Educare all’Islam /3. E quando sono le comunità di immigrati a dover affrontare il tema della conservazione e della trasmissione dell’identità originale? Il caso della Gran Bretagna esemplifica un processo ricco di sfide. 

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:36:28

La presenza musulmana nel Regno Unito e nel resto del continente europeo è legata, in epoca moderna, a un’acuta mancanza di mano d’opera nelle economie in rovina dell’Europa del secondo dopoguerra, quando i paesi europei si erano rivolti alle proprie ex-colonie o ai propri ex-alleati per reclutare la forza lavoro necessaria a ricostruire le infrastrutture economiche. Il risultato fu che una porzione consistente di popolazione musulmana, variegata per etnia e cultura, principalmente proveniente dalle aree rurali del Subcontinente indiano, del Medio Oriente e dell’Africa, immigrò verso i centri urbani dell’Europa occidentale altamente secolarizzati. La natura economica di questa immigrazione di massa contribuì a nascondere le conseguenze conflittuali di lungo termine sia per gli immigrati che per le cosiddette società di accoglienza. Inizialmente gli immigrati sembravano voler guadagnare abbastanza denaro da permettersi una migliore qualità di vita e far ritorno nei paesi di origine, mentre i politici delle società ospitanti supponevano ingenuamente che i nuovi “stranieri” sarebbero gradualmente stati assimilati nelle loro norme e valori. Tuttavia, divenne presto molto chiaro che il ritorno nei paesi di origine sarebbe rimasto un sogno irrealizzato. Gli immigrati furono progressivamente raggiunti dalle proprie famiglie diventando residenti permanenti. Intanto le società di accoglienza iniziavano a riconoscere le sfide economiche, politiche e culturali di lungo periodo implicate in tale insediamento. Col senno di poi è facile individuare i fallimenti di molte politiche di gestione degli immigrati musulmani. Si vede ora che il carattere secolare dell’Europa post-bellica ha svolto un ruolo centrale nell’incapacità di affrontare adeguatamente la dinamica religiosa insita nella nuova presenza islamica. La forte presenza di una fede che plasma le identità personali e collettive degli immigrati musulmani fu trascurata ed essi vennero descritti attraverso i concetti di razza o etnia. Ciò è tanto più curioso se si considera che fu completamente ignorato l’impatto sulla nascente diaspora musulmana in Europa di diversi fattori politici e religiosi storicamente usati per definire i conflitti tra l’Occidente e il mondo islamico. Si potrebbe aggiungere a questa lista il trauma causato dal colonialismo europeo sulle comunità islamiche di tutto il mondo, il persistente coinvolgimento diretto dell’Occidente nel dare nuova forma al mondo islamico post-coloniale e le reazioni radicali, provenienti dai movimenti trans-nazionali di revival islamico politicamente motivati, a quello che percepiscono come un Occidente sempre più invadente e oppressivo. Solo i terribili eventi dell’11 settembre 2001 e degli attentati di Londra del 7 luglio 2005 hanno per forza di cose portato la religione e l’Islam al centro del dibattito politico. Si potrebbe dire purtroppo, visto che il dibattito è stato fondamentalmente impostato nel quadro della sicurezza nazionale, dell’estremismo religioso e dell’anti-terrorismo piuttosto che come una questione fondamentalmente legata alle politiche socio-economiche ed educative. I musulmani europei sono sempre più visti come il “nemico interno” e una minaccia reale all’esistenza stessa dei valori occidentali e della democrazia. I musulmani del Regno Unito sono circa 3 milioni, più del 3% della popolazione totale. Essi sono perlopiù originari dell’Asia meridionale e prevalentemente musulmani sunniti appartenenti a due grandi tradizioni revivaliste della regione: l’austera tradizione riformista deobandi e i movimenti spirituali barelwi.  La prima generazione, soprattutto uomini adulti per la maggior parte provenienti dalle aree rurali dei paesi d’origine, possedeva una religiosità islamica tradizionale non necessariamente supportata da un’elevata cultura religiosa. La necessità di un’educazione islamica iniziò a porsi seriamente alla prima generazione quando gli uomini vennero raggiunti dalle famiglie e dai figli. Progressivamente l’identità e i valori religiosi di questi ultimi divenne una priorità. Nonostante il fatto che la maggior parte dei musulmani vivesse in quartieri separati di grandi città come Londra, Birmingham, Manchester e Bradford, l’impatto della cultura secolare fu considerato una minaccia all’identità delle giovani generazioni. Naturalmente i musulmani si rivolsero alle autorità religiose dei rispettivi paesi d’origine per organizzare istituzioni educative islamiche, formali e informali, come moschee e centri comunitari per garantire alla vita dei figli una continuità religiosa e culturale.  Le Sfide del Cambio di Generazione Così i genitori della prima generazione fecero proprio il “mito della continuità”, creando narrazioni e istituzioni che legassero i figli ai costumi religiosi e culturali in vigore nei sistemi educativi dei paesi d’origine. E i movimenti islamici trans-nazionali sono stati spesso i primi a cogliere tale opportunità offrendo il sostegno finanziario necessario a costruire moschee e a importare gli imam che avrebbero garantito quella continuità. La maggior parte dei leader religiosi che gestivano le istituzioni educative non possedevano una padronanza dell’inglese tale da poter comunicare con le giovani generazioni di musulmani, che avevano cominciato a usare questa lingua piuttosto dell’urdu come mezzo privilegiato di comunicazione. Inoltre, fatto ancora più decisivo, la maggior parte degli imam non solo non aveva competenze didattiche adeguate ma era  priva delle capacità pedagogiche di base essenziali per l’effettiva organizzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento dell’Islam all’interno del contesto britannico. In molti casi l’educazione e l’istruzione religiosa in moschee e madrase hanno  mostrato forti accenti di indottrinamento e di trasmissione del sapere incentrati sull’autorità del maestro. Una delle prime ricerche condotte per studiare l’impatto dell’attività educativa islamica di istruzione/trasmissione sulla soggettività religiosa dei musulmani britannici scoprì la presenza prevalente di religiosità rigide e intransigenti tra i giovani musulmani britannici [Sahin 2005].  Di fatto lo stesso studio concludeva che la maggior parte dei giovani musulmani si rivolgevano sempre più ai gruppi revivalisti operanti a livello internazionale e politicamente connotati, pronti a sfruttarne la vulnerabilità. Molti giovani musulmani, in particolare, si sentivano sempre più estranei alla cultura religiosa tradizionale ricevuta a casa o alla moschea e respinti dalla più ampia, ma escludente, società secolare. Alla fine degli anni ’80 e ’90 le disuguaglianze economiche, la discriminazione, la bassissima mobilità verso gli strati più alti della società unita alla crescente islamofobia, hanno accresciuto questo senso di alienazione. Il multiculturalismo britannico, paragonato al più apertamente assimilazionista modello francese, risulta più conciliante nei confronti della domanda religioso-culturale delle minoranze etniche. Tuttavia, sviluppi più recenti mostrano che entrambi i sistemi non sono più in grado di contenere, né tantomeno di affrontare la crescente sfida musulmana in Europa. Nel loro complesso, le politiche sociali multiculturali nel Regno Unito hanno permesso alla tradizionali pratiche educative islamiche di esercitarsi senza grosse restrizioni quanto alla qualità educativa e senza mettere in dubbio la rilevanza delle identità religiose del resto della società.  Di fatto alcune scuole islamiche indipendenti sono state parificate a quelle statali (volontariamente aiutate o controllate) dovendo così seguire per legge i curricula nazionali. Tuttavia, mentre queste scuole offrono un adeguato livello educativo generale, che comprende anche l’educazione civica, l’educazione islamica rimane impartita da personale impreparato e la sua qualità non viene sottoposta alla valutazione. Non solo, ma la maggior parte di queste scuole sembra non volersi dedicare in maniera adeguata all’insegnamento multi-religioso e non confessionale della religione, secondo il singolare modello di insegnamento delle tradizioni religiose all’interno del curriculum secolare. Tra le materie insegnate nelle scuole convenzionali, l’educazione religiosa è cruciale per permettere ad allievi di diverse fedi o privi di un retroterra religioso di imparare i valori e le credenze gli uni degli altri [Sahin 2010]. Questo tipo di educazione religiosa è percepita da molti educatori musulmani come laica, e perciò in conflitto con l’educazione islamica. Questo atteggiamento negativo ha purtroppo impedito a molti giovani musulmani di diventare insegnanti di religione e di svolgere così un ruolo decisivo nell’affrontare i bisogni religiosi e pastorali della maggioranza dei bambini musulmani che frequentano le scuole convenzionali. Allo stesso modo, i “seminari” Dâr al ‘ulûm, che formano le guide religiose, sono strettamente collegati alle loro istituzioni-madre nel Subcontinente indiano e ne replicano praticamente il tradizionale curriculum di base noto come Dars-e Nizâmî, con metodi di insegnamento che consistono principalmente nella memorizzazione.  Istituzionalizzare l'Educazione Islamica in un Contesto Secolare Non disponiamo di sufficienti ricerche empiriche su tali istituzioni, ma la maggior parte di esse segue le più ampie strutture istituzionali deobandi o barelwi, dalle quali escono in media quasi 200 diplomati l’anno. Considerato il numero limitato di moschee nel Paese, è difficile che tutti questi diplomati vengano impiegati come imam. Il risultato è che la maggior parte di essi finisce per lavorare in scuole-moschea esterne in cui i musulmani trascorrono due ore al giorno durante i semestri scolastici. Al pari degli imam, questi diplomati sono spesso sottopagati e devono sopportare difficili condizioni lavorative. Forse la sfida principale che i seminari musulmani devono affrontare è il loro mancato riconoscimento, finora, da parte dalle autorità educative del Regno Unito, ciò che impedisce ai diplomati di accedere ai principali percorsi di formazione professionale o accademica, come i corsi per la formazione di insegnanti, dal momento che al loro titolo non è riconosciuta l’equipollenza con la laurea di primo livello. Oggi esiste inoltre un numero crescente di istituzioni islamiche di studi superiori che rilasciano diplomi di Studi Islamici nel Regno Unito. Anche se alcuni di questi diplomi vengono riconosciuti dalle università, il carattere di tali istituzioni riflette spesso le particolari filosofie educative dei movimenti islamici di rinnovamento o riforma e il loro approccio specifico all’educazione islamica. Il paradigma dell’islamizzazione della conoscenza è una prospettiva ampiamente nota dell’educazione islamica, messa in pratica a livello di istruzione superiore in alcune zone del mondo islamico come la Malaysia o il Pakistan.  In Gran Bretagna i musulmani, così come le altre minoranze religiose, stanno esercitando il loro diritto democratico di creare istituzioni educative islamiche. Tuttavia ciò che manca è la formazione di un approccio professionale all’educazione islamica. Non ci sono criteri di valutazione in grado di guidare la formazione e la pratica degli educatori islamici e degli imam che operano all’interno della società britannica, multi-religiosa e secolare. Mentre i musulmani sono sempre pronti a sottolineare le interpretazioni sbagliate dell’Islam contenute nei testi delle scuole britanniche o europee, praticamente non  è stato effettuato alcuno studio critico che analizzi i curricula e i materiali utilizzati per l’insegnamento delle scuole e dei seminari musulmani in Europa. Se la pratica dell’educazione islamica non viene ripensata da un punto di vista teorico, sarà difficile pensare che il soggetto acceda a uno sviluppo maturo della propria fede e contribuisca alla più ampia coesione sociale e comunitaria. Il miglioramento delle istituzioni educative islamiche rimane cruciale per un progressivo sviluppo delle autorità religiose locali e della leadership religiosa in Gran Bretagna. Ciò, a sua volta, aiuterà la comunità a individuare precocemente i segnali di una religiosità islamica estremista e malata, e a offrire affidabili strategie basate sulla fede per contrastare l’estremismo e il radicalismo. In questo modo la comunità islamica si farà carico dell’effettiva gestione di un problema che riguarda la società nel suo complesso. Senza le competenze necessarie per un intenso impegno culturale, è difficile vedere come i musulmani sapranno raccogliere le sfide che li aspettano. Promuovere una presenza islamica matura nel Regno Unito e in Europa esige lo sviluppo e l’articolazione di ragioni comprensive dei valori e della tradizione islamica nel nuovo contesto. La generazione più giovane dei musulmani è ben consapevole di questa svolta verso un impegno culturale islamico a tutto tondo e la desidera. Una svolta che richiede strumenti ermeneutici per interpretare e comprendere gli insegnamenti islamici fondamentali e la tradizione successiva nella speranza di produrre una significativa risposta islamica. L’emergere di istituzioni educative islamiche in grado di esprimere competenze pedagogiche e immaginazione teologica adeguate sono vitali per raggiungere questo scopo. Il ripensamento del significato dell’essere educati islamicamente nelle odierne società religiosamente e culturalmente plurali e secolari inizierà dalla riappropriazione del nucleo, sia spirituale/devozionale che critico/dialogico, dell’immaginario educativo islamico, la tarbiyya, suggerito dalle principali fonti islamiche, il Corano e la Sunna. Solo allora sarà possibile sviluppare un nuovo approccio all’educazione islamica non limitato dalla rigidità ideologica e da intenti reazionari del mondo islamico post-coloniale che faciliti l’emergere di una matura umma di musulmani europei   Bibliografia  Abdullah Sahin, The contribution of Religious Education to social and community cohesion; An Islamic -Educational perspective, in Michael Grimmitt (a cura di), Religious education and social and community cohesion: An exploration of challenges and opportunities, McCrimmons, Great Wakering 2010, 134-165.  Abdullah Sahin, Exploring the religious life-world and attitude toward Islam among British Muslim adolescents, in Leslie J. Francis et al. (a cura di), Religion, education and adolescence: International empirical perspectives, University of Wales Press, Cardiff 2005, 164-185.

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