Nel Paese musulmano più grande del mondo anche il sistema educativo è basato sui cinque principi della “Pancasila”, l’architrave ideologica su cui si regge lo Stato. La Costituzione sancisce il diritto alla libertà religiosa e nelle scuole viene assicurata l’istruzione religiosa così come il rispetto delle diverse identità.

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:36:37

L'Indonesia è il più grande paese musulmano del mondo. Sui circa 235 milioni di indonesiani, l’87,21% sono musulmani; il 6,04% protestanti; il 3,58% cattolici; l’1,83% indù; l’1,03% buddisti e lo 0,31% animisti. Benché i musulmani costituiscano l’ampia maggioranza della popolazione, l’Indonesia non è né uno stato islamico né uno stato secolare. Essa riconosce ufficialmente cinque tra le grandi religioni mondiali: Islam, Protestantesimo, Cattolicesimo, Induismo e Buddismo, che godono  tutte dello stesso trattamento da parte del  governo attraverso il Ministero degli Affari Religiosi. I padri fondatori della Repubblica indonesiana indipendente e i promulgatori della Costituzione del 1945 hanno riconosciuto la pluralità di fedi nel paese. Il preambolo della Costituzione del 1945 afferma che l’indipendenza è stata raggiunta grazie alla benedizione di Dio onnipotente e che lo stato indonesiano si basa su cinque principi: la fede in Un Dio Supremo; un’umanità giusta e civile; l’unità dell’Indonesia; la democrazia, guidata dalla saggezza interiore meditante la consultazione e la rappresentanza; la giustizia sociale per l’intero popolo indonesiano. Sono i cinque principi chiamati Pancasila, l’ideologia di stato e piattaforma comune per i diversi gruppi del popolo indonesiano. Secondo l’interpretazione ufficiale il primo principio, la fede nell’unico e supremo Dio, indica che gli indonesiani sono liberi di praticare ognuna delle cinque religioni ufficialmente riconosciute. L’articolo 29 della Costituzione garantisce esplicitamente la libertà religiosa. Per quanto riguarda la vita religiosa, il ruolo dello Stato è quello di promuovere il rispetto tra gli aderenti a religioni diverse e di realizzare l’armonia intra e inter-religiosa. L’enfasi sul bisogno di solidarietà nazionale e comunitaria ha contribuito a creare una forma mentale e pratica in tutti gli aspetti della vita indonesiana, e in particolar modo nella vita religiosa. Ma come si riflette questa vita religiosa  nel sistema educativo nazionale? Come  dovrebbero comportarsi gli studenti nei confronti dei loro compagni che aderiscono a religioni diverse? Secondo la legge indonesiana sull’educazione del 1989 – emendata nel 2003 – il curriculum di ogni istituzione educativa, dal primo fino al terzo grado, così come il curriculum dell’educazione non formale, dovrebbe includere l’educazione ai Pancasila, l’educazione religiosa e l’educazione civica. L’istruzione religiosa in Indonesia ha due funzioni. La prima è sostenere la religiosità e la cultura religiosa degli studenti. La seconda è promuovere il rispetto tra i seguaci di religioni diverse, l’armonia interreligiosa e l’unità -nazionale. Questa è la dimensione sociale dell’istruzione religiosa, che coinvolge temi come la relazione ideale tra i seguaci di religioni diverse, la relazione tra il pluralismo religioso e l’unità nazionale e il ruolo delle autorità religiose nella mobilitazione delle persone e nella loro partecipazione allo sviluppo nazionale. Essa mira a evitare che la religione generi sentimenti settari tra gli studenti. Tali principi si riflettono nei libri di testo usati nelle scuole indonesiane. Per esempio in un testo di educazione civica per licei [Abubakar et al., 1998] si trova un capitolo dedicato all’“armonia religiosa”. Esso inizia descrivendo le basi legali della vita religiosa in Indonesia: la Costituzione del 1945 e il Decreto dell’Assemblea consultiva del Popolo. Si afferma poi che le relazioni tra i seguaci delle diverse religiose dovrebbero essere improntate al rispetto reciproco, alla cooperazione e alla non-costrizione a una religione in particolare. Lo stesso testo sottolinea inoltre l’importanza dell’armonia religiosa tra i fedeli delle religioni al cui interno si trovano più scuole di pensiero, denominazioni e correnti, al fine di prevenire i conflitti intra-religiosi. Le Parole del Rispetto Gli stessi principi sono messi in evidenza nelle scuole secondarie di primo grado. In un testo per il terzo anno si trova un capitolo specifico sull’armonia religiosa che, tra le altre cose, così recita: «Dobbiamo renderci conto che nella vita in società incontreremo molte differenze tra le persone, incluse le differenze religiose. […] Ogni fedele è libero di praticare la sua religione. Una buona comprensione della religione condurrà all’autocontrollo e al rispetto per le persone di religione differente. Questo atteggiamento e comportamento favorirà a sua volta l’armonia e la tolleranza tra i fedeli di molte religioni diverse. […] Gli esseri umani devono capire che in quanto creature di Dio onnipotente godono di pari dignità» [Santoso et al., 1997]. Un altro testo, sempre per le scuole secondarie inferiori, afferma in un capitolo sulla fede che «ogni persona è libera di seguire qualsiasi religione. Questo è un riflesso del diritto individuale di aderire all’insegnamento di una religione e di praticarlo. La libertà religiosa non è garantita dallo Stato, ma nasce dalla coscienza di ognuno. Perciò non si può costringere qualcuno ad aderire a una determinata religione. Ognuno dovrebbe praticare la propria religione in modo appropriato; i fedeli di religioni diverse sono chiamati a cooperare e a mostrare rispetto reciproco e tolleranza, così che armonia e tolleranza ispirino la vita religiosa della nazione» [Santoso et al., 1994]. Infine, un testo per il primo anno delle scuole secondarie inferiori descrive l’espressione della pietà verso l’unico supremo Dio. Esso afferma che ogni religione ha il suo concetto di pietà nei confronti di Dio onnipotente. Nonostante ciò, tutte le religioni condividono un significato di fondo, che è quello di «obbedire ai comandamenti di Dio e astenersi dal compiere il male». Tutti gli indonesiani  dovrebbero perciò «aumentare la loro pietà verso Dio, così da diventare buoni cittadini» [Yusman 1994]. Per quanto riguarda le scuole elementari, basta citare un esempio di testo usato nella sesta classe. Esso afferma, tra le altre cose che «la vita religiosa dovrebbe essere improntata all’armonia. Ogni aderente a una religione particolare deve rispettare i fedeli delle altre religioni. Un esempio di tolleranza religiosa è il rispetto che si deve a un fedele che sta compiendo i suoi riti o festeggiando una festa religiosa. Non dobbiamo disturbarlo. Dobbiamo anche rispettare i luoghi di culto e mai danneggiarli» [Sartono e Suharsanto 2001]. In breve, in Indonesia si registrano sforzi convergenti per insegnare l’armonia religiosa e la tolleranza attraverso l’educazione. È importante sottolineare che tutti i testi citati non vengono usati unicamente nelle scuole pubbliche, ma anche nelle madrasse, dove, per un certo numero di ragioni, l’insegnamento relativo alla tolleranza e all’armonia non è meno importante. Innanzitutto, dal momento che gli studenti sono implicati nell’interazione sociale con i loro correligionari, devono sapere come interagire con i loro pari di altre religioni al di fuori delle madrasse o nella società nel suo complesso. In secondo luogo, anche tra gli studenti musulmani esistono differenze nel credo e nella pratica religiosa che traggono origine dalla diversa provenienza familiare e sociale. L’Islam indonesiano è lungi dall’essere monolitico. È un Islam plurale, risultato di diverse interpretazioni che hanno dato vita a diverse scuole di pensiero e tradizioni. Esistono per esempio gruppi di musulmani “tradizionalisti”, rappresentati dalla Nahdatul Ulama e “modernisti” rappresentati dalla Muhammadiyah. Perciò c’è un evidente bisogno di tolleranza ed armonia intra-musulmana, che va stabilita e rafforzata attraverso l’educazione impartita dalle madrasse.  Sistema Olandese È importante notare che le madrasse rappresentano di fatto uno sviluppo moderno di istituzioni indonesiane islamiche come i pesantren o i podok (entrambi scuole islamiche elementari tradizionali a Java e Kaliman), i surau (Sumatra occidentale), i dayah e i rang-kang (ad Aceh). Il sistema educativo delle madrasse aveva inizialmente adottato alcuni aspetti del sistema scolastico olandese, introdotto all’inizio del XX secolo. Tuttavia tra il sistema occidentale olandese e quello delle madrasse è rimasta una dicotomia anche dopo l’indipendenza indonesiana del 1945. Le scuole normali erano poste sotto il controllo del Ministero dell’Educazione Nazionale, mentre le madrasse – specializzate per lo più nell’insegnamento religioso – erano collocate sotto gli auspici del Ministero degli Affari religiosi. Nel corso degli anni ci sono stati vari tentativi di integrare i due sistemi. Il più significativo e lungimirante è stato compiuto nel 1975, quando le madrasse furono costrette a offrire altri corsi accanto a quelli di stampo religioso. L’integrazione fu completata con l’applicazione della legge sul sistema educativo nazionale del 1989, che ha posto le madrasse sullo stesso piano delle scuole generali. Il ruolo critico delle madrasse nell’insegnamento della tolleranza e dell’armonia sia tra i musulmani che tra i non-musulmani risulta evidente dalla semplice constatazione della loro consistenza quantitativa. La capacità di reclutamento delle madrasse nel contesto dell’educazione nazionale è molto alto. Secondo le stime più prudenti, alla fine degli anni ’90 le madrasse elementari (madrasa ibtida’iyya), le secondarie inferiori (madrasa tsanawiyya) e le secondarie superiori (madrasa aliya) accoglievano ai rispettivi livelli quasi il 20% dei bambini in età scolare. Non meno importante, i dati per il 1998/1999 mostrano che le madrasse di proprietà delle comunità locali, e quindi private, costituivano più dell’85% di tutte le madrasse dei  tre gradi. Dopo l’11 settembre, cui ha fatto seguito l’intervento militare in Afghanistan, il termine ‘madrassa’ è stato associato al fondamentalismo islamico e al radicalismo. Di fatto le madrasse sono state accusate da alcuni -giornalisti e osservatori di rappresentare il “terreno di coltura” del radicalismo e persino del terrorismo. Mentre questa accusa dovrebbe essere esaminata in profondità nel contesto afghano, è certo che le madrasse indonesiane sono diverse. In questo paese esse sono poste sotto il controllo del governo. Il contenuto del loro insegnamento deve essere conforme ai programmi decisi dal Ministero dell’Educazione Nazionale e come le altre scuole esse sono obbligate a promuovere l’armonia religiosa e la tolleranza. Ecco perché dagli anni ’90 l’Islam indonesiano è stato etichettato da alcuni giornali internazionali come il Time e Newsweek come un «Islam dal volto sorridente», un Islam compatibile con la modernità, la democrazia e più in generale con il mondo contemporaneo. Un ruolo chiave nel radicamento di questo tipo di Islam indonesiano è stato svolto dalla riforma dell’educazione superiore islamica voluta da Mukti Ali, professore di Religioni comparate all’Istituto per gli Studi Islamici di Yogyakarta formatosi alla McGill University di Montréal e già Ministro degli Affari Religiosi dal 1971 al 1978. L’educazione islamica superiore consisteva di 14 Istituti per gli studi islamici (Istituti Agama Islam Negeri: IAIN) e 33 college islamici statali (Sekolah Tinggi Agama Islam Negeri: STAIN). La maggior parte degli IAIN sono stati istituiti tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’70, mentre gli STAIN sono nati come branche delle Facoltà degli IAIN alla fine degli anni ’90. Nel 2002 lo IAIN di Jakarta è stato trasformato in una Università, l’Università Islamica Statale (Universitas Islam Negeri: UIN), la quale ha il compito non solo di insegnare le scienze islamiche, ma anche tutti gli altri rami del sapere: lettere, scienze sociali, scienze naturali.  Tali istituzioni hanno giocato un ruolo molto importante nella trasformazione dell’Islam indonesiano in un Islam basato sulla tolleranza e l’inclusività. I fattori chiave in questo sviluppo includono il cambiamento del ruolo dei pesantren e delle altre istituzioni educative islamiche locali, la modernizzazione continua dell’educazione islamica nel suo complesso e il nuovo corso delle organizzazioni socio-religiose islamiche, passate dall’ambito politico ad uno più culturale.  Almeno a partire dagli anni ’80 i pesantren sono diventati sempre più agenti di sviluppo e cambiamento sociale, attivi nello sviluppo locale e nella promozione della cultura e dei valori civici. Come diversi studi dimostrano, gli IAIN sono stati centrali in questa trasformazione. Gli IAIN, i pesantren e le madrasse formano un’unica costellazione. Gli studenti degli IAIN e i membri delle Facoltà sono per lo più di origine rurale e portano negli IAIN una consapevolezza della loro realtà sociale. D’altra parte, quando fanno ritorno ai loro villaggi, sono in grado di proporre in termini comprensibili ai musulmani delle campagne principi di modernizzazione e sviluppo considerati in passato non conformi agli insegnamenti religiosi. Parità tra i Sessi Inoltre molti ex-studenti degli IAIN sono diventati attivisti nelle ONG e promotori di una trasformazione religiosa, sociale e culturale. Lo scopo delle loro attività e l’influenza a livello rurale sono aumentate fino a includere non solo le questioni religiose ma anche temi come lo sviluppo rurale, la pianificazione familiare, la protezione dell’ambiente, la promozione della democrazia e i diritti umani. Esse includono ambiti che in passato tendevano ad essere trascurati, come la parità tra i sessi e l’informazione sull’AIDS. In modo analogo, il ruolo degli ex-studenti degli IAIN è funzionale alla modernizzazione delle madrasse. Queste sono diventate sempre più centri di educazione generale pur mantenendo le loro radici locali. Tale modernizzazione gioca a favore dell’ipotesi di unificare il sistema secolare e quello delle madrasse sotto l’ombrello di un Dipartimento per l’Educazione Nazionale e trasformare alcuni IAIN in UIN o almeno includere un maggior numero di programmi generali nel sistema degli IAIN. Tale inclusione è diventata nota con il nome di “IAIN con un mandato più ampio”. Mentre gli IAIN rimangono il principale punto di accesso all’educazione superiore per i giovani di origine rurale, la sovrapposizione con il sistema universitario secolare è ora possibile in ragione dell’equipollenza tra madrasa aliya (MA) e scuole secondarie superiori (Sekolah Menegah Atas: SMA), così come sottolineato nella legge sul sistema educativo nazionale. Il ruolo decisivo degli IAIN nella trasformazione dell’Islam indonesiano, sempre più tollerante e inclusivo, deve molto all’approccio seguito nel processo educativo. In particolare l’Islam non viene più considerato solo come religione, ma anche come un fenomeno storico che si è evoluto e adattato a molte società e culture. Viene perciò considerato come una realtà osservabile, suscettibile di essere interpretata anche attraverso un’analisi empi¬rica e razionale. Inoltre un accento particolare viene posto su uno studio comparato delle religioni in grado di promuovere un approccio analitico e generare conoscenza, comprensione e rispetto per le altre religioni. L’auto-critica incoraggia la fiducia in se stessi, la coesistenza, la tolleranza e la disponibilità ad accettare analiticamente, criticamente e non emotivamente le posizioni dell’altro. Inoltre viene promossa e facilitata un’interazione intellettuale, sociale e culturale con l’Occidente e con le altre religioni. L’Occidente non viene più visto come un nemico, ma come un partner nella promozione del progresso. L’enfasi sullo studio comparato della religione è particolarmente importante. In passato il Cristianesimo è stato in una certa misura associato al colonialismo occidentale e a un Occidente a volte ostile. Si tratta di un sentimento che in parte sopravvive a livello popolare. Ma i cristiani costituiscono oggi la seconda comunità religiosa in Indonesia e sono diventati parte integrante della società. Questo ha richiesto un cambio di atteggiamento all’interno della comunità islamica, un processo accelerato dall’educazione in generale e dall’accento posto dagli IAIN/STAIN/UIN sulla coesistenza pacifica.  

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