L'analisi di una tragedia che sembra non avere alcuna soluzione

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:50:05

Il 9 aprile 2003 Baghdad cade e Saddam Hussein è rovesciato dalle truppe americane: una svolta decisiva. Più di quattro anni dopo, l'Iraq è in preda ai lutti e una cupa notte avvolge ormai questo paese. Il paese si trova in un terribile stato di caos e di marasma. Tagliati fuori dal gioco politico, messi ai margini come comunità, i cristiani sono vittime di vessazioni di ogni sorta e subiscono regolarmente situazioni dolorose. Almeno 200 mila sono fuggiti dalla capitale Baghdad. E, in tutto, circa 400 mila cristiani hanno preso la via dell'esilio a causa dei rapimenti, delle domande di riscatto, di assassini, distruzioni, attentati ai beni di persone e alle loro proprietà, torture, violenze, minacce, intimidazioni. In breve, un vuoto di sicurezza mai conosciuto prima. Si parla di una cristianità in via di estinzione.

Trenta chiese sono state bersaglio di attentati con autobombe, spesso in modo coordinato in più città, come gli attacchi del primo agosto 2004 e della domenica 29 gennaio 2006 (Baghdad, Mossul, Kirkuk, Bassora). Da sola, l'annata 2004 ha visto quattordici chiese attaccate. Sono stati rapiti e assassinati preti, come Boulos Iskandar, prete siriaco ortodosso della chiesa di Sant'Efrem a Mossul, decapitato il 12 ottobre 2006. Mundher Aldayr, pastore protestante a Mossul, è stato assassinato nel novembre 2006. Quattro giorni dopo l'assassinio è stato ritrovato il suo corpo con i segni di una pallottola nella testa. Due religiosi caldei, rispettivamente di settantanove e ottantacinque anni, sono stati assassinati, pugnalati a più riprese nella loro casa a Kirkuk, il 29 marzo 2007. Nell'aprile 2007 estremisti minacciano di incendiare le chiese se non verranno tolte le croci dagli edifici religiosi a Baghdad. Secondo l'Assyrian International News Agency (AINA), vengono esercitate pressioni sui cristiani perché si convertano all'Islam. Lunedì 23 aprile 2007 una bomba esplode per la prima volta nel villaggio cristiano di Tel-Esqof, situato nella piana di Ninive, non lontano da Mossul, uccidendo venti cristiani assiro-caldei e provocando molti feriti. Ugualmente si registrano attacchi contro le sedi delle organizzazioni assiro-caldee. Le donne sono obbligate a portare il velo, sono incendiati negozi di proprietà di cristiani, studenti sono attaccati all'interno delle università, specialmente a Mossul e a Baghdad.

Bassora si è praticamente svuotata della sua popolazione cristiana. Circa il disfacimento degli apparati dello Stato iracheno e l'anarchia che regna, Monsignor Louis Sako, Arcivescovo caldeo di Kirkuk, ha dichiarato nel maggio 2006: «Siamo passati dalla dittatura all'anarchia. Non c'è più legge, la polizia è molto debole, l'esercito sta formandosi e i più forti sono i terroristi». L'Arcivescovo siriaco cattolico di Baghdad, Monsignor Matti Sh. Matouka, ha dichiarato nell'aprile 2007: «A Baghdad la situazione è critica: mancanza di sicurezza, autobombe, ogni sorta di esplosivi seminati qua e là, rapimenti di persone, etc. Tante famiglie sono state funestate dal lutto, altre hanno abbandonato Baghdad per andare a nord o al di fuori del paese. Tutto questo riduce il numero dei nostri fedeli e la maggior parte di quelli che restano sono famiglie povere».

Nello stesso tempo, l'Arcivescovo caldeo di Kirkuk ha dichiarato che ciò che i cristiani subiscono in termini di minacce e di esilio, ruberie, rapimenti e morti, era estraneo ai valori iracheni, umanisti e islamici. Di conseguenza voler vuotare il paese dai suoi cristiani sarebbe una grande perdita. Il 23 aprile 2007 egli ha lanciato questo grido d'allarme all'agenzia cattolica Asia News: «In Iraq i cristiani stanno morendo, la Chiesa sta scomparendo sotto continue persecuzioni, minacce e violenze perpetrate da estremisti che non intendono lasciarci altra scelta: conversione o esilio». Il Segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite ha dichiarato nell'aprile 2007: «Più di otto milioni di civili iracheni hanno bisogno urgente di aiuto umanitario». Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione, il 15 febbraio 2007, richiamando i ventisette Stati membri a una maggiore solidarietà verso i rifugiati iracheni.

Esodo di massa

Malgrado queste grida di sgomento, il numero dei cristiani che abbandonano il paese non fa che aumentare e rappresenta il 40% degli iracheni che sono fuggiti. A Mossul, che conta solo il 3% di cristiani, il 30% dei fedeli è stato costretto ad abbandonare le abitazioni. Baghdad si è praticamente svuotata di più della metà della sua popolazione cristiana, che ha scelto il nord del paese o l'estero. Infatti centinaia di famiglie di molti quartieri di Baghdad sono partite per trovare rifugio nei villaggi cristiani della piana di Mossul o del Kurdistan, regioni relativamente più sicure, o cercano asilo soprattutto in Siria e in Giordania, aspettando di poter guadagnare l'Occidente. Su circa 800 mila cristiani, più di 350 mila hanno già preso la via dell'esilio (Siria, Giordania, Turchia, Iran). Le testimonianze raccolte presso questi rifugiati danno della situazione un quadro intollerabile, terrificante e spaventoso. Altri sono sfollati interni. Per esempio, la città cristiana di Ankawa, in prossimità di Erbil, nel nord del Paese, accoglie un gran numero di cristiani venuti da Baghdad. Più di 15 mila famiglie cristiane si sono installate a nord. Il quartiere di Dora , un tempo centro cristiano di Baghdad, si è svuotato dei 3/4 della sua popolazione cristiana e le sue sette chiese hanno chiuso i battenti. Il numero dei rifugiati dall'Iraq in Occidente è in forte crescita. Il bollettino Oeuvre d'Orient scriveva nel dicembre 2006: «La cristianità d'Iraq è decimata o va errando senza documenti nella speranza di trovare accoglienza nei paesi occidentali, che ritiene ancora, nella sua buona fede, paesi cristiani!». Si parla di una reale campagna di persecuzione rivolta contro i cristiani iracheni.

All'indomani dell'assassinio del padre Boulos Iskandar, prete della chiesa di Sant'Efrem a Mossul, Il Consiglio dei Vescovi di Ninive ha pubblicato, il 12 ottobre 2006, il seguente comunicato: «Il nostro appello si rivolge a tutti gli iracheni buoni; noi facciamo appello all'onore dei capi-tribù della regione di Ninive, ai loro notabili, ai loro saggi e ai loro intellettuali; facciamo appello all'onore dei nostri venerabili fratelli, uomini di religione e predicatori delle moschee e delle chiese, per chiamare all'azione comune concreta, mano nella mano, cristiani e musulmani, nel mutuo rispetto, per l'aiuto vicendevole e la salvaguardia della vita comunitaria, in pace ed armonia, a somiglianza dei nostri padri; e a raddoppiare gli sforzi per porre rimedio alla situazione drammatica che degli intrusi al nostro paese e al nostro popolo unito vorrebbero imporre». Ma questo appello è stato inteso?

Di fronte alle costanti minacce e al rapimento del Rettore e del Vice-rettore del Grande Seminario Saint-Pierre di Baghdad, nel settembre e dicembre 2006, la Chiesa caldea ha deciso di trasferire - provvisoriamente - il Seminario e la Facoltà di teologia e di filosofia (Babel College) nel Kurdistan iracheno. Questo collegio pontificio contiene una ricca biblioteca e manoscritti rari. Così i grandi centri religiosi danno il loro addio a Baghdad. Essi abbandonano il distretto di Dora per stabilirsi ad Ankawa, sperando di trovare una regione più sicura. Queste due istituzioni, chiuse a Baghdad nel settembre 2006, hanno ripreso la loro attività nel nord dell'Iraq l'11 gennaio 2007.

Follia per la ragione umana

In una lettera indirizzata alla conferenza internazionale che si è svolta il 3 e 4 maggio a Sharm el-Sheikh (Egitto) sul tema dell'Iraq, i Vescovi caldei del nord dell'Iraq si sono appellati alla comunità internazionale perché intervenga per proteggere la vita degli iracheni. Essi definiscono la situazione in Iraq come una «follia per la ragione umana». Quanto al Patriarca caldeo, Emmanuel III Delly, egli ha con forza accusato le autorità irachene e le forze straniere, il 6 maggio 2007, a Erbil, per la loro incapacità di proteggere i cristiani. Ha invocato un intervento decisivo per arrestare l'emorragia di cristiani perseguitati d'Iraq. Ha espresso la sua denuncia in questi termini: «I cristiani sono uccisi, cacciati dalle loro case sotto gli occhi di quelli che sono ritenuti responsabili della loro sicurezza».

La persecuzione dei cristiani, ha detto nella sua omelia nella chiesa Mar Quardagh, non è dovuta al solo governo iracheno, è venuta anche dall'esterno, cha ha attentato alla dignità del popolo iracheno. Nei confronti degli americani, che egli definisce occupanti, utilizza parole dure: «Essi sono venuti senza il nostro consenso e noi non siamo d'accordo con quello che hanno fatto e con quello che fanno nel nostro paese». Da parte sua, Mar Dinkha IV, Patriarca della Chiesa assira orientale, si è rivolto alle autorità irachene, attraverso il canale satellitare Ishtar TV, il 10 maggio 2007, in questi termini: «Noi non ce ne staremo zitti». Vista la gravità della situazione, i due patriarchi, assiro e caldeo, hanno adottato il 10 maggio una dichiarazione comune nella quale affermano: «I cristiani sono vittime di ricatto, di rapimenti e di deportazioni forzate in numerose regioni dell'Iraq, particolarmente in quelle sotto il controllo dello "Stato islamico dell'Iraq"». I due prelati hanno sottolineato la loro sorpresa di fronte all'estensione dell'influenza di al-Qa'ida, che «colpisce ormai i quartieri di Baghdad, mentre il governo resta in silenzio e non prende misure ferme per arginare questa espansione».

In seguito a queste pressioni, il governo iracheno, il 22 maggio 2007, ha reso pubblica una dichiarazione nella quale condannava gli attacchi contro i cristiani e manifestava loro il suo sostegno: «Il Gabinetto iracheno ha preso in considerazione il problema delle minacce ed espulsioni a danno di famiglie cristiane a Baghdad da parte di gruppi terroristici. Il Gabinetto ha espresso il suo pieno sostegno per provvedere a tutta la necessaria assistenza, occorrente per proteggerli e offrire ogni assistenza per fronteggiare questa minaccia, che è rifiutata dalla nostra religione islamica ortodossa e dalla clemente società irachena, in tutte le sue componenti - specialmente circa il rapporto con i nostri fratelli cristiani». Ma tutto questo non ha avuto alcun effetto reale.

Quale avvenire?

Malgrado questo clima di insicurezza e di caos, i cristiani continuano a sfidare i pericoli e a testimoniare, a Baghdad, a Kirkuk e a Mossul, senza parlare del nord dell'Iraq, che è sotto la giurisdizione curda e dove i cristiani conoscono una relativa sicurezza, non tuttavia al riparo da invasioni sulle loro terre da parte dei curdi. Essi sono rappresentati all'Assemblea nazionale curda, eletta il 30 gennaio 2005 (5 deputati su 111) e sono presenti negli apparati statali. D'altra parte, la rivista cristiana irachena al-Fikr al-Masihi (Il pensiero cristiano), che esce senza interruzione dal 1964, si è vista assegnare, nel marzo 2007, la medaglia d'Oro dall'International Catholic Union of the Press (ICUP). Unanimemente apprezzata, edita in arabo, questa rivista è sopravvissuta alla più brutta delle crisi nella storia dell'Iraq. Arrivando a tutti i livelli della società irachena, al-Fikr al-Masihi è divenuta un punto di riferimento per i cristiani, i musulmani e le altre religioni.

Ventimila cristiani portano avanti attività di vario tipo attorno a Mons. Louis Sako a Kirkuk , città molto sensibile, le cui caratteristiche etno-demografiche erano state alterate da Saddam Hussein (deportazioni forzate delle popolazioni curde, arabizzazione, insediamento di arabi fatti venire dal sud), e il cui statuto resta incerto. Alla fine del 2007 un censimento della popolazione, seguito da un referendum, dovrebbe decidere del suo avvenire, in base ai testi costituzionali in vigore. Se un tale progetto dovesse realizzarsi, si potrebbe arrivare al peggio. L'autonomia del Kurdistan, effettiva dal 1992 e avallata dalla Costituzione irachena (artt. 117 e 141), potrebbe allora trasformarsi in indipendenza, aprendo la via all'esacerbazione delle tensioni, anzi all'ignoto. Già le popolazioni arabe, sempre meno sicure, cominciano ad abbandonare la città per paura del domani, e vi si sono insediati i curdi. D'altra parte, nella provincia di Ninive, attorno a Mossul, i cristiani, che sono molto attivi, sono tentati dalla concessione di una regione amministrativa autonoma in grado di garantire la loro sicurezza e assicurare la loro protezione all'interno di una zona omogenea, come nel caso del 1925. È stato presentato un progetto per la costituzione di una regione autonoma. Altri chiedono che la loro regione venga riunita al Kurdistan.

A questo proposito, circa le amministrazioni locali, la Costituzione irachena garantisce i diritti amministrativi, politici, culturali ed educativi alle diverse nazionalità irachene, tra cui gli assiro-caldei (art. 125). D'altra parte la sezione V (art. 116-121) della Legge fondamentale irachena attribuisce un'ampia decentralizzazione alle regioni e alle province. In virtù dell'articolo 117.2, si possono costituire nuove regioni, dotate di poteri legislativo, esecutivo (ivi comprese forze di sicurezza) e giudiziario, e di una rappresentanza in seno alle ambasciate irachene all'estero (artt. 120 e 121). In tal modo, i cristiani sperano di avere un territorio sicuro (Safe Haven). In questa regione di Ninive, un seminario siriaco cattolico che porta il nome di Sant'Efrem ha visto la luce a Bakhdida (Karakosh) il 9 novembre 2006: esso è stato fondato dall'Arcivescovo siriaco cattolico di Mossul, Monsignor Georges Casmoussa.

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis.

Per citare questo articolo

 

Riferimento al formato cartaceo:

Joseph Yacoub, I cristiani inghiottiti nella notte irachena, «Oasis», anno III, n. 6, ottobre 2007, pp. 92-95.

 

Riferimento al formato digitale:

Joseph Yacoub, I cristiani inghiottiti nella notte irachena, «Oasis» [online], pubblicato il 1 ottobre 2007, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/i-cristiani-inghiottiti-nella-notte-irachena.

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