Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:52:52

«Il sistema di protezione temporanea era stato introdotto per ovviare ad una situazione che si riteneva fosse provvisoria: quella della minaccia di guerra in Iraq. Ma ora che la situazione si è invece degradata diventa urgente escogitare un altro sistema. Altrimenti ci troveremmo impediti a far fronte ai tanti problemi dei profughi iracheni». A parlare è Abdelhamid El Ouali, originario del Marocco e rappresentante dell'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) a Damasco. «Ci aspettavamo durante la guerra prosegue un esodo massiccio, ma questo fenomeno non si è verificato. Anzi, alcuni rifugiati iracheni hanno addirittura sollecitato, dopo la caduta del regime, il nostro aiuto per il rientro. Adesso, si sta verificando di nuovo un movimento contrario molto più consistente del primo». Può fornire delle cifre? Tra 250 mila e 500 mila, contro i 70-80 mila del periodo precedente la guerra. Alcuni sono partiti a causa della mancata sicurezza, altri perché legati al vecchio regime o al partito Baath. Molti intellettuali se ne sono andati per evitare di essere accusati di collaborare con gli americani. Conosco cinque docenti universitari che vivono in una stanza sola qui a Damasco. Quanti casi avete ricevuto finora e quanti fra questi riguardano dei cristiani? Tra dicembre 2003 e agosto 2004 abbiamo esaminato 8.372 casi. La percentuale dei cristiani è in costante aumento. Nell'ultimo periodo, il 50% dei 200 casi che esaminiamo ogni settimana riguardano dei cristiani. Molti, infatti, si sono accorti che l'attuale regime di protezione non serve più di tanto e non vengono più qui. Desiderano ottenere lo status di rifugiato? Sì, giustamente. Soprattutto per quanto riguarda i cristiani. D'altra parte, concedere loro lo status di rifugiato significa incoraggiarli a partire. Ecco perché ritengo urgente trovare una formula che ci permetta di aiutarli con maggiore efficacia. La comunità internazionale deve perciò considerare prioritaria l'instaurazione della pace in Iraq. Perché questa concentrazione in Siria? La Siria non ha chiuso, come altri stati della regione, i suoi confini all'arrivo dei profughi. Il governo, inoltre, chiude un occhio sulla validità dei permessi di soggiorno. Il massiccio arrivo di profughi ha tuttavia provocato un aumento degli affitti e dei prodotti alimentari. Mi chiedo fino a quando l'economia siriana potrà sopportare questa emergenza.