islamisti uno status d’immunità giudiziaria per le colpe commesse durante il periodo di transizione. Le dichiarazioni di alcuni leader dei Fratelli Musulmani che si impegnavano a non chiedere conto all’esercito in caso di accesso al potere sono sembrate andare in questa direzione, nonostante siano poi state smentite dalla direzione del partito. Il rimpianto dei liberali L’ultima questione d’ordine costituzionale che divide la scena politica egiziana è quella del regime politico da istituire e della distribuzione dei poteri da stabilire al suo interno. Le posizioni degli uni e degli altri sono sembrate a lungo fluttuanti. Anche se le correnti liberali si sono battute per abolire il sistema presidenziale autoritario istituito dalla Costituzione del 1971, davanti alla potenza dei movimenti islamisti esse sono passate a militare in favore di un regime presidenziale, che avrebbe permesso di evitare che venisse nominato Primo ministro il capo della maggioranza parlamentare. Quanto ai Fratelli Musulmani, essi sembrano finalmente privilegiare un sistema misto, semi-presidenziale, in cui il potere sia condiviso tra il Presidente e il Parlamento. La procedura di revisione della Costituzione e l’esistenza di eventuali disposizioni sottratte al ricorso in revisione sarà un altro punto fondamentale su cui la Costituente dovrà decidere. A un mese dalle elezioni presidenziali, l’Egitto continua a non avere una Costituzione. I candidati alle elezioni presidenziali non sanno quali saranno i poteri del Presidente una volta eletto. Essendo previste per il 23-24 maggio 2012, è sempre più improbabile che una nuova Costituzione possa essere elaborata e adottata per referendum prima delle elezioni presidenziali. Tanto più che il contenuto stesso di questo nuovo testo è oggetto di dibattiti accesi tra le diverse forze politiche. …

Tags