Colpo di stato o processo democratico? La ricostruzione di un giornale egiziano su quanto accaduto il 3 luglio 2013

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:39:11

Per quanto i Fratelli Musulmani abbiano cercato di ingannarsi, la verità è lampante: oltre 30 milioni di egiziani sono scesi in piazza e hanno rovesciato il governo dei Fratelli per volontà del popolo.

Domanda: si può dire che il rovesciamento di Morsi sia stato un’azione democratica? In ogni ordinamento democratico il Parlamento ha il diritto di revocare la fiducia al presidente eletto prima della fine del suo mandato. Nel qual caso il presidente si dimette e si svolgono elezioni presidenziali anticipate. Il compito del parlamento è agire per conto del popolo nell’esercizio della sua autorità. Se il parlamento è vacante, tocca al popolo esercitare la propria autorità da sé. Morsi è diventato presidente grazie al voto di 13 milioni di egiziani, mentre la campagna di Tamarrud ha raccolto 22 milioni di firme per togliergli la fiducia, e più di 30 milioni di egiziani sono scesi in piazza per chiedergli di andarsene.

L’assemblea plenaria del popolo egiziano aveva già deciso la fine del governo dei Fratelli, e al generale al-Sîsî, comandante dell’esercito, non restava che rendere esecutiva la decisione del popolo per salvare l’Egitto da una guerra civile di cui si percepivano le prime avvisaglie. L’esercito non ha dunque compiuto un colpo di stato militare, ma ha eseguito la volontà del popolo in circostanze eccezionalmente complicate che stavano per portare allo sfacelo dello Stato. Il colpo di stato militare – per definizione – è un’azione militare con cui si usa la forza per prendere il potere. Ma l’esercito ha annunciato fin dall’inizio di non mirare al potere, ma di intervenire per attuare la volontà del popolo e deporre un presidente che aveva perso la propria legittimità.

La legittimità di Morsi è venuta meno tre volte: quando ha promulgato una dichiarazione in cui la sua volontà individuale veniva posta al di sopra della Costituzione e della legge e ha blindato un Comitato costituzionale nullo che ha promulgato una Costituzione nulla e il Majlis al-shûrà (la Camera alta del Parlamento egiziano N.d.T.), usandolo come uno strumento legislativo che emanasse le leggi che i Fratelli volevano. La sua legittimità è venuta meno una seconda volta con la caduta di più di cento martiri durante il suo mandato. La terza volta è stato quando milioni di egiziani hanno firmato la petizione di Tamarrud e sono scesi in piazza per sfiduciarlo. La caduta di Morsi, perciò, è un procedimento pienamente democratico. Si è affermata la volontà del popolo ed è caduto il governo dei Fratelli, ma è utile ricordare alcune verità.

Primo: già col referendum del marzo 2011 la Rivoluzione aveva preso una direzione sbagliata ed era stata svuotata della sua energia e allontanata dai suoi obiettivi. Ora gli egiziani si sono ripresi la loro Rivoluzione e hanno costituito il popolo come fonte dell’autorità. È giunto il momento di realizzare gli obiettivi per cui è nata la Rivoluzione. La dirigenza dell’esercito è cambiata, e quella nuova ci ha dimostrato che il suo attaccamento all’interesse nazionale è più forte dell’ossequio alle pressioni internazionali o del suo allineamento all’associazione dei Fratelli. Anche l’apparato di polizia ha assimilato la lezione della Rivoluzione e migliaia di ufficiali si sono rifiutati di intervenire ancora una volta per proteggere un regime dispotico. Tutte le strutture dello Stato si sono unite al popolo per liberare l’Egitto dai Fratelli e hanno stabilito un piano per la transizione democratica in presenza dei rappresentanti delle diverse componenti del popolo: il Papa copto, lo Shaykh al-Azhar e i rappresentanti del movimento Tamarrud e del partito salafita al-Nur. Abbiamo bisogno della concordia nazionale, ma allo stesso tempo non dobbiamo essere indulgenti con quanti agiscono al di fuori dal quadro stabilito dalla legge, e non piegarci ai ricatti di un alcuna fazione politica per quanto forte possa essere la sua influenza. In Egitto non ci sarà cambiamento finché non arriveranno al potere coloro che hanno fatto la Rivoluzione.

Secondo: per trent’anni i Fratelli Musulmani sono stati utilizzati come uno spauracchio per giustificare la dittatura. La logica di Mubarak era che il popolo egiziano non era pronto per la democrazia, e che qualsiasi elezione trasparente avrebbe favorito i Fratelli. E se i Fratelli fossero giunti al governo, nessuno avrebbe potuto rimuoverli. Essi usano infatti l’arma della religione, che influenzerà sempre le menti degli egiziani semplici. Questa logica disprezza il popolo e lo ritiene ignorante e incapace di discernimento e di scelta. Ma quando i Fratelli sono andati al governo, il popolo egiziano ci ha sorpreso con uno dei suoi splendidi miracoli. In un anno soltanto gli egiziani hanno capito la differenza tra l’Islam e l'Islam politico. Hanno scoperto che i Fratelli usano la religione in modo politico e non rispettano i suoi principi e che per loro tutto è lecito per arrivare al potere. Il 30 giugno lo spauracchio dei Fratelli è finito per sempre. L’adunata di 30 milioni di egiziani che si opponevano ai Fratelli mentre facevano la preghiera comunitaria nelle piazze è stata un messaggio lanciato a tutto il mondo per dire che la vera religione non può essere usata per scopi politici, e che nessuno può pretendere di parlare in modo esclusivo in nome della religione. In un certo senso il governo dei Fratelli è stato un esperimento doloroso, ma ha prodotto un beneficio più grande per l’Egitto e per la Rivoluzione svelando a tutti la verità sui Fratelli. Il governo dei Fratelli è stato come un esame obbligatorio rimandato per troppo tempo, e per questo rinvio gli egiziani hanno pagato un prezzo molto alto, visto che il timore dei Fratelli li aveva costretti alla tirannia. Ora il mito dei Fratelli è finito e in futuro, se abbandoneranno la violenza, potranno diventare un partito di destra come tutti i partiti di destra conservatori del mondo.

Terzo: il generale al-Sîsî, comandante dell’esercito, ha probabilmente capito che la dura critica rivolta dai rivoluzionari al Consiglio militare non ha mai diminuito il loro rispetto nei confronti del loro esercito nazionale. Il Consiglio militare precedente continuerà a essere responsabile dei crimini e dei massacri avvenuti durante la sua amministrazione e di cui sono vittime molti martiri. La nostra reiterata richiesta di processare gli assassini dei martiri non ci impedisce però di sostenere l’esercito nella sua fondamentale funazione nazionale nel momento in cui si schiera dalla parte della volontà del popolo. Analogamente, la nostra gioia per il ristabilimento di relazioni buone tra la polizia e il popolo non ci impedirà di chiedere giustizia per i martiri che sono stati uccisi da ufficiali di polizia. Non ci sarà vera riconciliazione nazionale senza giustizia e non ci sarà giustizia senza processi equi per tutti quelli che hanno ucciso gli egiziani o li hanno torturati, siano essi militari o civili.

Quarto: la dirigenza dei Fratelli non si immaginava che il popolo le si sarebbe rivoltato contro con questa velocità. La perdita del potere per volere del popolo è quindi il più grande trauma che essi abbiano subito nella loro storia, ed è per questo che hanno risposto in modo violento. Sanno che Morsi non tornerà al potere, ma mandano i loro seguaci ad aggredire la gente e le istituzioni per creare il caos e permettere al loro alleato Obama di intromettersi col pretesto di calmare la situazione e trarne tutti i vantaggi possibili per loro. Le azioni criminali ripetutamente compiute dai Fratelli e dai loro alleati confermano la loro natura terroristica, nascosta per lunghi anni dalle loro bugie sul rifiuto della violenza. Noi non chiediamo provvedimenti eccezionali, perché la Rivoluzione è nata fondamentalmente per istituire uno Stato di diritto, ma occorre che le strutture dello Stato siano determinate contro quanti terrorizzano gli egiziani e li aggrediscono.

Quinto: al momento del ballottaggio per le elezioni presidenziali tra il rappresentante del vecchio regime Ahmad Shafiq e Muhammad Morsi candidato dei Fratelli, gli egiziani si sono trovati davanti a una scelta difficile e dolorosa. Chi aveva partecipato alla Rivoluzione non avrebbe mai potuto eleggere Shafiq, che era un altro Mubarak. Alcuni si sono astenuti mentre altri hanno votato a favore del candidato dei Fratelli, non per convinzione, ma per impedire il ritorno del regime di Mubarak. Queste persone sono state descritte dal militante ‘Abd al-Halim Qandil in questi termini: «la scelta era tra la vergogna (in arabo ‘âr) di Shafiq, che avrebbe restaurato il regime precedente, e il fuoco (in arabo nâr) dei Fratelli, di cui si conosceva la pericolosità: io preferisco il fuoco al disonore».

D’altro canto, una parte degli egiziani aveva più timore dei Fratelli che attaccamento alla Rivoluzione, e ha dato il suo voto a Shafiq. Per un anno intero i rivoluzionari che avevano votato Morsi o che si erano astenuti sono stati descritti come quelli che hanno fatto andare in rovina l’Egitto e l’hanno consegnato ai Fratelli, ed è stata inventata una formula per denigrarli e deriderli: “quelli che si sono turati il naso” (letteralmente: «quelli che hanno spremuto il limone»). Il sarcasmo non era innocente né privo di secondi fini. Infatti tutti quelli che si sono “turati il naso” sono rivoluzionari, e coloro che li accusano e li deridono sono per lo più dei Fulûl [residui, N.d.T.] del regime di Mubarak, che non disprezzano chi si è turato il naso perché ha votato i Fratelli, ma fondamentalmente perché ha fatto la Rivoluzione. Quanti hanno fatto cadere il governo dei Fratelli non appartengono a un’unica categoria, ma sono di tre tipi: cittadini normali che all’inizio avevano un opinione positiva dei Fratelli, ma sono diventati ben presto vittime dei loro crimini e delle loro bugie, scoprendo che essi si comportano come membri di una banda immorale, irresponsabile e priva di principi. Il secondo gruppo sono i rivoluzionari che provano rabbia e amarezza verso i Fratelli per i ripetuti tradimenti commessi a danno della Rivoluzione per perseguire i propri interessi. E il terzo gruppo sono i Fulûl del vecchio regime che hanno sfruttato la rabbia del popolo contro i Fratelli per risollevare la testa e unirsi alla battaglia contro i Fratelli, ma con obiettivi propri. Il Consiglio militare aveva mantenuto intatto il regime di Mubarak. Poi sono arrivati i Fratelli e hanno deciso, con il loro solito opportunismo, di allearsi con i Fulûl perché li sostenessero nel loro piano per impadronirsi dello Stato. Ma i Fulûl non si sono mai fidati dei Fratelli, e del resto lavoravano per restaurare il regime di Mubarak. I milioni di lire egiziane spesi dai Fulûl del regime di Mubarak per i media hanno giocato un ruolo importante nello svelare i crimini dei Fratelli musulmani e incoraggiare gli egiziani a ribellarsi contro di loro. Ma chi esaminasse con attenzione il discorso di questi media vedrebbe che nella loro guerra lecita contro i Fratelli essi veicolavano un messaggio controrivoluzionario. Le personalità del regime di Mubarak sono tornate alla ribalta, ed esse non sono solo ostili ai Fratelli, ma sono ostili alla Rivoluzione sin da prima che i Fratelli giungessero al potere.

Non è un caso vedere uomini dei media, politici e giornalisti, che avevano opportunisticamente sostenuto Mubarak e beneficiato del suo regime, stare adesso in prima fila nella lotta dell’Egitto contro la banda dei Fratelli. E non è un caso che si siano levate voci che cercano di migliorare l’immagine di Mubarak e del suo regime paragonandola a quella dei Fratelli, e chiedono l’abolizione del termine Fulûl dal vocabolario popolare. Il vecchio regime si rifà una reputazione e fa i suoi calcoli per tornare al potere.

Sono molti i benefici prodotti dalla nostra Rivoluzione. Essa ci ha insegnato a non avere paura e abbiamo imparato che quando il popolo è presente vince. La Rivoluzione ci ha liberati da Mubarak, dal governo militare, dal fascismo religioso, ed è riuscita a riunire gli apparati dello Stato e il popolo contro i Fratelli. È un’opportunità offerta alla Rivoluzione perché edifichi con l’aiuto dell’esercito nazionale uno Stato democratico moderno. Ma mentre prosegue sul suo percorso, la Rivoluzione si trova a fare i conti con due pericoli: il primo è il ritorno dei militari al potere, e il secondo è il ritorno del regime di Mubarak al governo. Il primo pericolo, a mio avviso, è improbabile, perché l’esercito non è interessato al governo, e ha sostenuto il popolo nella realizzazione della sua volontà per puro slancio nazionale. Quanto al secondo, è possibile e vicino. La Rivoluzione dovrà adottare nella nuova Costituzione misure giuridiche e costituzionali che impediscano a quanti hanno oppresso il popolo e partecipato al suo depredamento e alla sua umiliazione di tornare al governo. La Rivoluzione si è sollevata contro la dittatura e la corruzione qualunque siano le loro fonti. Solo la Rivoluzione possiede il progetto dell’avvenire.

La democrazia è la soluzione.

* (Articolo pubblicato su www.almasryalyoum.com l'8 luglio 2013 - Traduzione dall'arabo di Marta Merati - Fondazione Internazionale Oasis)
Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis

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