Con la sua parabola artistica, la band tunisina ha qualcosa da dire sulla primavera araba. Anche nella musica, infatti, c’è un post-2011

Ultimo aggiornamento: 18/03/2024 12:05:13

In un nostro precedente episodio, presentando la canzone Rais el Bled ci siamo occupati della scena rap/hip-hop tunisina, mettendo però in guardia da certe generalizzazioni sul ruolo di quest’ultima nelle “Primavere arabe”.

 

Ribadendo quella precisazione, ci avventuriamo oggi in una pietra miliare del rap arabo del nuovo millennio, ossia l’album Khat Thaleth (“Terza linea”), «iniziativa per una maggiore consapevolezza pubblica». Si tratta di una raccolta di 23 tracce di conscious rap firmate da artisti tunisini, egiziani, palestinesi, giordani, libanesi e siriani. Come spiega la Mostakell Records, interessante casa di produzione “indipendente”, il titolo ha un doppio significato: può riferirsi a una “terza via” che guarda al contesto politico arabo attraverso «critiche e commenti sferzanti degli artisti agli attuali sistemi politici»; oppure indicare la “terza linea” ferroviaria, quella su cui viaggiava il treno che collegava Damasco con Medina, come la copertina dell’album stesso suggerisce, in una sorta di rinnovato panarabismo (non solo musicale).

 

Quasi ogni traccia di questo album meriterebbe un approfondimento: si passa dalla questione palestinese a quella siriana, da inconciliabili dicotomie popolo-governo, a rivisitazioni di canzoni tradizionali fino a nuovi Medio Orienti. Per oggi, sperando di non ingannarvi insinuando che il miglior rap arabo sia esclusivamente maghrebino, ci concentriamo di nuovo su un gruppo tunisino: gli Armada Bizerta. Motivo? La biografia della band, il titolo e il testo della canzone ci aiutano ad andare al di là del “rap delle primavere arabe”, mostrandoci che, anche per questi artisti, c’è stato un “dopo” gli eventi del 2011, che non si deve ignorare. Inoltre, si tratta di una delle rare canzoni dell’album che includono la voce femminile di Yosra (forse in leggerissimo anticipo sull’attuale boom di rap arabo femminile).

 

Gli Armada Bizerta nascono come quartetto nel 2006 (Malex, Gal3i, Campos e Blacko-M). Il loro primo album è stato La Phrase d’Attaque, con il singolo Revolution del 2009. A gennaio 2011, mentre Ben Ali scappava, stavano cercando di registrare Touche pas à ma Tunisie, una delle loro canzoni più famose, insieme a I say no e Sound of da Police. Nel 2012 esce il loro disco La Culture de la Résistance. Temi? Richiesta di diritti essenziali come la libertà di espressione, critica al sistema politico di Ben Ali, denuncia della spietata repressione poliziesca e una particolare attenzione alle periferie povere e simili “situazioni dimenticate”.

 

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Qualche anno dopo il loro primo singolo, però, la situazione è cambiata: durante un tour europeo, due componenti del quartetto decidono di rimanere in Europa. Digitando il nome della band su internet, quasi tutti gli articoli sono datati 2011 e 2012, mentre uno dei primi risultati più recenti (2015) riguarda Campos, rimpatriato in Tunisia dalla Svizzera dopo anni clandestini in Europa. Una storia che ci ricorda in parte quella di Master Sina, arrivato in Italia clandestinamente a 12 anni e ora rapper “italo-tunisino” da milioni di visualizzazioni su YouTube. Recentemente, anche Gal3i si è stabilito in Francia. Lui stesso, in un’intervista passata, contemplando la possibilità di emigrare, commentava: «senza lavoro, nessun tipo di libertà politica costruirà un futuro» e «c’è stato un momento di libertà d’espressione, ma temo una rapida regressione». Due temi cruciali, toccati in una delle ultime due canzoni del gruppo, quelle uscite appunto in Khat al-Thaleth nel 2013. Infine, c’è chi in Tunisia è rimasto. Ancora oggi, Malex cerca di impegnarsi nella sua società, non più attraverso il rap, ma come attivista e fotoreporter.

 

Delle due canzoni dell’album, scegliamo di presentarvi Tahta al-sūr (“sotto le mura”). Il testo è chiaro: il cambiamento tanto desiderato non si è realizzato e anzi, in certi contesti, l’ipocrisia della classe politica ha solo cambiato colore (all’uscita della canzone, il potere in Tunisia era passato in mano al partito di stampo “islamico moderato” Ennahada).

 

Questo brano e la biografia del gruppo ci insegnano che anche le parabole artistiche discendenti o del tutto concluse hanno molto da raccontare sulle “primavere arabe”. Seguire il percorso di una band negli anni in cui la loro vicenda, giornalisticamente parlando, interessa poco o niente, ci permette di tracciare delle microstorie, dei percorsi umani e artistici, che gli eventi del 2011 hanno inesorabilmente cambiato, allargando lo sguardo sul futuro e contestualizzando i cambiamenti tuttora in corso (cosa sono dieci anni di cambiamenti politici di fronte alla Storia?)

 

Anche il titolo, infine, ci chiede di ampliare gli orizzonti temporali, ma questa volta verso il passato: tahta al-sūr  è un richiamo al caffè “sotto le mura” nel quartiere popolare di Bāb al-Suwayqa a Tunisi, punto di ritrovo dell’omonimo gruppo di intellettuali tunisini, impegnati nel rinnovamento culturale e politico del loro Paese nel periodo tra le due guerre mondiali.

 

Buon tarab!

 

Canzone: Tahta al-sūr

Artista: Armada Bizerta

Data di uscita: 2013

Nazionalità: -

 

 

Scorri verso il basso per leggere il testo tradotto in italiano e l'originale arabo.

Qui tutte le precedenti puntate.

 

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Sotto le mura[1]

 

Fanno parte dell’arredamento,

con i loro cuori di pietra

Sono già morti, con il loro voler più soldi, più score bancario

Ubriachi, amano tutto ciò che è artificiale, vogliono una casa più grande,

l’ultimo modello di macchina,

Sono i festaioli dei vecchi tempi di Zayn e di ‘Abidīn.[2]

Sono intoccabili, dentro al governo, ben immanicati[3]

Hanno derubato gli operai con la frode

Si son gettati contro i poveri con armi pesanti

Dai, metti in moto il sistema, guadagniamo di più! [4]

I fondi di capitale in Tunisia vogliono convertirsi a Dio.[5]

Lunga vita al profitto![6]

Tu hai soldi e potere, sei intoccabile proprio come ieri,[7]

il motto “Libertà, Ordine e Giustizia”[8] lo hanno buttato nella spazzatura

Facendo della Tunisia una vedova

L’unica cosa che sanno dell’Islam è il film al-Risāla[9]

Camminano in senso opposto, in senso antiorario

Accendono il fuoco con la benzina, mentre il Paese è in debito[10]

Le persone hanno la povertà tatuata addosso

E il Paese è diventato una misera pensioncina[11]

Censura i media[12]

E condanna a morte l’operaio

 

Hei, fratello,[13] hai lasciato le briciole alle aquile.[14]

Dove è il denaro, l’infamia, l’ignoranza?

Le persone lo trovano sotto le mura,

Il vecchio saggio, sepolto sotto il cielo, aveva ragione[15]

I soldi fan girare il mondo, e chi ha il potere non ha limiti

 

La rivoluzione ha lasciato dietro di sé una rivoluzione repressa[16]

Noi l’abbiamo fatta nascere, voi l’avete rubata

Voi comprate carne di qualità

Noi prendiamo e mangiamo i resti della spazzatura

E anche se non ci sfamiamo, ringraziamo il Signore che ci ha donato

la pazienza che è l’arma del forte (mentre) la povertà è cresciuta e ora vive con noi.

Quante volte, da piccoli, abbiamo contato il vostro denaro,

nei problemi di matematica, e con esso vi abbiamo comprato un sacco di case.[17]

Non ha colpe la moglie che ti sei comprato per la vergogna che ti procura (averla comprata)

La tua offerta era scura come il kohl [18]

Porta la merda al mercato e vendila[19]

Benedetto colui che ha perso e ha scoperto che la vincita era ḥarām

Togli a tuo fratello la sua parte d’eredità, sfama il diavolo, lui sì che è sempre affamato![20]

Le menti malate sono quelle capitaliste,

mentre le nostre menti sono sobrie (ma) capaci di muovere le montagne

Non ti far ingannare dalle apparenze e dalle poltrone nell’assemblea costituente

Che tu stia risolvendo il problema della disoccupazione è una favoletta come quella di tua mamma Sīssī,[21]

Il fante prende tutto[22]

È il gioco degli stupidi e dei perditempo[23]

A Zahrunī chi ha pane non ha denti[24]

Denunciami alla polizia, non mi importa[25]

La legge è controllata dai potenti

Mentre i piccoli muoiono di fame.

 

     تحت السور

 

Ils font partie du décor
 بقلوبهم المحجّرة

Ils sont déjà morts
أكثر فلوس أكبر score

سكارى يحبوا l’artifice أكبر دار آخر سيارة

سَهارى في زمان الزين ولّا العابدين

intouchables في الإدارة خاطر واصلين

سرقوا الطبقة الشغّيلة بالحيلة

نزلوا عالزوالي بالأسلحة الثقيلة

خدّم الماكينة خلّي نزيد نعبّي

رؤوس الأموال في تونس تحب تتوب لربّي

تحيا الحياة المصالح

عندك فلوس وpouvoir راك intouchable كما البارح

 système حرية نظام وعدالة
لوّح في الـpoubelle ردّوا تونس هجّالة

ما عرفوا من الإسلام كان فيلم الرسالة

ماشين en contre sens ضد عقارب المنقالة

طفّي النار بالـessence والبلاد راهي مسالة

الشعب موشّم souffrance والبلاد ولّت وكالة

جيب الغسالة للإعلام زيد أحكم بالإعدام عالخدّام في الختام

 

سلام يا بن عمّي خليت الكسرة للنسور

وين المال العار الجهل الناس تلاجي تحت السور

صدق سيدي الغارم مطمور تحت السما

دنيا بالمال تتباع والعالي ماله حدود

 

الثورة تخلّف الثورة المكتومة

إحنا اللي نجيبوها إنتوما تسرقوها

اللحمة البنينة إنتم اللي تشريوها

وفضلة الزبل إحنا نلموها وناكلوها

حتى كان ما شبعنا نحمدو ربي على اللي عطانا

الصبر السلاح القوي الفقر تربّى وعاش معنا

فلوسكم ياما كسّرناها كنا صغار

في مسائل الحساب شرينا بها كدس الديار

العار ما تجيبه كان مرتك اللي شريتها

كان عرضك كحال هبط الخرا للسوق وبيعها

الله يرحم اللي خلّى خسارة طلع رزق حرام

اعقر خوك في التركة وكّل الشيطان جيعان

العقول المريضة عقول رؤوس الأموال

أما عقولنا أحنا رزينة قادرة تهدّ جبال

ما تغرك المظاهر والكراسي في التأسيسي

مش كل البطالة تحل طلعت كخرافة أمك سيسي

اللص يهز الكل لعبة البهايم والغفّاصة

في الزهرون اللي عنده الفول ما عنده زروس

بهيم قدم قرعة برا اشكي للحاكم

القانون تحت الكبار والصغار تموت بالجوع.

 

 

 


[1] La canzone è in un difficile arabo colloquiale tunisino, che include naturalmente alcuni vocaboli e frasi in francese, nonché giochi di parole e riferimenti di difficile interpretazione. L’approssimativa traduzione in inglese, riportata sul libretto dell’album, non aiuta a chiarire molti punti. Anche per l’arabofono levantino che si è occupato di tradurre il testo il vernacolare tunisino presentava molte oscurità.
[2] Si tratta di un gioco di parole: zamān al-zayn significa letteralmente: “i buoni tempi (passati)” ma anche “il tempo di Ben Ali” (al potere dal 1987 al 2011), essendo Zayn al-‘Abidīn (lett. “ornamento dei devoti”) il nome di Ben Ali, a sua volta dal “soprannome” di ‘Alī b. al-Husayn, quarto imam sciita e pronipote del Profeta Muhammad.
[3] Il testo parla di idāra, lett. “amministrazione” indicando dunque il “governo” e persone “arrivate” e ben connesse, dunque protette e intoccabili.
[4] Lett. “la macchina” (del sistema).
[5] Si tratta di una frase sarcastica, volta probabilmente a denunciare una sorta di riciclaggio “religioso” di denaro.
[6] Masālih, lett. “affari”, “interessi economici”.
[7] Con “ieri” si riferiscono all’era di Ben Ali.
[8] Motto nazionale tunisino.
[9] Al-Risāla è un film del 1976 diretto da Moustapha Akkad, girato in parallelo sia in arabo che in inglese, pensato come introduzione alla storia dell’Islam e alla vita del Profeta Muhammad.
[10] Si tratta probabilmente di una condanna alla malagestione delle pur discrete risorse petrolifere tunisine.
[11] Wakāla, lett. “agenzia”, “casa di riposo”, “caravanserraglio”, “locanda”, tutti termini volti a indicare un luogo statico, poco vitale.
[12] Lett. si parla di ghasāla (“lavatrice”), nell’ottica di purificare i media, “lavando” ogni voce dissidente.
[13] Ibn ‘ammī, Lett. “cugino mio”.
[14] Le aquile (nusūr) indicano forse il popolo, il quale ha bisogno e dunque domanda, per sopravvivere, molto di più delle mere briciole?
[15] Sīdī o Sayyidī al-Ghārim. Non abbiamo trovato nessuna informazione su questo personaggio. Può darsi che si riferisca in modo più metaforico a un saggio vegliardo (sīdī significa “signore”, ma è utilizzato anche come titolo onorifico con il senso di “maestro” e “santo”).
[16] Maktūma, lett. “nascosta”, “segreta”, ma anche “costipata” (in arabo colloquiale egiziano), “bloccata”, “trattenuta”, “soppressa” o “repressa” (in particolare di un’emozione) e “soffocata” (per esempio “soffocare” o “estinguere” un fuoco). Questa frase sintetizza in maniera efficacie una dinamica comune verificatasi dopo i moti di protesta del 2011. Molte persone scese in piazza non hanno poi trovato riscontro alle loro istanze, coltivando dunque l’idea di una rivoluzione “repressa” o “incompiuta”.
[17] L’immagine si riferisce ironicamente ai problemi di matematica tipici delle scuole primarie e secondarie (“Hasan ha 5 case dal valore di 1o milioni di dirham l’una. Deve venderne 3, e comprarne 1 nuova dal valore di 20 milioni di dirham. Quanti soldi gli restano?”), l’unica occasione in cui questi ragazzi contavano così tanto denaro, appannaggio di una classe politica corrotta e distante dalla realtà del popolo tunisino.
[18] Il nero del kohl, una polvere scura utilizzata in particolare per truccare gli occhi e molto diffusa nel bacino del Mediterraneo, indica probabilmente offerte losche e affari illegali.
[19] Non è chiaro se questo verso sia da collegarsi con quello precedente o successivo, come compiuto nella traduzione inglese. Ad ogni modo, si tratta probabilmente di un ulteriore riferimento a compravendite illegali e giri di affari loschi.
[20] Il diavolo è affamato di opere meschine come togliere ingiustamente al fratello una parte di eredità.
[21] Ommi Sissi, “mamma Sissi”, celebre personaggio di una serie di racconti popolari tunisini. Il cantante desidera denunciare le promesse di riforme (costituzionali ed economiche) mai avvenute o mai pienamente realizzate.  
[22] Al-Liss, lett. il “ladro” prende tutto. Si riferisce al gioco di carte “Bassora” o “Basra” in cui il fante (al-walad, ma in questo gioco è detto anche al-liss) prende tutto.
[23] Il testo parla letteralmente di “bestie”. Si può forse leggere una critica alla società tunisina, “imbestialitasi” (come denunciava anche El Général) da anni di mal governo e di disillusione?
[24] Zahrunī (o Zahrouni) è una zona periferica e povera di Tunisi. Il proverbio “chi ha pane non ha denti” in arabo è traducibile letteralmente con “chi ha fave (fūl) non ha denti”. Il fūl è un piatto molto diffuso nel mondo arabo (e non solo), a base di fave, olio d’oliva in quantità, prezzemolo, cipolla, aglio e succo di limone.
[25] Seguiamo la traduzione inglese, che interpreta il modo di dire tunisino “un asino davanti a una zucca” come assenza di interesse dal momento che l’animale non mangia questo frutto.
 
 

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