Una speciale guida realizzata da Oasis per comprendere la dimensione ecclesiale, interreligiosa e socio-politica della visita di Papa Francesco in Iraq

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 10:03:37

Era stato il desiderio di Giovanni Paolo II per il Giubileo, era stato l’auspicio di Benedetto XVI, ora diventa realtà con Francesco. Il viaggio in Iraq dal 5 all’8 marzo, il primo nel mondo trasformato dalla pandemia, mette nuovamente al centro una periferia.

 

Certo non è privo di rischi, come sono venuti a ricordare i recentissimi attacchi ad Erbil, anche se Francesco ha già chiarito la sua opinione in merito nel 2015, quando scelse di inaugurare il giubileo della misericordia da Bangui, capitale di una Repubblica Centrafricana dilaniata dalla guerra civile, specificando che ci sarebbe andato «pure col paracadute». E s’inserisce senza dubbio in una realtà molto complessa, sia dal punto di vista religioso, che etnico, linguistico e politico. Del resto ci sarà una ragione se la Genesi situa proprio in Mesopotamia, a Babele, la fine dell’unità indifferenziata del genere umano, nella mitica era anteriore al Diluvio, con la suddivisione in popoli e lingue e quindi con l’inizio della politica.

 

Tre sembrano essere gli assi portanti di questo viaggio: l’incontro con la comunità cristiana, il dialogo con l’Islam, soprattutto sciita, e la riflessione sulla crisi politica in cui l’Iraq si dibatte da decenni. Per aiutare a comprendere queste tre dimensioni, Oasis ha pensato a questo speciale, attingendo all’ampio materiale pubblicato negli ultimi anni e arricchendolo ulteriormente con un’intervista a Jawad al-Khoei, segretario generale dell’Istituto al-Khoei di Najaf.

 

Cristiani d’Oriente e convivenza interreligiosa

 

Prima di tutto, chi sono i cristiani che il Papa incontrerà? Come nel resto del Medio Oriente, la Chiesa cattolica in Iraq si articola in diversi riti, una singolarità che è frutto di un passato complesso e che ricapitoliamo in una breve bussola. La maggior parte dei fedeli appartengono oggi alle comunità caldea (di tradizione siro-orientale), siro-cattolica (di tradizione siro-occidentale) e latina. L’articolo di S.Em. il Cardinal Sako dettaglia nello specifico le tormentate vicende della Chiesa caldea, di cui è Patriarca dal 2013. Parte di quella Chiesa d’Oriente le cui radici affondano al primo secolo dell’era cristiana e protagonista nel Medio Evo di una straordinaria fioritura missionaria, che arrivò a toccare la Cina, dopo la conquista mongola questa Chiesa fu costretta a ripiegare nella regione dell’Alta Mesopotamia, in particolare nella Piana di Ninive, che il Papa visiterà il 7 marzo. Vittime del primo genocidio del XX secolo, il dimenticato Sayfo, le chiese siriache e caldee sono state di nuovo aggredite da ISIS durante gli anni terribili del “califfato”, come racconta Maria Laura Conte in un reportage realizzato nel vivo della tragedia. Si sa che la furia di ISIS, dopo aver compiuto una pulizia religiosa, si era accanita anche contro i segni che a Mosul testimoniavano di un’autentica “simbiosi cristiano-musulmana”: proprio per questo sono particolarmente preziose le immagini di un patrimonio in gran parte perduto raccolte da Amir Harrak. Se il processo di ricostruzione degli edifici è in corso, molto più faticoso è riedificare l’umano e sanare le ferite inferte dal nuovo genocidio.

 

Ne parla l’Arcivescovo caldeo di Mosul, per cui la priorità è insieme salvare gli esseri umani e la loro cultura. Ma questo non potrà avvenire, ricorda la studiosa irachena Amal Marogy attingendo alla sua memoria familiare, senza perdono, perché «la via della giustizia riparativa è la via biblica per eccellenza» e coinvolge tutti i cristiani senza distinzioni. Anzi, questo “ecumenismo del sangue”, secondo l’espressione cara a Papa Francesco, è fondamentale per il cammino ecumenico con le chiese ortodosse orientali e le comunità evangeliche. La dimensione del martirio, peraltro, sarà presente fin da subito nel viaggio papale: il primo giorno infatti si concluderà con un momento di preghiera presso la cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad, teatro nel 2010 di un feroce massacro di al-Qaeda, a ricordare che le piaghe del jihadismo e del fanatismo religioso precedono l’avvento di ISIS. I 48 cristiani morti durante l’attacco, tra cui un bambino ancora non nato e uno di tre mesi, sono stati proclamati servi di Dio nell’ottobre 2020 dopo la conclusione della fase diocesana del processo di canonizzazione.

 

Conoscere l’Islam sciita

 

Tappa importante del viaggio sarà anche l’incontro con l’Ayatollah al-Sistani, il 6 marzo, nella città santa di Najaf, dove sono conservate le spoglie di ‘Ali, il cugino e genero di Muhammad che gli sciiti riconoscono come primo imam. Una breve guida risponde alla domanda, sempre attuale, sulle principali differenze tra sunniti e sciiti, le due grande confessioni in cui si riconoscono la stragrande maggioranza dei musulmani e che in sostanza vertono sulla questione dell’autorità: non solo nel senso di un dissenso intorno a chi deve essere autorità (‘Ali e la sua famiglia o un califfo scelto dalla comunità?), ma anche e più profondamente intorno a che cosa significa essere autorità. A questo proposito un’antologia di testi tratti dalla più antica raccolta di hadīth sciiti, al-Kāfī di al-Kulaynī (864-941), permetterà di conoscere più da vicino la figura dell’Imam, centrale nel pensiero e nella spiritualità di questa tradizione religiosa. E tuttavia per gli sciiti iracheni, come per quelli iraniani e libanesi, la catena degli imam si è interrotta nell’874, quando il dodicesimo di essi è entrato in occultamento. Il suo ruolo è stato quindi assunto progressivamente dagli esperti di religione (“il clero”), come illustra magistralmente Rainer Brunner. A differenza dell’Iran, l’Ayatollah al-Sistani, a capo dell’istituzione largamente informale dalla marja‘iyya, si oppone tuttavia a un diretto coinvolgimento degli uomini di religione in politica, preferendo mantenere un profilo super partes.

 

In questo modo la scuola di Najaf, uno dei principali centri teologici sciiti, di cui Alessandro Cancian ricostruisce la storia, si è mantenuta estranea all’opzione rivoluzionaria abbracciata da Khomeini in Iran. Se l’ideologia khomeinista può essere letta come una riattivazione dell’antica nozione di jihad, ottenuta però sacrificando lo “iato escatologico” imposto dalla scomparsa dell’Imam, proprio questo “iato escatologico” è invece ciò che, a nostro avviso, può salvaguardare un’autentica esperienza religiosa, preservandola da una completa politicizzazione. Pur senza dimenticare l’importante presenza sunnita (40% della popolazione), è evidente che l’aspetto più rilevante in chiave islamo-cristiana sarà quindi l’incontro con Sistani, anche per l’assenza di una personalità sunnita di analogo peso.


La crisi infinita

 

Tanto l’incontro con la chiesa locale quanto il dialogo con il mondo islamico si svolgerà in un contesto drammatico. Dopo i decenni sanguinosi di Saddam Hussein, trascorsi in uno stato quasi ininterrotto di guerra, e dopo l’invasione americana del 2003, l’Iraq non è mai veramente riuscito a trovare un proprio assetto, diviso sia sul piano religioso (sunniti vs. sciiti) che etnico (arabi vs. curdi) e ridotto a scomodo condominio tra i due più improbabili partner, Stati Uniti e Iran. Lo storico Pierre-Jean Luizard racconta come l’Iraq moderno si sia in effetti costituito come uno “Stato contro la società”.

 

In realtà non esiste davvero un motivo per cui questo Paese, tra i più ricchi al mondo di petrolio, non possa rialzarsi da un degrado apparentemente inarrestabile, sul piano umano e ambientale, che da ultimo ha condotto a nuove proteste rivoluzionarie, radunatisi ancora una volta in una Piazza Tahrir del mondo arabo. Se il Covid ha messo per ora il silenziatore ai dimostranti di Baghdad, si può scommettere che il malcontento contro la corruzione e l’assenza di prospettive ricomincerà a manifestarsi appena possibile, anche se rimane difficile articolare un progetto politico alternativo. Il contributo di Riccardo Redaelli, da anni impegnato in Iraq, denuncia la hybris imperiale che spinse George Bush a una guerra in cui «tutto quello che poteva andar male è andato male», mentre Ibrahim al-Marashi problematizza la nozione di “Sunnistan iracheno” fondata sul presupposto erroneo che le linee di faglia religiose siano l’elemento primordiale e costante della storia irachena. Andrea Plebani torna invece sulla centralità di al-Sistani da un punto di vista politico, esponendo anche le incognite che accompagnano il tema della successione che inevitabilmente si porrà negli anni a venire.

 

L’amico di Dio

 

I problemi che attendono Papa Francesco sono dunque semplicemente enormi e alcuni di essi, soprattutto quelli di ordine politico, non sono neppure di diretta competenza ecclesiale. Più li si guarda da vicino, più appaiono insormontabili. È utile allora riandare a come è cominciata quella storia che, millennio dopo millennio, è arrivata fino al 266esimo successore di Pietro.

 

Proprio in Iraq, a Ur dei Caldei, Dio scelse un «arameo errante» (Deuteronomio 26,5), Abramo, per un progetto apparentemente incomprensibile. Sulle orme del padre Terah lo fece uscire verso Harran, nel Nord della Mesopotamia, e lì, dopo molti anni, gli si rivelò, chiedendogli di abbandonare una seconda volta la propria terra. È l’inizio della storia della salvezza. Chi, umanamente parlando, avrebbe scommesso su quell’anziano capo beduino, ormai vecchio e senza figli? Eppure oggi cristiani, ebrei e musulmani lo onorano tutti con il titolo di “amico di Dio”, un appellativo che si ritrova – caso unico – nell’Antico Testamento (2 Cronache 20,7), nel Nuovo (Giacomo 2,23) e nel Corano (4,125). È a lui, che seppe «sperare contro ogni speranza» (Romani 4,18), che bisogna guardare per capire le ragioni profonde di questo viaggio.

 

L’INDICE DEL NOSTRO SPECIALE SULLA VISITA DEL PAPA IN IRAQ

 

1. Verso la visita

«Siete tutti fratelli». Il Papa in viaggio verso l’Iraq, Martino Diez

«Il Papa non è soltanto la guida dei cattolici, è un’icona di pace», intervista a Jawad al-Khoei

 

2. Cristiani d’Oriente e convivenza interreligiosa

Chiesa d’Oriente: due millenni di martirio e missione, S.Em. Card. Louis Raphaël Sako

Chi sono i cristiani in Medio Oriente: una guida, Martino Diez

Mossul: il tramonto della simbiosi cristiano-musulmana, Amir Harrak

Liberi, insopportabili. Via i cristiani dallIraq, Maria Laura Conte

«Abbiamo salvato gli esseri umani e la loro cultura», S.E. Mons. Najib Mikhail Moussa

Memoria, speranza, perdono: la risposta dei cristiani mediorientali alla persecuzione, Amal E. Marogy

 

3. Conoscere l’Islam sciita

Sunniti e sciiti: le differenze e l’origine dell’antica frattura, Martino Diez

L’imam come prova divina, testi di al-Kulaynī 

Come il clero sciita è entrato in politicaRainer Brunner

Passato e presente delle scuole religiose sciite, Alessandro Cancian

Jihad sciita: sospeso fino al ritorno dell’Imam, Mathieu Terrier

 

4. La crisi politica

Iraq: lo Stato contro la società, Pierre-Jean Luizard

Il prezzo della hybris imperiale, Riccardo Redaelli

Ma esiste davvero un “Sunnistan” iracheno?, Ibrahim al-Marashi

La centralità del Grande Ayatollah ‘Ali al-Sistani nel sistema iracheno, Andrea Plebani

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
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