È la diva della porta accanto, conosciuta in tutto il mondo arabo grazie a un canale televisivo per bambini. Ma è anche la cantante impegnata che invita a non “chiudere le finestre” di fronte al dramma della sua Siria ed è convinta che le ingiustizie passano, mentre l’arte che le condanna resta.

Ultimo aggiornamento: 18/03/2024 12:45:12

Per la nostra ultima puntata di T-arab scegliamo una voce femminile contemporanea che tutti conoscono nel mondo arabo, anche se magari non ne hanno davvero coscienza: quella di Rasha Rizk. Vediamo perché.

 

Rasha nasce a Damasco nel 1976 e già all’età di due anni la si sente cantare. Incoraggiata dalla famiglia, a nove anni inizia a esibirsi in pubblico nei coretti di una piccola scuola cristiana e successivamente studia sotto la guida del professore Naim Hanna, distinguendosi subito per le sue doti canore. Dopo aver abbandonato gli studi di economia all’Università di Damasco, completa a distanza gli studi in letteratura francese alla Sorbona, e nel 2002 consegue il diploma musicale all’Istituto Superiore di Musica di Damasco, rimanendovi poi per molti anni come professoressa di canto lirico e collaborando con l’Orchestra Nazionale Siriana.

 

Nel frattempo, fonda alcuni gruppi con i quali compone i suoi primi pezzi originali: i Laser, gli Horizon e il quartetto ItarShameh, in collaborazione con suo marito, il chitarrista Ibrahim Sulaimany.

 

La sua fama è legata però alla casa di produzione Markaz al-Zuhra, proprietaria del canale televisivo per bambini Spacetoon, nella quale Rasha lavora dal 1995, prestando il suo talento a decine di sigle di cartoni animati e doppiando alcuni dei loro personaggi (permettetemelo: proprio come la nostra Cristina d’Avena). È sua la voce che accompagna le immagini di cartoni come Detective Conad, Remi, Simba, Digimon, Pokemon, Doraemon, Anastasia, e Cenerentola, canzoni scolpite nella memoria di bambini e adulti di tutto il mondo arabo (come  ben spiegato qui).

 

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Sarebbe però ingiusto ridurla a “leggenda dei bambini” (ustūra al-atfāl). Piuttosto, Rasha è “artista delle diverse voci” (fannāna al-aswāt al-mukhtalifa), per la sua ecletticità vocale.

 

La sua formazione è prima di tutto operistica. Con la sua voce soprano ha interpretato il ruolo della prima strega nell’opera Didone ed Enea di Purcell, Jumana nell’Ibn Sina di Borstlap, Micaela nella Carmen di Bizet, Susanna nelle Nozze di Figaro di Mozart, Nancy nella commedia musicale Oliver Twist (qui nella rappresentazione sottotitolata in arabo a Damasco), e molto altro.

 

La cantante conta infatti centinaia di concerti internazionali in cui si è cimentata in diversi generi musicali: repertori di musica araba classica allo storico Festival di Beiteddine; pezzi jazz ai neonati Festival Jazz nel Golfo; brani barocchi con il gruppo Contrasto Armonico o lieder con i pianisti siriani Ghazwan Zerekli e Chaden Yafi.

Come tutti i siriani, dal 2011 la sua vita è stata però stravolta. 

 

Poco dopo l’inizio della guerra civile, Rasha lascia il suo Paese, preoccupata per l’incolumità di sua figlia e per eventuali divieti che le impedissero di lasciare la Siria in seguito. Si trasferisce prima in Egitto e poi in Libano, sperando di poter tornare presto a Damasco. Poiché la guerra non pare prossima alla fine, decide successivamente di incominciare una nuova vita a Parigi: la nota soprano Caroline Dumas la accoglie come allieva all’École Normale de Musique. Un’occasione preziosa, per quanto Rasha passi da personalità illustre del conservatorio di Damasco ad allieva anonima, vivendo inoltre una spiacevole (quanto frequente) impasse amministrativa legata ai suoi documenti, che non le permette di muoversi liberamente e accettare altre collaborazioni artistiche.

 

La ritroviamo, nel 2016, spiccare tra i 65 membri dell’Orchestra sinfonica di siriani in esilio. Gli anni lontani dalla Siria l’hanno segnata: in questa intervista ragiona su come sia cambiata la sua musica dopo le primavera arabe, divenendo più libera e meno stereotipata, più politica e universale; su quanto la musica l’abbia aiutata nel suo esodo; sulla sua identità come donna, araba e rifugiata a Parigi; esprime inoltre l’evidente difficoltà di comprendere la situazione di chi è rimasto in Siria (alcune sue opinioni sulla gestione dei campi rifugiati hanno suscitato polemiche) e sottolinea la fecondità dell’incontro tra tanti stili e voci diversi.

 

Ma il vero ritorno avviene nel 2017: Rasha Rizk incide Malak (qui in una recensione particolarmente interessate), che le vale due candidature ai Grammy Awards. Un disco che getta finalmente luce anche sulla sua produzione discografica passata: i suoi tre album precedenti l’hanno portata a registrare negli studi di Abbey Road e sono stati utilizzati come colonna sonora dalla registra libanese Nadine Labaki, con brani notevoli come Mreyte ya Mreyte nel film Caramel (2007) e Yumkin Law nel film E ora dove andiamo? (2011).

 

Malak, però, è qualcosa di nuovo: si tratta di nove canzoni, alcune scritte quando ancora viveva in Siria, che affrontano le conseguenze distruttive della guerra civile, dando volti e nomi al suo popolo, in una sorta di doveroso tributo alla sua gente.

 

La canzone di oggi è Sakro Shababik (“Chiudete le finestre!”, qui in una versione orchestrata), la più  celebre del disco, con milioni di visualizzazioni, che lei stessa definisce un messaggio: non si può rimanere neutrali di fronte al conflitto siriano; non si possono chiudere le finestre e pensare che tutto vada bene così, che nulla possa né debba cambiare.

 

Rasha è la diva della porta accanto, una voce familiare e amata che, nell’era dell’immagine, ha finalmente acquisito un volto per i nostalgici degli anni ’90 e 2000: durante le misure di confinamento Covid-19 i suoi celebri brani rivisitati in versioni casalinghe e intime hanno fatto furore su Instagram; Rasha è la primadonna che, con costanza, lascia un commento incoraggiante alle giovani cantanti che caricano su YouTube una cover dei suoi brani; è “l’ugola d’oro” che chiede ai fan di partecipare ai suoi video per poi menzionarne uno a uno nei titoli di coda e che domanda ai suoi sostenitori di non usare parole che feriscano chi commenta su YouTube disprezzando la sua musica, nel rispetto del loro diritto di esprimere un’opinione libera.

 

Rasha Rizk è un’ispirazione, sia essa nei panni di una cantante lirica, nelle sigle di Holly e Benji, nelle canzoni classiche arabe o nella sua anima più jazz e pop; e soprattutto nella sua convinzione che le ingiustizie passano, mentre l’arte che le condanna, resta.

 

 

Canzone: Sakrū al-Shabābīk

Artista: Rasha Rizk

Anno: 2017

Nazionalità: Siria

 

 

Scorri verso il basso per leggere il testo tradotto in italiano e l'originale arabo.

Qui tutte le precedenti puntate.

 

 

Chiudete le finestre!

 

Non dite al vento,

– se è tutto a posto, agli occhi di chi se la passa bene[1] – «Fermati, o vento!»

Non dite alla luce, «ma perché…, però…, e se…»

Tranquillo, aspetta un attimo, finché non cambi il tempo[2] (x2)

 

Statevene così, lasciate ogni cosa al suo posto

che le idee restino idee, e che Dio ci preservi fino a domani![3]

Statevene così, lasciate ogni cosa al suo posto

che le idee restino idee e che Dio ci preservi fino a domani!

 

Chiudete le finestre, sbarrate le porte

Attenti! Che l’aria potrebbe letteralmente farvi volare via, letteralmente!

Abbassate le tende, serrate bene gli occhi,

Dormi tranquillo, va tutto bene, va tutto bene!

 

Non dite alla voce

«Ti scortichiamo a frustate! Non alzarti troppo!», «Noi non abbiamo un leader!»

Non dite al sole

«Non sorgere! Parlaci in sussurri! Non abbiamo più occhi, non abbiamo occhi (per vederti)!»

 

Statevene così, lasciate ogni cosa al suo posto

che le idee restino idee e che Dio ci preservi fino a domani!

Statevene così, lasciate ogni cosa al suo posto

che le idee restino idee e che Dio ci preservi fino a domani!

 

Chiudete le finestre, sbarrate le porte

Attenti! Che l’aria potrebbe letteralmente farvi volare via, letteralmente!

Abbassate le tende, serrate bene gli occhi,

Dormi tranquillo, va tutto bene, va tutto bene!

 

Chiudete le finestre, sbarrate le porte

Attenti! Che l’aria potrebbe letteralmente farvi volare via, letteralmente!

Abbassate le tende, serrate bene gli occhi,

Dormi tranquillo, va tutto bene, va tutto bene!

 

Statevene così, lasciate ogni cosa al suo posto

che le idee restino idee e che Dio ci preservi fino a domani!

 

Statevene così, lasciate ogni cosa al suo posto

che le idee restino idee e che Dio ci preservi fino a domani!

 

Chiudete le finestre

Chiudete le finestre

Chiudete le finestre

Chiudete le finestre

 

Soffia, o vento!

Splendi, o luce!

Alzati, o voce, sopra ogni voce!

Sopra ogni voce!

Sopra ogni voce!

 

 

 

سكروا الشبابيك

 

لا تقولوا للريح

لو كان كل شي منيح

بعيون المستريح

وقفي يا ريح
لا تقولوا للضو

ليش بس ولو

استنيت شوي

لتغيّر الجو

 

لا تقولوا للريح

لو كان كل شي منيح

بعيون المستريح

وقفي يا ريح
لا تقولوا للضو

ليش بس ولو

استنيت شوي

لتغيّر الجو

 

خليكن هيك

ضلوا خلوا كل شي بمحله
والفكرة تضلها فكرة

والله يعيشنا لبكرا
خليكن هيك

ضلوا خلوا كل شي بمحله
والفكرة تضلها فكرة

والله يعيشنا لبكرا


سكروا الشبابيك

اقفلوا الأبواب

اصحا الهوا يطيركن بالعربي الفصيح

بالعربي الفصيح
نزلوا الستاير

غمضوا العيون

نوم الهنا

كل شي منيح

كل شي منيح
 

لا تقولوا للصوت

راح نجلدك بالسوط

ما تعلا كتير

 ها

ما عنّا كبير
لا تقولوا للشمس

حاكينا همس

ما تطلعي

ما عاد عنّا عيون

ما عنّا عيون

 

خليكن هيك

ضلوا خلوا كل شي بمحله
والفكرة تضلها فكرة

والله يعيشنا لبكرا
خليكن هيك

ضلوا خلوا كل شي بمحله
خليها الفكرة فكرة

والله يعيشنا لبكرا

 

سكروا الشبابيك

اقفلوا الأبواب

إصحا الهوا يطيركن بالعربي الفصيح

بالعربي الفصيح
نزلوا الستاير

غمضوا العيون

نوم الهنا

كل شي منيح

كل شي منيح
 

سكروا الشبابيك

اقفلوا الأبواب

إصحا الهوا يطيركن بالعربي الفصيح

بالعربي الفصيح
نزلوا الستاير

غمضوا العيون

نوم الهنا

كل شي منيح

كل شي منيح

 

خليكن هيك

ضلوا خلوا كل شي بمحله
والفكرة تضلها فكرة

الله يعيشنا لبكرا
خليكن هيك

ضلوا خلوا كل شي بمحله
والفكرة تضلها فكرة

الله يعيشنا لبكرا

 

سكروا الشبابيك
سكروا الشبابيك
سكروا الشبابيك
سكروا الشبابيك

هبي يا ريح واطلع يا ضو
يا صوت إعلى على كل صوت
على كل صوت
على كل صوت

[1] Lett. mustarīh (si noti il gioco di parole con rīh, “vento”, dalla medesima radice verbale), traducibile con persone “fortunate”, “felici”, in una situazione di “agio”, “rilassate”, “calme”. Insomma, chi sta bene anche durante una “tempesta” come quella di una guerra civile.
[2] Si intende qui il tempo in senso lato, il meteo e l’umore: prima o poi tornerà la luce, basta solo aspettare in modo passivo.
[3] Si tratta di un modo di dire, che abbiamo desiderato tradurre in modo letterale. Molte espressioni simili (arabe e non) in cui il soggetto è Dio (tra cui la celebre In shā’ Allāh, «se Dio vuole») si posizionano a metà strada tra un’ottica di completo “affidamento” al divino a un’ottica di forte “passività” del fattore umano.

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