Con le sue numerose collaborazioni e la sua capacità di fare rete tra artisti diversi, questo poliedrico protagonista della cultura libanese contemporanea ha cambiato il volto della musica indipendente araba

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 10:05:20

Aura enigmatica, guitalele a portata di mano, occhialoni quadrati giganti. Zeid Hamdan, nato a Beirut nel 1976, è molto di più di un produttore musicale. Definito – suo malgrado – il “padrino” della musica underground libanese e nominato uno degli otto protagonisti contemporanei della cultura libanese, dal 1993 (con i Lombrix) è impegnato nel rinnovamento della scena musicale (pop, underground o eccentrica che sia!) araba, prima come vero e proprio pioniere e oggi come un punto di riferimento imprescindibile.

 

Formatosi in un liceo chic di Parigi, dove ha condiviso i banchi di scuola con i nipoti degli Assad e dello Scià d’Iran, Zeid si fa conoscere (anche in Italia) fondando la band «pioniera del trip hop arabo» Soapkills, nome che si riferisce alla «nuova e pulita Beirut» post-guerra civile, come spiegato qui. L’altra metà del progetto è la cantante Yasmine Hamdan, un altro pezzo da novanta della musica araba (e no, nonostante il cognome, i due artisti non sono parenti!).

 

Zeid passa al pop rock anglofono anni ’70 dei The New Government, in riferimento alla precaria situazione politica libanese, per poi portare avanti il suo progetto Zeid and the Wings. Una scelta che gli costerà una notte in prigione nel 2011 per la sua canzone General Suleiman (il video è girato da un regista italiano, Gigi Roccati), ritenuta diffamante nei confronti del ex-presidente libanese Michel Suleiman. L’episodio non prosciugherà comunque la vena artistica del compositore, come il suo sito dimostra: chiamato appunto Lebanese underground, è una carrellata di brani “alternativi” da lui composti nell’ultimo decennio.

 

Un curriculum che lo ha elevato a vero e proprio talent scout (lui si definisce un giardiniere musicale): le interviste, gli articoli, e le playlist che lo coinvolgono vertono spesso sullo stato dell’arte della musica indie e sui nuovi talenti della regione.

 

È infatti attraverso le sue numerosissime collaborazioni (da musicista, da compositore e produttore, era lui il nome dietro la Mooz Records) e la sua capacità di creare rete tra diversi artisti della regione che Zeid ha cambiato il volto della musica indipendente. Solo per citare alcuni nomi, ha collaborato con le belle voci egiziane di Maii Waleed e Maryam Saleh; con i  diversissimi artisti libanesi Scrambled Eggs, Hiba Mansouri, Marc Codsi, Marie Abou Khaled e Dany Baladi; con il gruppo hip-hop palestinese Katibe 5; con l’artista guineano Kanjha Kora; di recente, con Lynn Adib, già protagonista di un nostro episodio passato, nel progetto Bedouin Burger.

 

Zeid è dappertutto e ha una passione per i progetti “regionali”: c’è lui dietro al gruppo Kazamada, formato insieme ad artisti del calibro di Donia Massoud (Egitto), Mahmoud Radaideh (fondatore dei JadaL, Giordania) e Tamer Abu Ghazaleh (Palestina), a lor dire «la prima band di questo genere nel mondo arabo, composta da importanti artisti indipendenti provenienti da diversi paesi arabi»; e sulla stessa scia, è lui l’ideatore di Bيt che lo porta a suonare con altre due realtà importanti della musica araba della regione: il giordano Muhammad Abdullah (il cantante dei Morabba3, anche loro nostra vecchia conoscenza) e i siriani Tanjaret Daghet.

 

C’è dell’altro? Certo. C’è sempre Zein dietro tanti concerti di beneficienza per Beirut o a sostegno di qualche progetto politico innovativo; dietro gli audaci video della poetessa-popstar Remie Akl; nelle improvvisazioni della Beirut Jam Sessions; nella musica delle passate proteste libanesi; oppure nelle colonne sonore di film come From Beirut with Love (Wael Nureddine, 2008), Che Gue Vara died in Lebanon (Christina Foerch Saab, 2011), Beirut Hotel (Danielle Arbid, 2012) e, più recentemente, Cafarnao (Nadine Labaki, 2019, nominato agli Oscar) e I volti dimenticati di Palmira (Meyar al-Roumi, 2020).

 

Segui la playlist di T-Arab su Spotify: esplora i brani degli episodi passati e scopri quelli in arrivo 

 

Se tutto questo non bastasse, due interviste italiane (qui e qui) permettono di approfondire il suo rapporto con le “primavere arabe” e la musica “indipendente”. E, visto che è divenuto un fatto di dominio pubblico, condivido questo articolo, che parte dalla vita privata di Zein, sposato con una donna etiope, per riflettere su un certo razzismo e classismo libanese.

 

All’inizio dell’estate scorsa la PopArabia ha acquisito i diritti di produzione della sua opera artistica. Una notizia non scontata e sicuramente una nuova fase potenzialmente esplosiva per un’artista indipendente che ha ancora molto da dire e da creare.

 

Scegliere il brano di oggi non è stato facile. Nessuna canzone rappresenta realmente il suo eclettismo ed eccentricità. Si passa dalla commovente Mouhit (“Mare”), che parla di due bambini rifugiati siriani in Libano, a Jazira (“Isola”), a suo modo tristemente in relazione con l’esplosione al porto di Beirut (2020). La scelta è ricaduta su Chacun il a ses problèmes (“Ognuno c’ha le sue grane”), datata ma sempre più fastidiosamente attuale nel contesto libanese.

 

Zein ha più volte affermato che, per lui, la musica è una patria, una terapia, una ricerca di identità, un mezzo per sopravvivere, lontano da conformismi, frontiere e tabù. Speriamo resti tale per ancora molto tempo.

 

Canzone: Chacun il a ses problèmes

Artista: Zeid and the Wings

Anno: 2015

Nazionalità: Libano

 

 

Scorri verso il basso per leggere il testo tradotto in italiano e l'originale arabo.

Qui tutte le precedenti puntate.

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Oasiscenter
Abbiamo bisogno di te

Dal 2004 lavoriamo per favorire la conoscenza reciproca tra cristiani e musulmani e studiamo il modo in cui essi vivono e interpretano le grandi sfide del mondo contemporaneo.

Chiediamo il contributo di chi, come te, ha a cuore la nostra missione, condivide i nostri valori e cerca approfondimenti seri ma accessibili sul mondo islamico e sui suoi rapporti con l’Occidente.

Il tuo aiuto è prezioso per garantire la continuità, la qualità e l’indipendenza del nostro lavoro. Grazie!

sostienici

 

Ognuno ha i suoi problemi

 

Signori miei, signori miei![1] Ognuno c’ha le sue grane![2]

Signori miei, signori miei! Ognuno c’ha le sue grane!

Signori miei, signori miei! Ognuno c’ha le sue grane!

Signori miei, signori miei! Ognuno c’ha le sue grane!

 

Non sostengo il [partito] Mustaqbal

Non sostengo Hizbollah

Non sostengo il Movimento Amal

Né Joumblatt, Aoun o Geagea,[3]

[Tutti voi] M’avete fatto venire un gran mal di testa

Stanno divorando il Paese con la loro fame insaziabile

Ci stanno facendo vivere nell’Età della Pietra

No no no

No no no

 

Signori miei, signori miei! Ognuno c’ha le sue grane!

Signori miei, signori miei! Ognuno c’ha le sue grane!

Signori miei, signori miei! Ognuno c’ha le sue grane!

Signori miei, signori miei! Ognuno c’ha le sue grane!

 

Vorrei credere nel futuro[4]

Vorrei credere in un qualsivoglia Dio[5]

Che la mia religione mi riempia il cuore di speranza[6]

mi faccia sopravvivere in questo caos

Ma non c’ho manco una lira in tasca

Non riesco a prendermi cura della mia famiglia

Qualcuno mi tiri fuori da ’sta fossa!

No no no

No no no

 

Signori miei, signori miei! Ognuno c’ha le sue grane!

Signori miei, signori miei! Ognuno c’ha le sue grane!

Signori miei, signori miei! Ognuno c’ha le sue grane!

Signori miei, signori miei! Ognuno c’ha le sue grane!

 

Portare a casa uno stipendio

È un problema

Pagare le bollette

È un problema

Saldare l’affitto

È un problema

Andare dal dottore

È un problema

Ammobiliare la casa

È un problema

Crescere dei figli

È un problema

Il fanatismo religioso

È un problema

Il prezzo della benzina

È un problema

Le interruzioni della corrente elettrica

Sono un problema

I partiti armati

Sono un problema

Uno Stato senza potere[7]

È un problema

Un’autobomba

È un problema

Il settarismo

È un problema

La politica

È un problema

Non ce la faccio più!

Non ho altro che problemi!

È un problema! È un problema! È un problema!

 

Chacun il a ses problèmes

 

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

 

منّي تابع للمستقبل

منّي تابع لحزب الله

منّي تابع لحركة أمل

لجنبلاط، عون، ولجعجع

سببتوا عراسي وجع

عم ياكلوا البلد بفجع

معيشينّا ع عصر الحجر

No no no

No no no

 

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

 

عبالي آمن بالمستقبل

عبالي آمن بحيالله

ديني يعبّيلي قلبي بأمل

يحمّلني العيشة بالفوضى

بجيبتي مافي ولا ليرة

عيلتي ما عم بعرف ديرها

حدا يشيلني من الجورة

No no no

No no no

 

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

إستاذ إستاذ Chacun il a ses problèmes

 

طلّع معاش

c'est un problème

تسددّ فواتير

c'est un problème

تدفع اجار

c'est un problème

تراجع حكيم

c'est un problème

تفرش البيت

c'est un problème

تربّي ولاد

c'est un problème

تعصّب الدين

c'est un problème

سعر البنزين

c'est un problème

قطع الكهربا

c'est un problème

أحزاب مسلّحة

c'est un problème

الدولة مشلّحة

c'est un problème

سيارة مفخّخة

c'est un problème

طائفية

c'est un problème

سياسية

c'est un problème

ما بقى فيّ

c'est un problème

que des problèmes

c'est un problème

c'est un problème

c'est un problème

 


[1] Ustādh (qui pronunciato alla libanese: estez) significa letteralmente “professore”, “maestro”. Nel parlato comune è utilizzato come appellativo che presenta una vaga sfumatura di rispetto.

[2] La frase è posta in corsivo poiché pronunciata in francese, come nel discorso politico registrato che si sente all’inizio della canzone. In questo ritornello si è preferito tradurre “problemi” con un più informale “grane”.

[3] Si tratta dei principali attori politici libanesi.

[4] ‘a-bālī, può essere tradotto con “vorrei”, “mi andrebbe di”, “ho in mente di”. Si noti il gioco di parole con la strofa precedente: mustaqbal, che significa “futuro” in arabo, è il nome del partito politico facente capo a Saad Hariri.

[5] Come nel verso precedente, torna il gioco di parole tra “qualsivoglia Dio” (bi-hay-Allāh) e “partito di Dio” (Hizb-Allāh).

[6] Amal, “speranza” in arabo, è anche l’acronimo (Afwāj al-muqāwama al-lubnāniyya – “Truppe della Resistenza libanese”) del movimento sopramenzionato, che fa capo al Presidente del parlamento libanese Nabih Berri.

[7] Lett. uno Stato “spogliato” (dei suoi poteri).