Anche se poco conosciuta, la cantante siriana è un talento cristallino che, mescolando improvvisazione jazz, sonorità tradizionali e musica sacra, riesce a trasformare l’oscurità in luce e a celebrare la vita nonostante tutto

Ultimo aggiornamento: 18/03/2024 12:07:28

Oggi la puntata di T-arab vi consegna una piccola perla, a quanto pare non ancora approdata sui siti italiani: la cantautrice siriana di musica araba moderna e jazz Lynn Adib, che nel tempo libero va alla ricerca di taxisti damasceni con i quali improvvisare inni tradizionali accompagnati dal suono del “flauto” mijwiz.

 

Lynn ha iniziato a cantare all’età di 6 anni nel coro al-Farah (“La gioia”) di Padre Elias Zehlaoui, sacerdote della chiesa Nostra Signora di Damasco. Laureata al conservatorio nazionale siriano in fluato traverso, si è poi spostata in Francia nel 2009 per continuare i suoi studi musicali (all’American School of Modern Music e al Conservatoire à Rayonnement Régionale di Parigi) e laurearsi in scienze farmaceutiche.

 

Tra le sue più recenti apparizioni, meritano una menzione speciale Hiya (“Lei”), una maratona di musica digitale di 11 ore che ha riunito voci femminili alternative della musica SWANA (Southwest Asia and North Africa) e la sua toccante performance a cappella alle Cube Sessions (Balkoon TV), una serie di video concepita come «un modo nuovo per pensare all’identità, alla cultura e al progresso nel mondo arabo».

 

La sua collaborazione più importante è invece quella con Zeid Hamdan (padre della musica underground libanese, che vi presenteremo più avanti nella nostra rubrica) nel duo Bedouin Burger, tra canzoni folcloristiche e musica electro-pop (ma è interessante anche il meno famoso progetto Yalla Queen).

 

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Il suo per ora unico album (2018), rigorosamente in arabo, è il chiaro frutto dell’elaborazione di un forte dramma personale amplificato in qualche modo da quello nazionale. S’intitola Youmma (“Mamma”) ed è stato registrato insieme ai suoi compagni di conservatorio (tra cui anche l’italiano Maurizio Congiu). Musicalmente, è qualcosa di unico.

 

Ogni canzone è carica di quella spiritualità che da sempre caratterizza il suo rapporto con la musica, la sua volontà di trasformare l’oscurità in luce e di celebrare la vita nonostante tutto. Definito un ibrido incantesimo terapeutico, nel quale si mescolano la libertà e l’improvvisazione del jazz, la musica tradizionale siriana e in particolare quella sacra degli inni religiosi bizantini, contiene non inaspettatamente una stupenda Ode a Maria fianco a fianco a uno stupendo mix di jazz e oud per la figlia (Titi) e a un puro e struggente canto a Damasco, Hamam (“Colomba”).

 

Oggi vi lasciamo però a un’altra canzone, che parla di esilio: Barada, dal nome del principale fiume della capitale siriana.

 

Certo, Lynn Adib non è molto conosciuta, né in Francia né in Siria (benché non manchino sue ripetute apparizioni televisive) e i suoi testi potranno forse sembrare non abbastanza “politici” per la nostra rubrica. Eppure, come ha spiegato bene lei stessa, per certi drammi le parole non bastano. Un’affermazione che diventa evidente quando in un solo brano di 45 parole e lungo meno di un minuto si percepisce l’amore per le proprie radici, la nostalgia dell’esilio, la preoccupazione per il suo Paese e il dolore per il suo popolo.

 

Buon tarab!

 

Canzone: Barada

Artista: Lynn Adib

Anno: 2018

Nazione: Siria

 

 

 

 

Scorri verso il basso per leggere il testo tradotto in italiano e l'originale arabo.

Qui tutte le precedenti puntate.

 

 

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Barada[1]

Samia[2]

Una volta mi disse

Il mio Eufrate è d’oro

Si chiama Barada,[3]

ed è una collana che scorre qui,

sui nostri capi e sulle nostre anime.

«Dove si trova? Cercala con me!»

«Nei nostri occhi», risposi.

«In noi, dove la fontana del ritorno si è ormai prosciugata».

Torneremo, noi ritorneremo.

«Quando tornerai», mi disse: «dà un bacio a Barada da parte mia».

Le risposi: «Una volta a casa, tornerò di nuovo bambina».

 

 

 

بردى

قالت لي ساميةُ

فُراتي ذهبٌ
هو بردى

عنقودٌ سال على رأسنا هُنا
على روحنا

أين هو
ابحثي معي
قُلت لها في عيونِنا

نحن من جف فينا ينبوع العودة لها

عائدونَ نَحْنُ عائدونْ

عائدونَ نَحْنُ عائدونْ

قالت لي لمّا تعودي

قبِّلي ليَّ بردى

قلتُ لها في وطني

إنّي أعودُ وَلَدا

 


[1] Come accennato, Barada è il nome del principale fiume di Damasco, che nasce sull’Anti-Libano e sfocia nel lago ‘Utayba o ‘Atayba.
[2] Nome proprio arabo di donna, comune in Siria.
[3] La traduzione in inglese della cantante è, come abbiamo già rilevato per traduzioni passate di altri artisti, particolarmente libera. I primi versi sono resi così: «Samia dell’Eufrate / una volta mi disse / che Barada è un fiume dorato». La toponomastica aiuta a comprendere questa caratteristica: il nome greco del fiume Barada era Chrysorrhoas, “in cui scorre l’oro”, (appellativo tra l’altro di un famoso teologo arabo cristiano della stessa città, Giovanni Damasceno, m. 750). Altri fiumi, dalla Grecia alla Giordania, condividevano questo nome.

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