Prima incursione della rubrica T-arab nella scena musicale rap, considerato un po’ precipitosamente il genere per eccellenza delle Primavere arabe. Si parte dalla Tunisia, e non poteva essere altrimenti

Ultimo aggiornamento: 18/03/2024 11:50:11

Quando si parla di “rap” e “Primavere arabe” è necessario fare una non proprio breve premessa. A maggior ragione se la canzone, come quella che vi presentiamo oggi, proviene dalla Tunisia, nazione celebrata per aver scatenato la scintilla di queste Primavere e famosa per la sua scena musicale rap.

 

In effetti, basta una breve ricerca per accorgersi che l’hip hop e il rap tunisino di questo millennio sono tra i fenomeni musicali arabi più discussi e studiati in assoluto, con importanti contributi italiani (d’altronde la scena rap e hip-hop italo-tunisina non è di minor importanza, con i nostrani Ghali, Master Sina, Karkdan, etc.). La bibliografia è vasta ed eterogenea, da reportage giornalistici a documentari, libri e studi accademici. Complice di questo successo è certamente il legame tra i giovanissimi rapper tunisini e le Primavera arabe iniziate dieci anni fa. Ma si tratta di una storia più lunga…

 

La scena hip-hop tunisina inizia ufficialmente già nei primi anni ’90 (si pensi a Slim Larnaout), per poi crescere nei primi anni Duemila. Non nasce come musica esclusivamente “impegnata”: certo, artisti come Balti utilizzano la musica per portare sul palco questioni sociopolitiche (iconica la sua Mama sull’immigrazione tunisina verso l’Europa, uscita nel 2009), ma evitano spesso di puntare il dito esplicitamente contro dei responsabili.

 

A questo ci pensano soprattutto i rapper espatriati, come Ferid el Extranjero (nel 2006, dalla Spagna) o la scena underground, che potremmo definire dei “clandestini in patria”. Si tratta di ventenni delle realtà urbane più disagiate: El Général, Mousse, Lak3y, Mr Ta.k.a, Don Koss, Weld El15, Armada Bizerta e Klay BBJ. Questi artisti sono una minima parte, anche se la più famosa, dei rapper tunisini attivi negli anni delle Primavere, e in particolare a cavallo tra le proteste di piazza e la fuga di Ben Ali.

 

Si tratta di voci, istanze e musicalità molto diverse tra loro, unite in qualche modo dai dati anagrafici, dal periodo di attività e dall’origine suburbana. Alcuni di questi artisti, poi, sono accomunati dai periodi passati in carcere con l’accusa di vilipendio alle istituzioni dello Stato. Un destino condiviso con rapper di altre nazionalità: il tunisino Weld E15, per esempio, fu arrestato per la sua Boulicia Kleb (“I poliziotti sono dei cani”), mentre il marocchino L7a9ed per Klab Dawla (“Cani dello Stato”). Risultato? Migliaia di visualizzazioni per le rispettive canzoni.

 

Anche l’artista di oggi è passato per il carcere: nel dicembre 2010, l’allora ventiduenne Hamada Ben-Amor, aka el-Général, fu imprigionato per aver composto la canzone Rais el-Bled (“Presidente del Paese”), accompagnata da un video semplice e potentissimo: un berretto, un microfono, le immagini di un bambino terrorizzato alle domande dell’allora presidente tunisino Ben Ali e un appello senza sconti a quest’ultimo, su miseria, disoccupazione, violenza e mancanza di diritti nella Tunisia che stava scendendo in piazza nella cosiddetta “Rivoluzione dei gelsomini”.

 

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Un copione perfetto, in pieno cliché “gioventù araba arrabbiata: un giovanissimo cantante di periferia, senza mezzi, magari arrestato per i suoi testi espliciti e coraggiosi, sfida il regime poliziesco e lo fa cadere con la forza delle sue parole e della sua rabbia, sacrificandosi però per la libertà.

 

Ecco dunque rimbalzare da un giornale all’altro generalizzazioni e romanticizzazioni neo-orientaliste: certe canzoni diventano subito “inni della rivoluzione, e si innalza il rap a genere par excellence delle “Primavere”. Titolo giornalistico tipico, declinato a piacere: “Senza il rap, non ci sarebbe stata una primavera araba”.

 

Ahinoi, è più complicato di così. Come ricorda Cristina Moreno Almeida, il rap arabo non è un fenomeno omogeneo, né per forza transregionale. Soprattutto, non è «una specie di miracolo culturale, capace di unire la gioventù della regione, nel cospirare contro il regime»[1]. Può essere ed esser stato anche questo, ma è limitante considerarlo solo attraverso la lente delle Primavere arabe, restituendone un’immagine “iper-politicizzata” e dimenticandosi che si può essere politici anche al di fuori della “cultura della protesta”.

 

Forse il rap arabo, in alcuni contesti e in precisi momenti storici, è stato il genere musicale che più ha saputo parlare alle giovani generazioni. Questo però non giustifica l’esagerata amplificazione di questo fenomeno da parte dei media occidentali, che rischia solo di alimentare stereotipi e narrazioni semplicistiche, lontane dalla realtà. Quanti giovani yemeniti o iracheni sono scesi in strada spinti da canzoni rap maghrebine di cui difficilmente riescono a capire l’arabo? Quanti giovani tunisini ascoltano rap o conoscono artisti che, in Occidente, abbiamo definito come la “colonna sonora” delle primavere?

 

È con queste premesse che vi presentiamo la canzone più rappresentativa di questo “rap primaverile”, consci che, per i non arabofoni, può risultare poco entusiasmante. Noi oggi proviamo ad apprezzarne il carattere spontaneo e amatoriale: la bassa risoluzione del video, l’ostinata base musicale composta da una manciata di note in loop e un flusso di parole a dir poco veemente.

 

Buon “tarab”!

 

Canzone: Rais el-Bled

Artista: El-Général

Data di uscita: 2010

Nazionalità: Tunisia

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
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Presidente del Paese!

 

[Ben Ali chiede, rivolgendosi al bambino: «Perché sei preoccupato? Non mi dici niente? Non spaventarti!»]

 

Presidente!

Oggi ti parlo

a nome mio e di tutto il popolo che vive nella sofferenza

nel 2011 ci sono persone che ancora muoiono di fame

che vogliono lavorare per sopravvivere ma le loro voci non sono ascoltate

Scendi in strada e guarda, la gente è imbestialita!

Guarda la polizia[1] con i manganelli[2] che fanno “tak, tak”, se ne fregano!

Non c’è nessuno che dica loro “No!”

Pure delle leggi nella Costituzione, se ne fottono![3]

Ogni giorno sento di processi inventati[4]

Ma[5] chi governa sa che quella gente è innocente[6]

E vedo vipere che mordono le nostre ragazze[7]
vorresti che succedesse a tua figlia?

Lo so, certe parole fanno male

E so che nessun padre vorrebbe che il male colpisse i suoi figli[8]

Bene, questo messaggio[9] proviene da uno dei tuoi piccoli, che ti parla

in questa sofferenza[10] viviamo come cani

Mezzo popolo vive nel degrado[11] e beve dalla coppa della sofferenza

 

Presidente!

Il tuo popolo è morto

C’è gente che mangia dalla spazzatura,

Guarda cosa sta succedendo nel Paese

C’è miseria ovunque, la gente non ha un posto per vivere

Oggi ti parlo, in nome del popolo oppresso

E schiacciato sotto i piedi

 

Presidente del Paese,

Mi hai detto di parlare senza paura[12]

Ho parlato, ma so che mi aspettano solo guai[13]

Vedo troppa ingiustizia, per questo ho deciso di dire tutto!

Benché tante persone mi abbiano detto che finirò condannato a morte,

Ma fino a quando i tunisini vivranno nell’illusione?

Dov’è la libertà di espressione? Magari non fossero parole vuote!

La Tunisia è detta “la verde”,[14] Presidente, vieni a vedere,

oggi il Paese si è trasformato in un deserto diviso in due,

una rapina delle forze che dominano il Paese, alla luce del sole,

ma senza che io le nomini tu sai chi di chi si tratta!

Tanti soldi sono stati spesi per progetti e implementazioni,

scuole, ospedali, edifici e migliorie,
Ma questi figli di cani[15]

con i soldi del popolo hanno ingrassato le loro pance

Han rubato, saccheggiato, rapinato, sequestrato e si sono tenuti le poltrone

So che ci sono tante parole nel cuore del popolo che non vengono fuori,

ma se non ci fosse questa ingiustizia non ci sarei qui io a dire queste cose.

 

Presidente!

Il tuo popolo è morto

C’è gente che mangia dalla spazzatura,

Guarda cosa sta succedendo nel Paese

C’è miseria ovunque, la gente non ha un posto per vivere

Oggi ti parlo, in nome del popolo oppresso

E schiacciato sotto i piedi

 

Ok…la voce del Paese…el-Géneral…2011

Stessa situazione…stessi problemi e sofferenze

Presidente…Presidente…Presidente…

 

Presidente!

Il tuo popolo è morto

C’è gente che mangia dalla spazzatura,

Guarda cosa sta succedendo nel Paese

C’è miseria ovunque, la gente non ha un posto per vivere

Oggi ti parlo, in nome del popolo oppresso

E schiacciato sotto i piedi

 

 

 

ريّس البلاد

هاني اليوم نحكي معاك
باسمي وباسم الشعب الكلّ

اللّي عايش في العذاب
بألفين وحداعش

ما زال فمّا شكون يموت بالجوع
حَبّ يخدم باش يعيش

لكن صوته مش مسموع
اهبط للشّارع وشوف

العباد ولّت وحوش
شوف الحاكم بالـmatraque "تاك أتاك" ما على بالوش
مادام ما فمّا حدّ باش يقلّه كلمة لا
حتّى القانون اللّي في الدستور انفّخه واشرب ماه
كل نهار نسمع قضيّة

ركّبوهاله بالسّيف
pourtant الحاكم يعرف اللّي هو عبد نظيف نشوف

في الأحناش تضرب في النساء المتحجّبين
زعمة ترضاها لبنتك؟ عارف كلام يبكّي العين
عارف ما دامك بو ما ترضاش الشرّ لصغارك
alors هذا message عبارة واحد من صغارك يحكي معاك
من الـsouffrance رانا عايشين كالكلاب
شطرّ الشعب عايشين الذلّ وذاقوا من كاس العذاب

ريّس البلاد، شعبك مات
برشة عباد من الزبلة اكلت
هاك تشوف إش قاعد صاير في البلاد
مآسي
partout وناس ما لقاتش وين تبات
هاني نحكي باسم الشعب
اللّي تظلموا واللّي انداسوا بالصبّاط
(2×)

 

ريّس البلاد

قلتلي احكي من غير خوف
هاني حكيت لكن عارف اللّي نهايتي كان الكفوف
نشوف في برشة ظلم

هذاك علاش اخترت الكلام

pourtant وصّوني برشة عباد اللّي نهايتي كان الإعدام
لكن

إلى متى التونسي عايش في الأوهام
وينها حريّة التعبير؟ ريت منها كان الكلام
سمّيتوا تونس بالخضراء، ريّس البلاد، هاك تشوف
اليوم البلاد ولّت صحرا مقسومة على زوز طروف
سرقات بالمكشوف

بالغورة مِلكوا البلاد
من غير ما نسمّي انت تعرف

شكونهم هالعباد
برشة فلوس كانت ماشية مشاريع و إنجازات
مدارس ومصحّات

بناءات و تعديلات
لكن أولاد الكلاب بفلوس الشعب عبّوا الكروش
سرقوا ونهبوا وفكّوا وخطفوا وفي الكراسي ما سيّبوش
نعرف الّلي برشة كلام في قلب الشعب ما يوصلش
كان جا الوضع من غير ظلم راني اليوم ما نتكلّمش


ريّس البلاد، شعبك مات
برشة عباد من الزبلة اكلت
هاك تشوف إش قاعد صاير في البلاد
مآسي
partout وناس ما لقاتش وين تبات
هاني نحكي باسم الشعب
اللّي تظلموا واللّي انداسوا بالصبّاط
(2×)

أوكي...صوت البلاد...جنرال...ألفين وحداعش
نفس الحال...نفس المشاكل والـsouffrance
ريّس البلاد... ريّس البلاد... ريّس البلاد...

ريّس البلاد، شعبك مات
برشة عباد من الزبلة اكلت
هاك تشوف إش قاعد صاير في البلاد
مآسي
partout وناس ما لقاتش وين تبات
هاني نحكي باسم الشعب
اللّي تظلموا واللّي انداسوا بالصبّاط
(2×)

 


[1] Hākim, lett. “autorità”, “governante”.

[2] Matraque, termine francese, con il significato di “bastone” o “manganello”, che ci ricorda l’importante presenza di questa lingua nell’arabo colloquiale tunisino.

[3] Questa espressione idiomatica araba, traducibile liberamente con: “mettilo a mollo e bevine la sua acqua/il suo succo”, indica una sprezzante o beffarda indifferenza.

[4] Lett. “le hanno preparate con la spada”, ossia “le hanno costruite a proposito con l’uso della violenza”.

[5] Pourtant, vocabolo francese traducibile con “eppure”, “ma”, “benché”.

[6] Nazīf, lett. “pulita”.

[7] Al-nisā’ al-mutahajjibīn, lett. “le donne con il velo”. È indicativo questo uso della retorica “padre protettore/figlia indifesa”, metafora della cura (paternalistica) di un Capo di Stato verso il proprio popolo.

[8] Sighār, lett. “piccoli”.

[9] Si noti l’utilizzo di vocaboli francesi come alors e message.

[10] Il cantante utilizza il termine francese souffrance.

[11] Dhull, traducibile anche con “umiliazione”, “disonore”, “mortificazione”, “rassegnazione”.

[12] Si riferisce all’invito a parlare senza paura, rivolto da Ben Ali al giovanissimo studente, così come si vede e si sente all’inizio del videoclip.

[13] Kufūf, lett. “sberle”, “schiaffi”.

[14] Aggettivo usato per lodare la rigogliosa natura tunisina.

[15] La parola kalb (“cane”), in arabo, è percepito come un insulto pesante.

 


[1] https://blogs.lse.ac.uk/mec/2017/12/03/revisiting-the-cultural-field-in-morocco-and-tunisia-after-the-arab-spring/ Cristina Moreno Almeida, Rap Beyond Resistance: Staging Power in Contemporary Morocco, Palgrave Macmillan, London 2017).

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