La loro condizione di apolidi è diventata anche un’etichetta. Ma più che di cittadinanza, le loro canzoni parlano di libertà di movimento. Un tema che la band ha declinato in vari stili, rimanendo però sempre fedele al quarto di tono

Ultimo aggiornamento: 18/03/2024 12:22:34

Hasan e Rami Nakleh sono due fratelli di Majdal Shams, località delle alture del Golan. Sarà per il loro passaggio in Italia nel 2018, o per la loro originalità biografica e musicale (che ora vedremo), ma il gruppo che hanno fondato insieme ad altri loro concittadini, di nome TootArd (tūt al-ard, ossia “Fragola”), è tra le voci di T-arab sulle quali è stato scritto di più in italiano (soprattutto recensioni).

 

Certo, essere di Majdal Shams già complica le presentazioni: la cittadina a maggioranza drusa si trova ai piedi di Jabal Shaykh (o Monte Hermon) e, dalla fine della Guerra dei Sei Giorni, il villaggio è sotto il controllo di Israele (il film La sposa siriana può essere un modo “leggero” per capire cosa questo possa comportare). La maggior parte dei residenti di Majdal Shams e delle alture del Golan rifiuta però di richiedere la cittadinanza israeliana, ha un permesso di soggiorno permanente in Israele e, per viaggiare all’estero, può dunque solo accedere a un lasciapassare (rifiutato però da molti Stati arabi) sul quale la voce “cittadinanza” è lasciata vuota.

 

Ecco perché i TootArd sono soprattutto conosciuti per il loro essere una “band apolide” e “di confine” (identitario, statale, musicale), provenienti da una realtà contestata e dunque indefinita.

 

Passato infatti in sordina il loro primo album del 2011 (che meriterebbe molta più attenzione: autoprodotto, decisamente reggae, probabilmente il più “locale” e “politico” dei loro lavori), hanno invece riscosso un enorme successo internazionale con il loro disco del 2017 Laissez-Passer (“lasciapassare”, appunto), che già dal titolo pone al centro la loro identità.

 

Sull’album è stato detto (con toni spesso romanzati ed esotici) di tutto e di più. Piuttosto, in italiano, questo lucido articolo sottolinea alcune questioni importanti: la casa di produzione tedesca, il periodo trascorso all’estero da parte dei musicisti, tra il primo e il secondo album; il pubblico immaginato; le influenze più o meno dirette. Anche in questa interessante intervista, gli artisti riflettono sul loro rapporto “contingente”  con la politica, su quello invece “fondante” con la natura, la relazione con la comunità drusa di origine, le loro esibizioni “locali” dal vivo e le loro sonorità: Psycho-rock melodico? Reggae giamaicano, Ska sudamericano o funky americano? Groove subsahariani e caraibici? Si è parlato pure di «tuareg blues del deserto levantino» (complice la loro Syrian Blues), con opinabili parallellismi tra la condizione nomade beduina e la loro condizione di apolidi.

 

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In realtà, i TootArd sono stati un po’ tutta questa fruttuosa “imprudenza stilistica, e ne sono pienamente coscienti: è infatti interessante notare che dal definirsi una band “rock reggae montagnosa” siano passati a descriversi come un gruppo “pop che usa i quarti di tono (con riferimento alle scale musicali tradizionali arabe).

 

E forse proprio per allontanarsi sempre più da Laissez Passer e tutte le “proiezioni” a cui il disco ha dato luogo, e trovare un suono nuovo, più uniforme, a maggio 2020 i fratelli sono tornati (in compagnia di vecchi e nuovi musicisti, tra cui Hannen Ayoub degli Hawa Dafi) con un album completamente diverso: Migrant Birds (2020).

 

Come si legge sul loro sito, questi 12 brani vintage a base di sintetizzatori “arabi” (con i quarti di tono, appunto) si ispirano alla musica anni ’70 e ’80 nelle scintillanti discoteche beirutine, cairote e dell’Asia occidentale, ma anche ai grandi pionieri della musica araba moderna (Magdi al-Husseini, Ihsan al-Munzer, Omar Khorshid, etc.).

 

Eppure, tra un ballo e l’altro, si parla anche di patriarcato e di una “patria problematica” (giocando sul titolo inglese Trouble Watan e la corrispettiva pronuncia in arabo trāb-l-watan, che significa “polvere”, “terra”, “terreno” o “suolo” della patria).

 

Visto però che tutti i brani del loro ultimo album sono reperibili e tradotti in inglese, proponiamo oggi una canzone che è rappresentativa dell’unico tema che è rimasto costante lungo tutta la loro produzione artistica e che, volenti o nolenti, li caratterizza profondamente: la libertà di movimento, simboleggiata dalla metafora naturale del volo di un uccello. Penso a Ash-Sham e alla bella Ruh Bladi del loro primo album, al titolo del loro ultimo album (“uccelli migratori”) e alle sue canzoni Pretty Woman e Red Sea Disco, e in particolare alla canzone di oggi: Asfur (“passero”), dal loro secondo album, rimasta sempre un po’ all’ombra del più celebre brano eponimo (e dal testo arabo introvabile in rete…).

 

Buon tarab!

 

Canzone: Asfur

Artista: TootArd

Anno: 2017

Nazionalità: -

 

 

Scorri verso il basso per leggere il testo tradotto in italiano e l'originale arabo.

Qui tutte le precedenti puntate.

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
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Passero

 

Volteggia, volteggia passero,

vola in alto!

Come te, nel mondo ci sono altri passeri

che, per loro natura, sono nati per viaggiare

Ovunque io vada, porto con me semi

Amore, arte, e qualcosa da mangiare

Metto radici nel suolo

Il mondo intero è il mio Paese (x2)

 

Ribellati, ribellati, passero,

vola alto!

Affinché non vi siano barriere nel mondo,

E anche i muri più alti siano abbattuti

L’eco delle melodie costruisce ponti,

una storia d’amore, e una canzone

ispira emozioni nel suo viaggio,

diffonde gioia e libertà (x2)

 

 

عصفور

 

دور دور يا عصفور

طير بالعالي

متلك في بالدنيا طيور

بطبعها خلقت رحّالة

وين ما بروح بإيدي بذور

حبّ، فنون، وزوّادة

بزرع بالأرض جذور

العالم كلّه بلادي

 

ثور ثور يا عصفور

طير بالعالي

تما يبقى بالدنيا سور

وينهدّ الحيط العالي

صدى الألحان يبني جسور

قصة حبّ وغنّية

تلهم بالدرب شعور

تنشر فرح وحريّة

 

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