Da più di sessant’anni canta la cultura e l’identità del suo Paese, riuscendo a toccare le corde più profonde dei suoi connazionali. Anche per questo è rimasto uno dei pochi simboli dell’unità nazionale yemenita nel sofferto contesto attuale

Ultimo aggiornamento: 18/03/2024 12:23:48

Il “classico” di oggi ci porta in un Paese spesso dimenticato, ma che, musicalmente parlando, ha una ricca tradizione, da decenni magistralmente rappresentata dal protagonista di questa puntata: Ayoub Tarish Absi, tra i più famosi cantanti yemeniti.

 

Noto come “L’usignolo degli alberi” (‘andalīb al-ashjār) o “L’usignolo dello Yemen” (bulbul al-yaman), Ayoub nasce nel 1942 nelle splendide campagne nei pressi della città di Taiz, conosciuta come “la capitale della cultura yemenita” per l’alto numero di intellettuali e artisti che vi sono nati.

 

Come racconta lui stesso, sin dalla sua gioventù non solo impara a memoria il Corano e la sua recitazione (tilāwa), ma si diletta fino a notte tarda a cantare i grandi classici del leggendario compositore egiziano Mohammed Abdul Wahhab.

 

Un giorno, incoraggiato dal cognato e qualche altro compagno di scuola, decide di comprarsi un oud con i suoi pochi risparmi. La scelta però manda su tutte le furie il padre, che considera la musica un’arte profana e teme per la condotta morale del figlio. Solo grazie alla mediazione di alcuni suoi parenti, Ayoub ottiene infine il permesso di imparare lo strumento. Quest’episodio marcherà profondamente il giovane cantante, che prenderà sempre molto sul serio la sua vocazione artistica, componendo musica esclusivamente al servizio del bene comune, della bellezza e delle virtù umane.

 

D’altronde, il talento del giovane è evidente, e il successo dei suoi brani è immediato: pochi anni dopo essersi stabilito con la famiglia nella città di Aden (1953), e completati gli studi presso l’Istituto scientifico islamico, incide nel 1956 la canzone “Bi-llah ‘alayk ya-msafir” (scritta dal fratello Muhammad b. Tarish), che lo rende famoso non solo in patria, ma anche all’estero, nella diaspora yemenita. Il brano è infatti incentrato sull’amore per la propria terra e sul senso di alienazione (istighrāb) che si prova lontani da essa (Ayoub stesso, nel 1974, si trasferì al Cairo per studiare musica araba classica, un soggiorno contrassegnato da una forte nostalgia di casa).

 

Fu però il sodalizio poeta-cantautore – formula che ritroveremo con altri protagonisti della nostra rubrica T-arab – a dar vita ai suoi brani più celebri. Ayoub musicherà infatti i testi del poeta e futuro uomo politico Abdullah Abd al-Wahhab Nouman (m. 1982), interessante figura yemenita del secolo scorso, soprannominato “il poeta curioso” nonché tra i fondatori del partito liberale yemenita. Oltre ad alcuni pezzi storici, il duo comporrà il brano che diverrà l’inno nazionale della giovane Repubblica dello Yemen (1990).

 

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Anche le storiche collaborazioni con Mona Ali meritano una menzione speciale, poiché due aspetti accomunano i cantanti: anche Mona è a tutt’oggi tra le voci più famose in Yemen (le sue canzoni sono onnipresenti ai matrimoni) e, come Ayoub, anche lei fu fortemente osteggiata dalla famiglia nella sua carriera musicale.

 

Ayoub ha dato voce al suo Yemen: a chi parte per cercare migliori condizioni di vita; a chi parla solo un certo dialetto locale; al mese di Ramadan o alle confraternite sufi locali; senza contare canzoni più leggere, come il suo elogio al celebre caffè yemenita.

 

Come quest’ultimo, anche Ayoub è ancora oggi uno dei pochi simboli di unità nazionale rimasti nel sofferto contesto attuale (benché a volte le sue canzoni siano state riadattate e “partigianizzate”). Non potrebbe essere diversamente: nella maggior parte delle sue moltissime canzoni (qui se ne ricordano alcune celebri) Ayoub ha sempre tentato di “unire” il popolo yemenita. Non ha mai adottato un’ideologia politica particolare (né è sceso a compromessi), preferendo schierarsi con la gente, con quello Yemen profondo che sentiva da bambino nelle melodie dei contadini delle sue montagne, e riuscendo così, in modo naturale, a toccare le corde più intime  dei suoi connazionali. Una capacità che possiede ancora, come si può leggere nei commenti a una delle sue ultime canzoni, magari più commerciale, magari meno “tradizionale”, ma senza dubbio composta con in cuore lo stesso spirito di unità.

 

Quest’unità la va cantando da più di 60 anni, come prova la canzone che abbiamo scelto per voi oggi: Mawkib al-tahrīr (“Marcia della liberazione”) celebra il 26 settembre 1962, ossia la nascita della Repubblica araba dello Yemen.

 

Nonostante la sua grande fama, Ayoub Tarish è rimasto una persona semplice, che ancora si imbarazza davanti al pubblico, e che vive circondato dalla famiglia in una semplice casa che fu quasi distrutta in un bombardamento aereo saudita nel 2015.

 

A volte dimenticato in Patria, non tutelato nei suoi diritti artistici, altre volte onorato all’estero, poi di nuovo dimenticato, Ayoub Tarish è comunque unanimemente riconosciuto come l’“ambasciatore della musica yemenita” nel mondo, ed è anche grazie al lui se il canto di Sanaa è oggi patrimonio artistico mondiale immateriale dell’UNESCO.

 

La sua musica, sempre “per lo Yemen”, come recita una delle sue canzoni più celebri, continua a ispirare molti giovani musicisti e musiciste. E questa è già una bella speranza a cui aggrapparsi stretti.

 

Buon tarab!

 

Canzone: Mawkib al-tahrīr

Artista: Ayoub Tarish

Anno: ’60

Nazionalità: Yemen

 

 

Scorri verso il basso per leggere il testo tradotto in italiano e l'originale arabo.

Qui tutte le precedenti puntate.

 

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Marcia della liberazione

 

Lunga vita a te, settembre della liberazione, alba della lotta!

Lunga vita a te, settembre della liberazione, alba della lotta!

Una rivoluzione che, con fede, procede lungo la strada dell’onore[1]

Una rivoluzione che, con fede, procede lungo la strada dell’onore.

Che spazza via il tiranno,[2] annienta l’ingiustizia e realizza l’impossibile!

 

Il popolo ha abbattuto le prigioni

E i covi dei criminali

Il popolo ha abbattuto le prigioni

E i covi dei criminali

Proteggendo così la Patria[3]

 

Lunga vita a te, settembre della liberazione, alba della lotta!

Lunga vita a te, settembre della liberazione, alba della lotta!

Una rivoluzione che, con fede, procede lungo la strada dell’onore.

Una rivoluzione che, con fede, procede lungo la strada dell’onore.

Che spazza via il tiranno, annienta l’ingiustizia e realizza l’impossibile!

 

O, marcia della liberazione, hai riunito i cuori

E noi, dal nord e dal sud, ci siamo uniti!

O, marcia della liberazione, hai riunito i cuori

E noi, dal nord e dal sud, ci siamo uniti!

E abbiamo aperto sentieri alla luce della conoscenza

E abbiamo aperto sentieri alla luce della conoscenza

 

Che tu possa vivere, Paese mio,

in nobiltà e giustezza!

Che tu possa vivere, Paese mio,

in nobiltà e giustezza!

E sconfiggere i complotti dei nemici

E sconfiggere i complotti dei nemici

 

Lunga vita a te, settembre della liberazione, alba della lotta!

Lunga vita a te, settembre della liberazione, alba della lotta!

Una rivoluzione che, con fede, procede lungo la strada dell’onore.

Una rivoluzione che, con fede, procede lungo la strada dell’onore.

Che spazza via il tiranno, annienta l’ingiustizia e realizza l’impossibile!

 

Ci siamo ribellati, e abbiamo portato la pace

Sulla mia terra non c’è più posto per l’ingiustizia

Ci siamo ribellati, e abbiamo portato la pace

Sulla mia terra non c’è più posto per l’ingiustizia

né c’è più posto per traditori, collaborazionisti e tenebre

 

Il nostro tempo promette bene

I malvagi[4] saranno sconfitti

Il nostro tempo promette bene

I malvagi saranno sconfitti

Gioisci orgogliosa, Terra di Himyar

Gioisci orgogliosa, Terra di Himyar

 

Lunga vita a te, settembre della liberazione, alba della lotta!

Lunga vita a te, settembre della liberazione, alba della lotta!

Una rivoluzione che, con fede, procede lungo la strada dell’onore.

Una rivoluzione che, con fede, procede lungo la strada dell’onore.

Che spazza via il tiranno, annienta l’ingiustizia e realizza l’impossibile!

 

 

موكب التحرير 

 

دمتَ يا سبتمبر التحرير يا فجر النضالِ
دمتَ يا سبتمبر التحرير يا فجر النضالِ
ثورةٌ تمضي بإيمانٍ على درب المعالي

ثورةٌ تمضي بإيمانٍ على درب المعالي
تسحق الباغي تدكّ الظلم تأتي بالمحالِ

تسحق الباغي تدكّ الظلم تأتي بالمحالِ

هدّم الشعبُ السجونَ
ووكور المجرمينَ

هدّم الشعبُ السجونَ
ووكور المجرمينَ
ومضى يحمي العرينَ

ومضى يحمي العرينَ
 

دمتَ يا سبتمبر التحرير يا فجر النضالِ
دمتَ يا سبتمبر التحرير يا فجر النضالِ
ثورةٌ تمضي بإيمانٍ على درب المعالي

ثورةٌ تمضي بإيمانٍ على درب المعالي
تسحق الباغي تدكّ الظلم تأتي بالمحالِ

تسحق الباغي تدكّ الظلم تأتي بالمحالِ
 

موكبَ التحرير ألّفتَ القلوبَ
وتوحدنا شمالاً وجنوبا

موكبَ التحرير ألّفتَ القلوبَ
وتوحدنا شمالاً وجنوبا
وفتحنا لسَنا العلم الدروبَ

وفتحنا لسَنا العلم الدروبَ
 

فلتعيشي يا بلادي 
في علوٍ وسدادِ

فلتعيشي يا بلادي 
في علوٍ وسدادِ
وادحري كيدَ الأعادي

وادحري كيدَ الأعادي
 

دمتَ يا سبتمبر التحرير يا فجر النضالِ
دمتَ يا سبتمبر التحرير يا فجر النضالِ
ثورةٌ تمضي بإيمانٍ على درب المعالي

ثورةٌ تمضي بإيمانٍ على درب المعالي
تسحق الباغي تدكّ الظلم تأتي بالمحالِ

تسحق الباغي تدكّ الظلم تأتي بالمحالِ

نحن قد ثرنا وحققنا السلام
لم يعد للظلمِ في أرضي مقام

نحن قد ثرنا وحققنا السلام
لم يعد للظلمِ في أرضي مقام
لم يعد فيها خؤونٌ أو عميلٌ أو ظلام

لم يعد فيها خؤونٌ أو عميلٌ أو ظلام 

عصرنا بالخير بشّر
ونفوس الشر تقهر

عصرنا بالخير بشّر
ونفوس الشر تقهر
فافخري يا أرض حمير

فافخري يا أرض حمير

 

دمتَ يا سبتمبر التحرير يا فجر النضالِ
دمتَ يا سبتمبر التحرير يا فجر النضالِ
ثورةٌ تمضي بإيمانٍ على درب المعالي

ثورةٌ تمضي بإيمانٍ على درب المعالي
تسحق الباغي تدكّ الظلم تأتي بالمحالِ

تسحق الباغي تدكّ الظلم تأتي بالمحالِ


[1] Il termine Maālī dall’idea di “altezza” ed “elevazione”, indica in generale “cose nobili”, come “onori”, “meriti”, “qualità” e “virtù”.
[2] Il termine al-bāghī, qui reso con “tiranno”, è traducibile anche con “ingiusto”, “iniquo”, “perverso”, “oppressore”.
[3] Oppure: “la (propria) tana”. Si noti il gioco tra wakr e ‘arīn, dove il primo termine indica il nido/covo dei criminali, mentre il secondo la tana/riparo del popolo e dunque, per estensione, la Patria.
[4] Lett. nufūs al-shirr, “le anime del male”.

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