La loro fama è legata ai mesi iniziali della rivoluzione egiziana. Ma se nel 2011 questa band del Cairo aveva dato voce al desiderio di libertà delle piazze, i suoi brani più apprezzati sono quelli del periodo successivo, in cui prevalgono i temi sociali e introspettivi

Ultimo aggiornamento: 18/03/2024 11:50:59

I Cairokee sono indubbiamente tra le band arabe contemporanee più conosciute e apprezzate al mondo. A confermarlo sono i milioni di fan e il tanto materiale (anche in inglese e in italiano) sul gruppo pop-rock che vi presentiamo oggi: interviste alla radio, apparizioni televisive, infinite collaborazioni artistiche (Bassem Youssef, Souad Massi, Tarek el-Sheikh, Zap Tharwat, Mahmoud el Esseily, Juliana Yazbeck, …), sottotitoli (pure in giapponese) alla maggior parte delle loro canzoni, e molto altro.

 

In realtà, i Cairokee sono stati per nove anni una normalissima e relativamente sconosciuta band del quartiere cairota di Maadi, nata nel 2003 e formata da compagni di scuola e amici a cui piaceva il rock inglese. In principio protagonisti della scena underground della capitale, il “salto” avvenne nei primi mesi del 2011, proprio sull’onda delle proteste che portarono alla caduta di Mubarak, grazie soprattutto ai loro testi, sempre più politici e composti in arabo colloquiale egiziano: una dinamica comune a molti artisti arabi dell’ultimo decennio.

 

Di tutti i loro brani, due sono giustamente arcinoti: Sawt al-hurriya (“La voce della libertà”), eseguita insieme alla storica band egiziana Wust el-Balad e Ya El Midan (“Oh Piazza!”, sottointeso, “Tahrir”), in sorprendente collaborazione con Aida el-Aiouby (uscita praticamente di scena 20 anni prima, e spesso associata a un repertorio più classico, se non proprio devozionale).

 

Si tratta di due canzoni che ben rappresentano i mesi iniziali della rivoluzione egiziana, la prima fase musicale dei Cairokee e, a loro dire, il nome stesso del gruppo: i “Cairo/karaoke”, ossia la band che “canta insieme” alla città e alle sue persone. Ricetta? Testi pop immediati, all’inizio molto speranzosi, accompagnati da videoclip d’impatto e brani prevalentemente politici. Né è un esempio anche la celebre canzone Matloub Zaeem, “cercasi un leader” – sottointeso in alternativa a Mubarak, in preparazione alle elezioni presidenziali del 2012 – che dà il nome al loro primo album, uscito nel 2011.

 

Eppure, i brani più ascoltati e apprezzati dei Cairokee sono quelli successivi al 2011. La band ha infatti continuato la sua produzione musicale senza sosta, sfornando fino a oggi un album ogni due anni circa, sempre supportati da grandi nomi (Coca-Cola, Red Bull, Sony, etc.); e, forse proprio insieme all’Egitto, la loro musica è cambiata: sono passati da questione più politiche a temi più sociali e introspettivi, dallo strizzare l’occhio all’estero all’uso sempre più preponderante di sha‘bī, mantenendo d’altronde il loro punto di forza, ossia la “quotidianità” dei loro brani.

 

Di sicuro hanno perso un po’ della speranza e dell’esaltazione iniziale: penso al singolo el-Sekka shemal (“la svolta sbagliata”, da cui l’omonimo album del 2014 e il “sequel”, al-sekka shemal fī shemal “una svolta sbagliata dopo l’altra”, 2017), che si riferisce all’amara realtà egiziana dopo la caduta di Morsi e l’avvento di al-Sisi (un governo militare e sempre meno libertà fondamentali).

 

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Cambia la musica, perché quando tutte le aspettative sono tradite, cresce il senso di disillusione, di impotenza, di frustrazione e infine di alienazione, parole purtroppo fondamentali per descrivere lo stato d’animo di molti giovani arabi d’oggi.

 

E allora, tralasciando le tante canzoni politiche dei Cairokee non ancora citate (Ethbat Makanak, Matt El Kalaam, Ehna al-Shaab), desideriamo dare spazio proprio a questi sentimenti così ben espressi dalla canzone che vi presentiamo oggi: Hodna (“tregua”) tratta dal loro penultimo album No’ta Beida (“punto bianco”), del 2017.

 

Una breve aggiunta. Essendo così famosa e con una produzione così vasta, la band ha suscitato i giudizi più disparati: testi semplici o proprio banali? Indipendenti o mainstream? Musica talentuosa o sopravvalutata? Hanno sfruttato l’estetica e la retorica della rivoluzione o se ne sono fatti veri portavoce? Vera critica politica o più o meno tollerati perché poco coraggiosi e incisivi?

 

Tante questioni, tutte da problematizzare con cura. A noi resta la positiva sensazione che i Cairokee rispettino davvero il loro nome, riconsegnando lo stato emotivo e psicologico di una vivissima fan-base, numericamente senza pari nel resto del mondo arabo.

 

 

Canzone: Hudna/Hodna

Artista: Cairokee

Data di uscita: 2017

Nazionalità: Egitto

 

 

Qui tutte le puntate di T-arab. Sotto invece trovate il testo della canzone in italiano e arabo

 

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Cessate il fuoco[1]

 

Da tempo vivo in questo “cessate il fuoco”

Ma ora è arrivato il momento che io lotti, per poter vivere in pace

Ho tentato la resa, e pure a negare l’evidenza

Ma tutte le strade portano allo scontro

Uno scontro con una persona ben piantata dentro di me

Le usanze di questo tempo, della gente e della società,

Non sono le mie, eppure, nonostante non voglia, sono loro a governarmi

Come un ritmo che seguo, dal quale ho paura a staccarmi[2]

Il mio corpo è diventato una prigione e io vi sono incarcerato

È una macchina che gira, e io sono uno degli ingranaggi,

La mia unica salvezza[3] è vivere all’altezza degli standard degli altri[4]

La più grande prigione inventata, chiusa con le catene

 

Sono straniero[5]

In una resa travestita da serenità

Ho paura ad allontanarmi, ho paura ad avvicinarmi

Distrutto, fingo di aspettare

Sono straniero

In una resa travestita da serenità

Ho paura ad allontanarmi, ho paura ad avvicinarmi

 

Combatto contro una società malata e le sue idee[6]

Una società cieca al suo stesso declino

Piena di patologie mentali, razzismo e classismo

Proprio come gli uomini hanno paura delle donne[7]

Se lei sbaglia, l’ammazzano e il caso è risolto

Se lui sbaglia, dicono “vabbè, ha fatto ’na sciocchezza”.[8]

E ogni dettaglio delle nostre vite è proprio così

Cambiamo i nostri principi a seconda delle circostanze

Non mi interessa più cosa dicono gli altri, e non posso più nasconderlo[9]

Ho perso fede in tutto, tranne che nel mio Signore,

Non lo nascondo, ho tante domande

E nonostante ciò, ho ancora fede nel mio cuore.

 

Ritornello

 

Tutto questo mi ha segnato, lo so

Dentro di me suona il campanello d’allarme

Come la pioggia, molti miei pensieri

Hanno spazzato via usi e costumi.[10]

Tutti sono coinvolti in questo crimine, tutti hanno premuto il grilletto

Tutti hanno scelto di stare in silenzio e di nascondere la testa nella sabbia

Tutti tranne poche persone libere, che hanno rifiutato d’esser marginalizzate

D’essere imprigionate nel gregge, circondate dai cani pastore,

Basta, devo staccarmi da quel che sento dentro, ora suonano i tamburi della guerra

Vittoria o suicidio, non ho scelta.

È arrivato il momento che la realtà esploda

In faccia a una società malata e in punto di morte.

 

Ritornello

 

 

 

 

 

هدنة

عايش في هدنة من زمان

آن الأوان أحارب عشان أعيش في سلام

جربت الاستسلام والإنكار كمان

كل الطرق بتأدي لصِدام

صِدام مع شخص جوايَ اتزرع

تربية الزمن والناس والمجتمع

مش مني بس غصب عني هو المتحكم

زي إيقاع أغنية ماشي معاه وخايف أتقدم

جسمي أصبح سجن وأنا فيه محبوس

ماكنة دايرة وأنا ترس من التروس

وسيلتي الوحيدة للهروب إني أعيش للناس

سجن أكبر مصطنع مقفول بترباس

 

أنا متغرّب

استسلام في شكل سلام

خايف أبعد أنا وخايف أقرب

انكسار في شكل انتظار

أنا متغرّب

استسلام في شكل سلام

خايف أبعد أنا وخايف أقرب

انكسار في شكل انتظار

 

حرب ضد مجتمع مريض وأفكاره

مجتمع أعمى مش شايف انهياره

مليان أمراض نفسية وعنصرية وطبقية

زي بالضبط ما هو بيخاف من هي

هي تغلط يدبحوها وتتداوى

هو يغلط يقولوا معلش دي شقاوة

وقيس على كدة كل تفصيلة في حياتنا

كل المبادئ بتتجزأ في كل حكاياتنا

ما بقاش ليَّ في الناس ومش قادر أخبي

كفرت بكل حاجة إلا ربّي

ومش هخبي في أسئلة كتيرة عندي

ورغم كل دا لسّا الإيمان في قلبي

 

أنا متغرّب

استسلام في شكل سلام

خايف أبعد أنا وخايف أقرب

انكسار في شكل انتظار

أنا متغرّب

استسلام في شكل سلام

خايف أبعد أنا وخايف أقرب

انكسار في شكل انتظار

 

كل دا ساب فيَّ أثر

دقت جوايَ أجراس الخطر

أفكار كتير نزلت زي المطر

غسّلت نفسي من عُرف البشر

الكل شارك في الجريمة الكل داس على الزناد

الكل اختار السكات ودافن راسه في التراب

الكل إلا استثناء أحرار ورفضوا الاستعباد

محبوسين جوا قطيع متحوطين بالكلاب

خلاص ما بقاش في قلب

دقت طبول الحرب

يا انتصار يا انتحار مافيش عندي اختيار

آن الأوان الحقيقة تنفجر

في وش مجتمع مريض بيحتضر

 

أنا متغرّب

استسلام في شكل السلام

خايف أبعد أنا وخايف أقرب

انكسار في شكل انتظار

أنا متغرّب

استسلام في شكل السلام

خايف أبعد أنا وخايف أقرب

انكسار في شكل انتظار

 

 


[1] Il titolo proposto dalla band in inglese è ceasefire, lett. “cessate il fuoco”, un’espressione un po’ più laboriosa in italiano ma che forse rende ancor più di “tregua” quella sospensione del conflitto marcatamente temporanea, instabile e tesa. D’altronde, la parola araba hudna è senza dubbio più vicina all’italiano “tregua”, considerando che, alla sua prima forma verbale, significa “essere calmo”, “acquietarsi”. La canzone è in rima ABAB oppure AABB. Per una traduzione più poetica e libera dell’intera canzone, con un encomiabile tentativo di far rimare anche il testo in inglese, si vedano i sottotitoli della stessa band al loro video.
[2] Più lett. “anticipare”, discostarsi “precedendolo”.
[3] Wasīla, più lett. “espediente”, “mezzo”.
[4] Più lett. “scappare da me stesso e vivere (secondo le aspettative delle altre) persone”.
[5] I sottotitoli inglesi della stessa band propongono: I’m a stranger in a strange land (“sono uno straniero in terra straniera”), con il probabile intento di sottolineare l’intensità della parola araba mutagharrib (“emigrato”, “lontano dal proprio paese”), la quale racchiude, come nella sua radice indo-europea, la valenza di “straniero”, “estraneo” e “strano”.
[6] Afkār, “pensieri”, “idee”. La versione inglese propone più liberamente its outdated views (“le sue opinioni obsolete, vecchie, superate”).
[7] Lett. “proprio come lui ha paura di lei”. Si riferisce al modello patriarcale in cui l’uomo teme una donna libera, non sottomessa alle convenzioni sociali.
[8] Riporto la più libera ma altrettanto efficace traduzione in inglese delle ultime tre righe: Where men and women are held to double standards / Honor killings await any girl who transgresses / While a blithe “Boys will be boys!” forgives men’s excesses. “Uomini e donne sono trattati con doppi standard: il delitto d’onore attende ogni ragazza che trasgredisce, mentre un bonario “son ragazzi!” perdona gli eccessi degli uomini. Si noti l’uso, nel discorso diretto, di espressioni fortemente popolari.
[9] In alternativa: “non posso più nascondere ciò che ho dentro”.
[10] Seguiamo l’interpretazione proposta dalla band stessa (traditions and roles, “tradizioni e ruoli”), traducendo il generale ‘urf al-bashar, lett. “le consuetudini del genere umano” con la connotazione specifica di “usi e costumi” della società, i quali sono dunque messi in discussione e “spazzati via” da nuovi pensieri.

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