Una giovane arrivata un po’ per caso alla fama internazionale. Un’artista poliedrica che ha contribuito a trasformare la scena musicale indipendente del suo Paese, ma rifiuta l’etichetta di rivoluzionaria

Ultimo aggiornamento: 18/03/2024 12:12:49

In una bella luce mattutina della primavera del 2012, un’allora sconosciuta ventottenne di nome Youssra si dirige con una fisarmonica 120 bassi (10 chili di strumento, per capirci…) verso uno dei tanti muri innalzati nel centro del Cairo (credo quello di Muhammad Mahmoud Street, che conduce verso il Ministero degli Interni egiziani). Poi vi si arrampica sopra, si mette a cavalcioni e suona una canzone chiamata appunto El Soor (“Il muro”), una leggera ma pungente sfida all’autorità egiziana. Alcuni ragazzini divertiti ancheggiano, altri guardano incuriositi uno spettacolo abbastanza raro. Il mattino dopo, Youssra si sveglia con il cellulare intasato di messaggi e scopre che il suo video su quel muro è diventato virale.

 

Inizia così il successo della fisarmonicista, compositrice, cantautrice, cantante e attrice Youssra El Hawary: vissuta in Kuwait, dove ha imparato a suonare il pianoforte, torna al Cairo durante l’adolescenza, studia al Cairo Music Center, si laurea in Design del Cinema e del Teatro presso la Facoltà di Belle Arti dell’Università di Helwan, gestisce un laboratorio musicale presso la scuola dei gesuiti di Minya, inizia a collaborare con il gruppo teatrale al-Tamye, fondato da Salam Yousry (che ritroveremo come paroliere più avanti) e fonda con quest’ultimo un collettivo di artisti e giornalisti egiziani, il Cairo Complaints Choir, divenuto poi il Choir Project[1].

 

In cerca di uno strumento da portare in giro, rumoroso quanto basta per poterlo suonare in strada, e con il quale comporre brani proprio per queste compagnie teatrali che integrano musica e narrazione, Youssra si appassiona alla fisarmonica. Faticando però a trovare fisarmonicisti che le insegnino la fisarmonica “all’occidentale”,[2] Youssra impara lo strumento da autodidatta, forte dei suoi studi di pianoforte, inizia a comporre qualche canzone e, incoraggiata da una sua esibizione un po’ improvvisata nel celebre locale Mezyan di Beirut, capisce di aver qualcosa da dire anche come musicista, e lo fa su SoundCloud.

 

È in quel periodo (2012) che compone El Soor, canzone giocosa e cadenzata, il cui testo è una poesia del fumettista e scrittore Walid Taher (che la scrisse nel 2005 e la pubblicò nel 2009, ben prima di qualunque “primavera araba”). Una canzone che la porterà (fin troppo velocemente) alla fama internazionale, complice quel fascino della protest singer che tanto piace in “Occidente”, e dal quale tenterà abilmente di sottrarsi, come si legge in questa bella intervista:

 

«So di essere definita un’artista rivoluzionaria. Personalmente non credo che esista una cosa del genere […] L’artista rivoluzionario è l’artista che sa essere onesto e audace, che sa essere indipendente e riesce a produrre musica a modo suo, che non si arrende né cambia a causa della società o del mercato musicale […]. Sono questi gli artisti che sono capaci di dare un’immagine onesta del loro luogo e del loro tempo, riflettendo così la situazione politica in modo indiretto. Non penso mai in anticipo a cosa esprimerò nella mia prossima canzone, m’ispiro solo alla mia vita quotidiana al Cairo e ai miei amici, alla famiglia e alle relazioni. Le mie canzoni parlano di amore, della strada, dei miei sogni e delle mie domande, e cerco di fare del mio meglio per essere onesta».

 

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Prima però di lanciarsi in nuove registrazioni, non sentendosi matura a livello musicale e artistico, Youssra si prende qualche anno per studiare fisarmonica in Francia presso il Centro Nazionale e Internazionale di Musica e Fisarmonica (CNIMA), fondato nel 1995 da Jacques Mornet.

 

Tornata in Egitto, registra con la sua nuova band, tra mille difficoltà, il suo primo album (No’oum Nasyeen, “Dimentichi, ci svegliamo”), nonché il primo album – nella storia dell’Egitto – finanziato tramite crowdfunding (e con una marcata e non scontata presenza femminile anche nel mastering e nel suono). Una piccola rivoluzione per la scena indipendente egiziana e un’esperienza che la cantante menzionerà spesso nelle interviste, denunciando le difficoltà che devono affrontare gli artisti indipendenti arabi, dalla mancanza di sostegno istituzionale a una censura più o meno esplicita (qui e qui una breve ricostruzione storica e una riflessione sull’economia dell’arte in Egitto).

 

Eppure, quello che prevale nel lavoro di Youssra è un certo ottimismo nell’indicare quanto la scena indipendente egiziana sia esplosa negli ultimi dieci anni e nella sua volontà di cambiare le cose. Forse perché lei stessa ha ricevuto un sostegno in passato (la borsa di studio dell’AFAC[3] nel 2016 e successivamente quella dell’Institut Français), il suo impegno per sostenere la musica indipendente del suo Paese è infatti intenso e multiforme: tiene il programma radiofonico Aadet Mazzika (“Sedute musicali”) che dà spazio a queste voci, coordina eventi musicali e desidera aprire una scuola di fisarmonica in Egitto, per offrire ai giovani musicisti quello che non trovò lei anni fa.

 

Non vi presentiamo oggi le simpatiche Ghareeb An El-Madeea (“Estranea alla città”) né Autobis (“Bus”), entrambe ambientate nel caos cairota, e per le quali è stata tacciata di “linguaggio scurrile” per i suoi insulti a un autobus fermo nel traffico; né possiamo proporvi il commovente El Alam (“La bandiera”) con il giovane e talentuoso oudista Abdallah Abu Zekry, che si interroga con leggerezza su un certo “patriottismo”; e nemmeno Babtesem (“Sorrido”), colonna sonora di Factory Girl (2013) di Mohammed Khan. Però, data la brevità dei testi, vi presentiamo oggi due canzoni: la già citata El Soor e la meno celebre Fī-l-shāri‘ (“In strada”), anch’essa composta nel 2012, all’inizio della presidenza Morsi, ironica e graffiante tanto quanto la prima nel trattare un altro tipo di muro, quello dei tabù: in Egitto, infatti, baciarsi in strada è considerato spesso un atto indecente e dunque criminale.

 

La voce di Youssra è leggera, allegra, furba, giocosa. Sì, sarà anche vagamente politica, ma è soprattutto indipendente ed eccezionalmente carismatica, come la sua esile figura sul palco.

 

Buon tarab!

 

Canzone: al-Sūr; Fī-l-shāri‘

Artista: Youssra El Hawary

Data: 2012

Nazionalità: Egitto                  

 

 

                                                   

 

 

Scorri verso il basso per leggere il testo tradotto in italiano e l'originale arabo.

Qui tutte le precedenti puntate.

 

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Il Muro

Davanti al muro, davanti a chi l’ha costruito

Davanti al muro, davanti a chi l’ha innalzato

Davanti anche a chi sta lì a proteggerlo

Un pover’uomo s’è fermato e ha fatto la pipì[4]

Sul muro, su chi l’ha costruito, su chi l’ha innalzato, su chi lo protegge

Sul muro e su chi l’ha costruito, un uomo ha fatto la pipì

 

Davanti anche a chi sta lì a proteggerlo

Un pover’uomo s’è fermato e ha fatto la pipì

Sul muro, su chi l’ha costruito, su chi l’ha innalzato, su chi lo protegge

Sul muro e su chi l’ha costruito, un uomo ha fatto la pipì

 

 

السور

 

قدام السور قدام اللي بانيه

قدام السور قدام اللي معلّيه

قدام السور قدام اللي بانيه

قدام السور قدام اللي معلّيه

 

وكمان قدام اللي واقف يحميه

وكمان قدام اللي واقف يحميه

وقف راجل غلبان وعمل پيپي

وقف راجل غلبان وعمل پيپي

عالسور واللي بانيه واللي معلّيه واللي بيحميه

عالسور واللي بانيه الراجل عمل پیپی

 

وكمان قدام اللي واقف يحميه

وكمان قدام اللي واقف يحميه

وقف راجل غلبان وعمل پيپي

وقف راجل غلبان وعمل پيپي

عالسور واللي بانيه واللي معلّيه واللي بيحميه

عالسور واللي بانيه واللي معلّيه واللي بيحميه

عالسور واللي بانيه واللي معلّيه واللي بيحميه

عالسور واللي بانيه الراجل عمل پیپی

 

In strada

 

C’è gente che gioca al pallone, in strada

E gente che cammina, canta e scatta foto, in strada

 

C’è gente che si insulta

Gente che si pesta

Gente che si insulta

Gente che si pesta

Gente che si ammazza, in strada 

 

C’è gente che dorme, in strada[5]

C’è gente che svende il proprio onore[6]

C’è gente che dorme, in strada

C’è gente che svende il proprio onore, in strada

 

Ma sarebbe davvero uno scandalo

Ma sarebbe davvero uno scandalo

Sì, sarebbe davvero uno scandalo

Sì, sarebbe davvero uno scandalo

Se dimenticassimo e ci baciassimo, in strada

 

في الشارع

 

في ناس بتلعب كورة في الشارع

وناس بتمشي بتغنّي تاخد صورة في الشارع

في ناس بتلعب كورة في الشارع

وناس بتمشي بتغنّي تاخد صورة في الشارع

 

في ناس بتشتم بعض

ناس بتضرب بعض

ناس بتشتم بعض

تضرب بعض

تقتل بعض في الشارع

 

في ناس تنام عالأرض

في ناس تبيع العرض

في ناس تنام عالأرض

وناس تبيع العرض

في الشارع

 

في ناس تنام عالأرض

في ناس تبيع العرض

في ناس تنام عالأرض

وناس تبيع العرض

في الشارع

 

لكن صحيح حتكون فضيحة

لكن صحيح حتكون فضيحة

أيوا صحيح حتكون فضيحة

أيوا صحيح حتكون فضيحة

لو نسينا وبُسنا بعض في الشارع

 


[1] Questa iniziativa, sviluppatasi poco prima del 25 gennaio 2011, organizzava sessioni-seminari di scrittura e musica durante i quali chiunque, senza gerarchia, poteva condividere e partecipare alla composizione di brani, dando così voce alla collettività. Qui maggiori dettagli su questo interessante progetto e la sua evoluzione negli anni.
[2] La fisarmonica è una di quelle perle tutte italiane, che va da Leonardo da Vinci ai leggendari liutai di Castelfidardo, patria di questo strumento, che anche Youssra conosce bene. È stato poi adottato anche nella musica araba “orientale” (come nello stile baladī, in cui ricorda gli arrangiamenti tipici di strumenti quali il mizmār e la zurna), ma con alcune “modifiche”: fu forse Farouk Salama, il celebre fisarmonicista che accompagnò tra le altre Umm Kulthum, il primo a “rovinare” appositamente le ance all’interno di una normale fisarmonica cromatica permettendo così di ottenere il quarto di tono tipico della scala orientale.
[3] The Arab Fund for Arts and Culture è attivo dal 2007 ed è presieduto da un nome parecchio importante come quello di Ghassan Salamé. La sua missione principale è aiutare gli artisti emergenti del mondo arabo.
[4] Si noti l’uso di bībī, un modo più “educato” e “innocente” di indicare l’atto di urinare in arabo.
[5] Lett. ‘alā al-ard, ossia “per terra”.
[6] Si noti il gioco di parole tra ‘ard (“onore”) e ard, “terra”, del verso precedente. Questo verso può riferirsi sia alla prostituzione sia al tradimento della propria patria o della propria terra (in arabo si dice: ardak ‘ardak, “la tua patria è il tuo onore”).

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