In questo appuntamento di T-arab vi presentiamo un brano satirico del gruppo al-Rāhil al-Kabīr (“Il grande defunto”) intitolato “Celebrazioni di Nostro Signore al-Baghdādī”

Ultimo aggiornamento: 18/03/2024 11:49:44

Metro al-Madina non è semplicemente uno dei pochi spazi culturali prevalentemente arabofoni rimasti in Via Hamra a Beirut. È soprattutto una garanzia per il panorama artistico indipendente libanese e mediorientale. Uno spazio musicale sempre all’avanguardia.

 

È per questo che non sorprende che l’album di debutto del gruppo al-Rāhil al-Kabīr (“Il grande defunto”), intitolato La Bombe e uscito nel 2016, sia stato preceduto da una serie di omonime esibizioni della band proprio a Metro al-Madina, tra il 2013 e il 2015, che hanno riscosso un grande successo di pubblico.

 

Il gruppo libanese, formatosi nel 2013, propone il patrimonio musicale arabo in chiave moderna, con nuovi spazi verbali, senza limitazioni di metodi e di regole. Pochi i limiti anche nei testi: ogni brano è marcato da una forte satira politica e sociale, indirizzata in particolare a dittatori ed estremisti religiosi, e all’isteria (o post-isteria) di molti Stati arabi.

 

[Qui puoi scoprire perché questa rubrica si chiama T-arab e vedere le puntate precedenti]

 

La canzone che vi proponiamo oggi, Mawlid Sayyidī al-Baghdādī (“Celebrazioni di Nostro Signore al-Baghdādī”)[1] prende di mira l’emblema dell’estremismo religioso: l’ISIS e il suo (oramai ex) capo: Abū Bakr al-Baghdādī. Un tema molto sensibile e pervasivo, soprattutto negli anni delle prime performance e registrazioni della band. Rispondendo a (pochi) commenti infuocati su YouTube, i musicisti precisano che la canzone non critica certamente l’Islam, bensì la deriva estremista dei sostenitori di al-Baghdādī. Un altro utente sembra centrare in pieno l’intento della canzone: «Ridere dei tiranni li fa impazzire!».

 

Non è l’unico brano dell’album che parla di estremismo religioso: nella traccia La Bombe la parola è data a un tenero ed educatissimo attentatore suicida. Ci sarebbe poi la canzone su Mohamed Morsi e il suo improbabile mix di inglese e arabo, quella sulle proteste di piazza nel mondo arabo, sulla cieca obbedienza ai leader locali (zu‘amā’)… per oggi, l’ISIS può bastare.

 

Buon tarab!

 

Canzone: Mawlid Sayyidī al-Baghdādī – St. Baghdadi’s Celebrations

Artista: al-Rāhil al-Kabīr - The Great Departed

Data di uscita: 2016

Nazionalità: Libano

 

 

[Qui la quarta canzone proposta nella rubrica T-arab

 

 

Celebrazione di Nostro Signore al-Baghdādī

Invoco te, invoco te mio signore,[2]

Abū Bakr al-Baghdādī

Tu che comandi per volere di Dio

Tu che propugni la legge di Dio

Tu che guidi i servi di Dio

Verso un baratro[3] senza pari

Poiché l’Islam è misericordia (rahma)

Sgozziamo (gli infedeli) e distribuiamo (in dono) la carne (lahma)

Per ridurre il traffico (zahma)

Facciamoci esplodere in mezzo alle creature di Dio

Poiché “non c’è costrizione nella religione”[4] (dīn)

Facciamo a pezzi tutti gli apostati (murtaddīn)

Sciiti, sunniti

e cristiani oh, che peccato![5]

Poiché le rivoluzioni sono una fitna[6]

E le voci delle donne sono una fitna[7]

Ci siamo ficcati tutti in un bel guaio?[8]

[Beh,] solo Dio è eterno![9]

[Poiché] il pudore è parte della Fede (īmān)

e la fitna proviene dal Maligno (shayṭān)

Lo giuro! Se io fossi una mucca,

lo giuro, indosserei il reggiseno![10]

 

 

 

مولد سيّدي البغداديّ

مَدَدْ مَدَدْ يا سيّدي

أبو بكر البغداديّ

يا حاكم بأمر الله

يا ناصر لشرع الله

يا سايق عباد الله

على هاوية ولا بعدها هاوية

وعشان الإسلام رحمة

رح ندبح ونوزّع لحمة

وعشان نخفّف زحمة

ح نفجّر في خلق الله

وعشان "لَا إِكْرَاهَ فِي الدِّينِ"

فلنقضِ على المرتدّين

الشيعة والسنيّين

والنصارى يا خسارة

وعشان الثورات فِتنة

وأصوات النسوان فِتنة

أَهو كلّنا في الحيطة فُتنا

ولا دايم غير وجه الله

الحشمة من الإيمان

والفِتنة من الشيطان

وأنا والله لو كنت بقرة

لكنت والله ألبس "سوتيان"

 


[1] Il termine mawlid (letteralmente “nascita”) indica in particolare le celebrazioni per l’anniversario della nascita del Profeta (o di altre figure religiose considerate importanti).
[2] Il termine madad è sia un saluto formale, traducibile con “ave!” “lunga vita a te!”, “che tu sia benedetto!” oppure una formula di aiuto e supplica: “Intercedi!”, “vengo a te in cerca di…”. Lungo tutta la canzone, si nota la combinazione di linguaggio formale e di espressioni più colloquiali, nonché la ricerca di rime semplici, indicate nel testo italiano tra parentesi.
[3]Al-hāwiya”, termine coranico traducibile con “baratro”, “abisso”, “voragine”, destinato ai dannati (Corano 101,9).
[4] Famosa citazione coranica, fonte di grandi dibattiti, spesso interpretata come possibile appello alla libertà di coscienza (Corano 2,256).
[5]Yā khasāra” (lett. oh, che perdita!), è un’espressione di disappunto, usata qui in modo ironico, traducibile anche con “che sfortuna!”, “ahiloro!”.
[6] Il termine polisemico fitna (lett. “tentazione”, “prova”) è un concetto cardine nella storia dell’Islam, indicante micro e macro-eventi che hanno spaccato il mondo islamico, dagli scontri armati alle diatribe teologiche. In generale, fitna indica dunque un motivo di tribolazione e di conflitto da evitare e condannare. In questo caso, le rivoluzioni, tacciate di dividere e dilaniare una nazione, ricordano l’accezione di fitna che rimanda alle guerre intestine in seno all’Islam dei primi secoli.
[7] Si noti la voce femminile che canta queste righe. Tra i vari significati di fitna come “tentazione” ricorre anche “infatuazione” e “seduzione”. Secondo alcune scuole teologiche islamiche particolarmente rigide, la musica (e a maggior ragione il canto di una donna) sono motivo di fitna.
[8] Lett. “Siamo entrati nel muro”, dove “siamo entrati” (fatna-futna) rima con fitna. Si riferisce alla sorte dei membri del gruppo, che cantano (anche con voci femminili) la rivoluzione e la ribellione al potere.
[9] Lett. “non v’è altro d’eterno se non il volto di Dio”. Una sorte di memento mori, evocato ironicamente dalla band di fronte alla sorte che toccherà loro per aver cantato temi causanti fitna, e in più con voci femminili.
[10] Abū Bakr al-Baghdādī, secondo alcune indiscrezioni mai confermate, avrebbe comandato di coprire le mammelle delle mucche poiché tale nudità turbava la sua integrità morale.
 

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