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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:36:31

La visita di Papa Benedetto in Inghilterra e Scozia del settembre 2010, la prima visita di Stato di un Papa nel Regno Unito, è avvenuta in un momento in cui i cattolici, il 10% su una popolazione di 60 milioni, sono turbati dall’influenza, tra i legislatori e i mass media britannici ed europei, di un secolarismo aggressivo. Il Papa è venuto per beatificare John Henry Newman, e la visita gli ha permesso di affrontare a più riprese le preoccupazioni dei cattolici. Lo stesso Newman aveva anticipato “l’infedeltà” dei nostri giorni e dedicato la sua vita a combattere  quello che chiamava “il liberalismo religioso”, e che Benedetto chiama “la dittatura del relativismo”. Nonostante i prevedibili attacchi alla reputazione del Papa e della Chiesa da parte di certa stampa e di taluni ideatori di documentari televisivi, anche i critici hanno dovuto ammettere che la risposta popolare alla visita papale è stata straordinariamente positiva, mentre il morale dei cattolici dopo la beatificazione era alle stelle. L’amichevole accoglienza di Sua Maestà la Regina in Scozia, gli incontri cordiali con l’Arcivescovo Rowan Williams e le parole generose del Primo Ministro David Cameron alla cerimonia di congedo hanno fatto pensare a un “disgelo” in quello che alcuni cattolici vedevano come l’inverno perenne creato dalla Riforma e dall’Illuminismo. I discorsi pronunciati da Papa Benedetto nel Regno Unito saranno molto studiati, dal momento che egli ha affrontato i bisogni e i desideri più profondi di una società che è stata il vivaio dell’ateismo moderno e che è oggi una delle nazioni più culturalmente differenziate ed etnicamente ricche di tutta l’Europa. Il mese successivo alla visita, in occasione dell’Assemblea speciale del Sinodo per il Medio Oriente, il Papa ha pronunciato una meditazione sulla “caduta degli dei”, i falsi idoli dei nostri giorni, identificati con i capitali anonimi, le ideologie terroriste, la droga e il modo di vita propagato dall’opinione pubblica. Ad essi Benedetto ha contrapposto “la saggezza delle fede dei semplici”. Questa fede dei santi era anche la fede di Newman, il quale, nonostante un’intelligenza fuori dal comune, è stato uno dei credenti “semplici” che amavano la Beata Vergine Maria e hanno sempre cercato di essere figli della Chiesa. Il Papa ha richiamato l’attenzione su Newman sia come guida spirituale che come studioso e uomo di profonda preghiera e brillante intelligenza, come pastore d’anime e come uomo che ha capito la visione cattolica dell’educazione. Ma soprattutto Newman è stato un testimone della verità, e questa verità l’ha vissuta con integrità eroica e a costo di grandi sacrifici. Uno dei suoi più grandi contributi è stato approfondire il ruolo essenziale della coscienza umana. La Lettera al Duca di Norfolk, parte della quale viene qui riprodotta, si conclude con un’analisi e una difesa della comprensione cattolica della coscienza. In quanto “voce di Dio” in noi, essa non è un prodotto umano e non è mai distrutta (benché possa essere obnubilata), dalla Caduta dell’uomo. L’elogio che Newman fa della coscienza può sembrare esagerata, per esempio quando propone un brindisi «prima alla coscienza, poi al Papa». Tuttavia ciò che Newman intende è chiaro, perché egli stesso ha precedentemente confutato la falsa interpretazione della coscienza come sentimento o preferenza soggettiva (l’«infelice contraffazione» con cui la maggior parte delle persone intende oggi la coscienza). La ragione per cui brinda prima alla coscienza è che essa rappresenta la libertà dell’uomo di cercare e conoscere la verità. Da buon convertito, Newman era consapevole che la religione riposa su questa libertà. Infatti, se il Papa «parlasse contro la coscienza, nell’autentico significato del termine, commetterebbe un suicidio; toglierebbe la base su cui poggiano i suoi piedi». Infatti, oltre al suo ruolo di guardiano della verità rivelata che trascende la capacità della Ragione, «la sua raison d’être è quella di essere il campione della legge morale e della coscienza».     

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