Nell'epoca del terrorismo globale la necessità di assicurare lo svolgimento della vita sociale e di proteggerla dall'attacco esterno rischia di limitare il godimento di quegli stessi diritti che si vogliono tutelare.

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:50:44

La necessità di garantire la sicurezza dei cittadini può mettere a rischio il godimento dei diritti fondamentali e le garanzie di libertà? La risposta a questa domanda è di attualità, perché sollecita a ricercare e definire un criterio di giudizio per valutare se e in quali limiti siano legittime misure restrittive di quei diritti, adottate per contrastare il terrorismo. Ma la stessa domanda ha una consistenza che supera l'attualità, perché consente di comprendere meglio l'essenza dei diritti e delle libertà fondamentali. Difatti, se i diritti fondamentali costituiscono un patrimonio giuridico della persona, che non è attribuito dallo Stato, ma che deve essere riconosciuto e garantito da ogni ordinamento giuridico come inerente alla dignità dell'uomo, come possono quei diritti venire limitati o ristretti senza ferire la dignità stessa della persona? Ancora, diritti comunemente qualificati come inviolabili possono essere limitati e ristretti, senza che ciò determini una loro lesione? E se questi diritti sono inalienabili, come può essere giustificato uno scambio tra maggiore sicurezza e restrizioni nel godimento dei diritti? L'interrogativo iniziale si moltiplica e può essere sviluppato in una serie di ulteriori quesiti, che aprono la prospettiva di una antitesi tra il pacifico esercizio dei diritti fondamentali e le esigenze di sicurezza. La necessità di assicurare l'ordinato svolgimento della vita sociale e di proteggere quei diritti dall'attacco di chi non li riconosce, e anzi combatte con la violenza terroristica le società che li pongono a base della vita sociale, potrebbe condurre a limitare il godimento proprio dei diritti che si vogliono garantire.

Con il paradosso che la difesa dei diritti può portare alla loro violazione o, quanto meno, a restringerne il libero esercizio. Queste considerazioni propongono, in termini nuovi, questioni da tempo dibattute con riferimento a situazioni che determinano uno stato di necessità per la sicurezza pubblica, tale da giustificare misure eccezionali: per difendere la Costituzione da aggressioni interne, compiute mediante atti rivoluzionari, o per difendere lo Stato da aggressioni esterne, compiute con azioni di guerra. La novità nell'attuale esperienza è offerta dal terrorismo strutturato e sistematico, che si propone come strumento di un conflitto armato non territoriale, e opera al di fuori delle tradizionali azioni belliche, senza osservare le regole che anche la comunità internazionale prevede per la guerra. Ciò pone a rischio l'ordinario svolgimento della vita sociale e tende a colpire la comunità e le istituzioni degli ordinamenti democratici, che comprendono come elemento essenziale la protezione dei diritti fondamentali. Il turbamento dell'ordine costituito, che si verifica nella realtà in queste situazioni straordinarie, giustifica quelle sole misure eccezionali che siano necessarie per salvaguardare la comunità, preservare le istituzioni, garantire la vita, l'integrità e la sicurezza dei cittadini.

Tuttavia la giustificazione delle misure eccezionali si colloca su di un terreno scivoloso, che rischia di condurre non alla salvaguardia, bensì alla rottura della costituzione, e a pregiudicare i diritti fondamentali che essa garantisce e protegge. Perché non si verifichi questo esito negativo, è necessario che le misure adottate siano rigorosamente circoscritte nel tempo e nei contenuti. Possono derogare al sistema e alla disciplina ordinaria solo per la durata di una emergenza, che per sua natura è temporanea, e se l'emergenza non è altrimenti fronteggiabile. Ogni misura che limiti il godimento di diritti fondamentali ne deve salvaguardare sempre il nucleo ristretto ed essenziale; inoltre si deve trattare di una misura necessaria per contrastare uno specifico e concreto pericolo di aggressione ai beni essenziali da proteggere, e la misura adottata deve essere proporzionata alla gravità del pericolo e dell'aggressione. A questi requisiti sostanziali si aggiungono altre garanzie di carattere formale. L'adozione delle singole misure non può essere disposta nell'esercizio di un potere privo di bilanciamenti e di controlli. Si deve trattare di misure previste per legge, la cui applicazione può essere sottoposta al controllo di un giudice indipendente dal potere che dispone e attua le misure restrittive. Non tutti i diritti fondamentali sono suscettibili di limitazioni che trovino queste giustificazioni. Non può essere imposto in nessun caso il sacrificio della vita e della integrità fisica della persona, che costituiscono beni supremi e non recuperabili. Ma ugualmente difficile è immaginare che possano essere giustificate misure che incidano sulla inviolabilità morale della persona: sulla sua identità, sulla sua dignità, sulla libertà di coscienza e di religione, sulla libertà di pensiero, sulla eguaglianza di fronte alla legge, sulla responsabilità penale personale e sul diritto a un giusto processo nel quale siano assicurate le garanzie della difesa.

Considerazioni in parte diverse possono essere fatte per i diritti che riguardano le relazioni della persona. In quest'ambito le situazioni di emergenza possono giustificare determinate, ragionevoli e temporanee restrizioni all'esercizio di alcuni diritti: alla libertà di circolazione, di riunione e di associazione, alla segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni, alla riservatezza nella sfera personale e privata, sino alle restrizioni della libertà personale ammesse nel caso siano commessi reati. Occorrono, tuttavia, garanzie tanto più incisive quanto più invasive sono le restrizioni, a evitare che l'emergenza sia l'occasione per misure che vanno oltre quanto è strettamente indispensabile per la finalità che le giustifica, o che non sono assistite dalle garanzie formali che devono essere previste per la loro applicazione. La distinzione tra diritti che riguardano la persona nella sua consistenza fisica e morale, e diritti che riguardano la sua vita di relazione, i rapporti con gli altri e la pur essenziale dimensione della socialità, non introduce una gerarchia tra diritti fondamentali. Piuttosto mette in evidenza una differenza nella struttura di questi due gruppi di diritti. Nel gruppo di diritti che riguardano la stessa consistenza della persona ogni limitazione si manifesta come violazione del diritto e non solo come limitazione del suo esercizio. Nei diritti che incidono sulla vita di relazione le restrizioni, se adottate secondo i principi di proporzionalità e di ragionevolezza, limitano e comprimono l'esercizio del diritto, ma non lo sopprimono. Le considerazioni sommariamente svolte non sono il frutto di una astratta elaborazione, ma rispecchiano la formulazione di principi comuni ad atti e convenzioni internazionali che enunciano e proteggono i diritti umani. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (1948), nell'offrire un catalogo essenziale dei diritti fondamentali, stabilisce in via generale che «nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ciascuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica» (art. 29).

Una più chiara formulazione degli stessi principi è contenuta nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (proclamata in occasione del Consiglio europeo di Nizza nel 2000), ispirata ai valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili, che stabilisce: «Eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconoscciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui» (art. 52). I diritti fondamentali e le garanzie previste per essi devono trovare generale applicazione, in rispondenza alla vocazione universale che li caratterizza. Non possono essere esclusi dal godere dei diritti fondamentali neanche coloro che non li riconoscono, non li garantiscono agli altri e anzi li combattono. La titolarità e l'esercizio dei diritti di libertà non possono essere condizionati dal rispetto che altri abbiano per gli stessi diritti, facendo così venir meno la caratteristica essenziale della loro inviolabilità. La libertà deve essere invece assicurata anche ai nemici della libertà. Altrimenti perderebbe il carattere di assolutezza, per divenire relativa e condizionata, venendo a dipendere da elementi contingenti ed estranei alla persona titolare del diritto. L'universalità e la assolutezza dei diritti fondamentali esigono, anzi, che se ne imponga il rispetto anche a chi non li riconosce, rendendo legittimo l'intervento della comunità internazionale nei confronti degli Stati che li violano. Non si può, quindi, ammettere che il godimento dei diritti e delle libertà fondamentali dipenda dalla reciprocità del riconoscimento e che ne restino esclusi i cittadini di Paesi che non riconoscono gli stessi diritti e non applicano eguali garanzie.

Ciò condurrebbe a uniformare al minimo, e in qualche caso a escludere del tutto, il livello di protezione, mentre il costante orientamento di ogni convenzione internazionale in materia di diritti fondamentali ammette invece, e tende a sollecitare, una protezione più estesa di quella che la stessa convenzione prevede come livello minimo di protezione. Rifiutato il criterio della reciprocità, come condizionante per il godimento dei diritti fondamentali, si dovrebbe affermare piuttosto il principio della loro espansione. L'essere questi diritti innati, patrimonio giuridico ineliminabile della persona, non consente una loro restrizione che rifletta limitazioni poste in altri ordinamenti, ma impone anzi che gli stessi diritti si espandano in ogni ordinamento, affermando il loro carattere universale. In conclusione, possiamo rispondere alla domanda dalla quale siamo partiti, affermando che l'alternativa sicurezza o diritti fondamentali è un falso dilemma. Sicurezza e garanzia dei diritti e delle libertà non possono essere messe in contrapposizione. Si tratta, piuttosto, di due beni non disgiunti e anzi reciprocamente complementari. Se venissero meno i diritti fondamentali, verrebbero meno anche le garanzie della sicurezza personale, suscettibile di essere posta a rischio dall'esercizio arbitrario del potere. Se venissero meno le condizioni di sicurezza nella vita della persona e della comunità, sarebbe posto a rischio il pacifico esercizio dei diritti fondamentali. Sicurezza e garanzia dei diritti si cumulano, dunque, e sono complementari nell'assicurare in concreto il libero svolgersi della personalità di ciascuno.

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